Arrivederci don Carlo

PROVINCIA DI CASERTA
II Presidente

Solo colui che ha, pu? dare. E tra coloro che restano nella nostra memoria come una preziosa fonte d’amore e di conforto che rende meno aspro il nostro cammino, Don Carlo Iadicicco il fulgido esempio. Missionario nella lontana terra del Per?, egli ha reso luminoso il dono della fede, levigando con la preghiera costante la durezza delle prove, traducendo l’amore verso Dio nella messe dorata del sollievo che egli ha profuso tra la gente. Ma l’uomo giusto ? scelto da Dio, ha lasciato in questa terra che gli ha dato i natali il germe prezioso del suo passaggio, della sua parola ed a nel ricordo quotidiano di uomini come Lui che questa terra si affranca dal marchio oltraggiante di terra di camorra: egli, impegnato anche sul problema della interculturalit? ha reso possibile l’esportazione della cultura autentica della nostra gente, di quel messaggio indelebile che, nella visione esterna, restituisce a questa terra, offesa e mutilata, l’unica definizione che le spetta di diritto: terra di solidariet?.
II Presidente
Riccardo Ventre

PROVINCIA DI CASERTA
Assessorato ai Rapporti con il Consiglio Provinciale,
con gli Enti Locali e con gli Altri Enti
Vitulazio, 19 Gennaio 1999

?Inviare donazioni ? facile e tranquillizza la coscienza di chi dona, qualcuno per? deve pure portarle e dire con semplicit? che ci dispiace tanta emarginazione, tanta ingiustizia?. Queste parole scrive Don Carlo Iadicicco dalla Foresta Amazzonica Peruviana. La Carit? Vera, infatti, presuppone l’esistenza della Relazione e questa, a sua volta, necessita della Comunicazione. Il latte e le medicine sono certamente indispensabili: possono salvare o almeno allungare la vita di un bambino, ma non valgono a scontare il peccato della dimenticanza e dell’abbandono, non bastano a sradicare l’ingiustizia della diseguaglianza e dell ‘emarginazione. ?L’idea di fondo non ? inviare donazioni, – scrive ancora Don Carlo – ma incontrare la gente, stringere mani, incoraggiare i capivillaggio e i maestri, bere insieme una ciotola di masato??. E Don Carlo si ? spinto lontano nella terra di nessuno, senza indugi n? riserve, con coraggio e disponibilit?, tra gli Ash?ninka e gli Amahuaca, alla ricerca di quella Forma di Amore che, superati i confini della Ragione e del Cuore, arrivi al Sacrificio Estremo – Assurdo ed incomprensibile per la maggior parte di noi – di assumersi addosso il Destino degli Altri. ?Allora ho smesso di predicare l’amore, – spiega Don Carlo – il bene, la speranza, la bellezza, ed ho cominciato pazientemente ad amare?. ?Non uscire da te, ritorna a te stesso. Nell’intimo dell’uomo alberga la verit?? dice Sant’Agostino. Cosi Padre Carlo ha cercato dentro di s?, nel suo cuore di Ash?ninka, nel suo spirito di Amahuaca, e portando ai nativi il dono della sua presenza piena e continua ha trovato tra di loro la Verit?, ? … cercando – come Egli stesso racconta – in primo luogo di non fare danni e poi di navigare lentamente accettando che siano loro al timone e alla prua, indicando la rotta da seguire?. Oggi ho incontrato Don Carlo, non me l?aspettavo, non ero preparato. Pochi minuti della sua Presenza sono bastati a creare in me uno strano e profondo imbarazzo, quello della sua Grande Diversit?, del suo Fare Speciale, del suo Essere Migliore. Si ? fatto largo nel mio animo quasi il desiderio di fuggire lontano da Lui: con i suoi Ricchi Silenzi e la sua Dura Essenzialit?, Egli, infatti, sembra quasi – come direbbe Paul Celan – ?parlare per conto di un Altro, chiss?, magari di tutt’Altro?. Appare chiaro, dunque, che Don Carlo Iadicicco ? “Un Altro Uomo”. Gi?, gli Altri, questi “altri”… ?E? costante il rischio che questi “altri” cos? lontani da noi – commenta Padre Carlo – diventino semplicemente un pretesto per parlare solo di noi. Cosicch? se gli Indios non esistessero, come non esistono per la storia contemporanea, bisognerebbe inventarli per dare ragione alla propria voglia di vivere degnamente ed in molti casi per mantenere la burocrazia della solidariet??. ?… ? un’ipocrisia – riflette Don Carlo – scrivere sugli indigeni e sulle minoranze etniche come se fossero importanti per la storia del mondo. Lo sono, lo sono, ma per la storia di un “Altro” mondo?. Ed a con “Altro” modo e con “Diversa” forza, allora, che Don Carlo realizza il percorso dell’evangelizzazione: da nativo a nativo, di villaggio in villaggio, giorno dopo giorno, fatica su fatica, risultato per risultato… con l? ?effetto farfalla?; cosicch? con piccole azioni iniziali si producono grandi effetti finali. E le “Ali di Speranza” dell’opera missionaria di Padre Carlo Iadicicco – leggendo i versi di Giuseppe Centore – ora che hanno preso il volo.
?…Battono senza sosta, ora pi? lente
Ed ora a perdifiato o anche silenti
Senza che s?oda lungo il loro andare
Il sospiro morente d’un commiato,
Forse il palpito anelo d’un altrove
Che il vento poi ingrandisce e porta in cielo?.
Grazie Don Carlo, grazie a te che sei riuscito a diventare Ash?dninka, grazie da parte di tutti noi, perch? con la tua Opera poni un Rimedio al nostro Egoismo e con la tua Presenza aggiungi una Dolcezza alla nostra Solitudine.
L’Assessore Vincenzo Parillo

PROVINCIA DI CASERTA
Agenzia Giovani Provinciale
Vitulazio, 21 Gennaio 1999

Saluto con grande calore l’amico Padre Carlo Iadicicco che porta onore alla terra che lo ha visto Parroco. Con la sua passione e la sua carica vitale, coadiuvato dall’inseparabile sorella Geremia, egli ha portato sollievo a popolazioni bisognose di certezze e di valori, che hanno vissuto per secoli nella mancanza di una propria coscienza socio-culturale. Il progetto di alfabetizzazione da egli promosso tra le comunit? dove vive ed opera, contribuir? a realizzare l’accrescimento culturale di quei popoli e costituire lo stimolo primario per lo sviluppo economico di quelle terre lontane. L’aiuto del caro Don Carlo condurr? alla formazione di uomini nuovi in grado di elevare le capacit? di progresso e le potenzialit? di benessere di quelle genti. Le opere che egli ha realizzato negli anni trascorsi sulle Ande hanno lasciato grandi testimonianze di umanit? e rappresentano i segni che lo renderanno indimenticabile. E indimenticabile per noi tutti, vitulatini e bellonesi in modo particolare, ? l’esempio di Don Carlo. Con le sue azioni, la sua presenza, le sue rinunce, i suoi quotidiani sacrifici, egli ha saputo trasportare una parte dei nostri paesi, delle nostre comunit? e di noi stessi nel “suo” Per?. Un grazie, dunque, a questo Sacerdote speciale che non ha esitato a dedicare la propria esistenza all’amore per gli altri. Lo saluto con l’affetto di chi lo ha conosciuto da sempre, e con la gioia di chi, ? stato coinvolto e travolto da questa sua vigorosa azione missionaria.
Grazie Don Carlo e arrivederci a presto tra noi.
Il Presidente
Antimo Di Resta

Presidenza del Consiglio dei Ministri
Scuola Superiore Della Pubblica Amministrazione di Caserta

Alcuni mesi prima che partisse per la sua Missione Peruviana, lo incontrai dalle Suore a Bellona. Era la fine di Settembre del 1979 e Don Carlo lavorava in una squadra di muratori, come uomo di fatica. Portava la carriola e la ?cardarella? con la stessa seriet? del garzone al primo giorno di lavoro. E? pur vero che anche noi avevamo importato, da qualche anno, dalla vicina Francia, la figura del prete operaio. Ci? nondimeno la scena mi colp? profondamente. Nella stratificazione sociale della nostra cultura, la figura del prete si collocava nella plancia di comando, in una posizione di guida e di supremazia. Don Carlo percep? subito il mio sbigottimento e, per alcuni secondi, che sembravano non finire mai, stette a guardarmi con aria severa, senza parole, come solo lui sapeva fare, quasi a rimproverarmi di non aver capito. Ripensai pi? volte, dopo la sua partenza, a quell’episodio. Scartai subito l’ipotesi della moda. Don Carlo era e rimane un anticonformista non di maniera, perch?, come ha scritto un anno fa dalla sua missione, ritiene che la non conformit? l’unico atteggiamento compatibile con una coscienza cristiana. Mi convinsi, successivamente, che Don Carlo si stava “allenando” all’idea di essere come quelli che avrebbe incontrato nella sua Missione Peruviana, lontano da ogni propensione a far valere e ad imporre il suo ruolo di guida di anime, come la dottrina tradizionale ci aveva insegnato; insomma di essere povero tra i poveri. Mi affascini l’idea che lui, pur dotato di una finissima cultura umanistica, rifuggiva da ogni supremazia culturale, predisponendosi, gi? prima di porre piede in Per?, ad accettare l’indigeno dell’Amazzonia , il “selvaggio” che avevamo visto nei tanti film come un amico e come un fratello. E? stata una lezione che non dimenticher? mai!
Il Direttore
Giovanni Giudicianni

Pro Loco “Vitulatina”
Vitulazio, 18 Gennaio 1999
Parlare di Don Carlo Iadicicco, gi? parroco di Vitulazio negli anni `70, ? un impegno alto ed interessante per chi, come me, ha vissuto e vive in questo paese e, del missionario, conosce le grandi doti umane. Durante il sacerdozio di Don Carlo a Vitulazio, non si pu? dimenticare la sua continua opera sociale all’ interno della cittadina, tesa soprattutto alla salvaguardia dei valori di amicizia e di solidariet? tra i giovani e i meno giovani. Ma ? la scelta di missione, volontaria, coraggiosa e avventurosa, in quelle lontane terre dell’America Latina, che fa di Don Carlo un genuino testimone della verit? cristiana. Ognuno di noi cerca costantemente, nell’arco della propria esistenza, di dare delle risposte alle domande che sorgono nel proprio cuore, relative alla comprensione del bene e del male e del senso e del fine della propria vita. Don Carlo certamente risponde a queste domande con la profondit? del suo impegno e con la propria esistenza. Un saluto affettuoso dalla Pro Loco “Vitulatina”.
Il Presidente
Franco Del Monte

SCUOLA MEDIA STATALE
“Benedetto Croce” – Vitulazio
Vitulazio, 19 Gennaio 1999 Benvenuto tra noi.

La Scuola Media Statale “Benedetto Croce” di Vitulazio ? orgogliosa di ospitare e salutare Padre Carlo Iadicicco per testimoniargli il vivo apprezzamento di tutte le componenti scolastiche per la sua azione coraggiosa in difesa dell’identit? e della dignit? culturale dei Popoli Andini prima e delle Trib? della Foresta Amazzonica Peruviana poi, nella zona di Capirona, lungo il fiume Alto Mapuya. La sua testimonianza per noi sar? preziosa per rinvigorire e sostanziare il concetto di diversit? come valore forte che apre le vie alla tolleranza, al rispetto, all’accettazione, al confronto e all’aiuto reciproco.
Egli costituisce, quale testimone privilegiato, il ponte ideale con una realt? unica e irripetibile. II suo contributo, potr? aiutarci ad integrare e caratterizzare le attivit? gi? in atto nella scuola, costituendo il tramite ideale tra la nostra realt? locale e quella di un paese tanto lontano e diverso come il Per? e in particolare la Regione in questione. Auguriamo a Padre Iadicicco di continuare nella sua opera; noi vorremmo giocare i1 nostro piccolo ruolo in tutto questo:
chiss? che le Nuove Tecnologie non ci consentano di realizzare un progetto comune di reciproca conoscenza che potremo chiamare “Adottiamo Shara Capirona”; chiss? che insieme non si possa scrivere una pagina nuova nel grande libro dell’antropologia e della storia dei popoli sulla terra.
Dirigente Scolastico Prof.ssa Itala Sterpetti

Scuola Elementare Statale
Circolo Didattico di Vitulazio
Vitulazio, 19 Gennaio 1999

?Don Carlo Iadicicco e il suo cuore?
Entriamo in “Shara Capirona” con Don Carlo Iadicicco; entriamo nel profondo mondo della solidariet? portata con il cuore in mano da chi sente la presenza dell’altro. Il cuore di Don Carlo vaga ancora adesso per lande irreali nell’ insondabile e indirizza i suoi in quel miracoloso tentativo di fare simile anche il nostro oscuro compagno di viaggio… Il compagno, il fratello di “Shara Capirona”, abbandonato nei meandri dei primordi anche dal nostro sentire moderno e al quale bisogna tendere il cuore e la mano per una sua resurrezione.
Questa comunicazione – che si concretizza dalla nostra comunit?, per questo suo figlio cos? ardente, a terre cos? lontane e a un mondo cosi misterioso, che ? gi? tanto nell’espressione “Shara Capirona” – segue la tensione di un sentimento, come quella di Don Carlo Iadicicco, canto sublime da porgere la tavola della salvezza fino a mettere il naufrago, battuto dai flutti tempestosi dell’essere, sulla prua sicura di un solido battello in navigazione verso l?eternit?, alla conquista di un premio offerto dalla perfetta giustizia del Padre di tutti gli uomini.
Il Dirigente del Circolo Didattico di Vitulazio,
Prof. Lorenzo De Michele

ALAS DE ESPERANZA
Vitulazio, 18 Gennaio 1999

L’Associazione Socio-Culturale “Alas de Esperanza” accoglie con viva soddisfazione l’iniziativa intrapresa dall’Amministrazione Provinciale di Caserta di promuovere una pubblica manifestazione tesa a significare e sottolineare l’affetto the la popolazione di Vitulazio nutre nei confronti del fondatore dell’Associazione.
L’evento acquista maggiore significato in considerazione della sede prescelta. Le Scuole Medie, dove avverr? il saluto, rappresentano, infatti, il posto ideale per accogliere chi opera nel sociale. In questi luoghi sentiamo pi? forte it messaggio the Padre Carlo Iadicicco, insieme alla sorella Geremia, ha reso duraturo e saldo attraverso lo scambio culturale che la nostra associazione esprime.
Padre Carlo alimenta giorno dopo giorno la nostra volont? di arricchire le conoscenze di questo mondo a noi tanto lontano e che intravediamo appena in documenti ufficiali. Egli ci parla di etnie, di trib?, di primitivi a noi contemporanei e, attraverso la sua idealit?, unita ad una conoscenza profonda di quella realt?, riesce a trasmettere anche noi la capacit? di intraprendere un percorso che ci accomuni a lui ed alla sorella. Nei tanti concerti che il gruppo musicale, espressione di “Ali di Speranza”, ha tenuto in questi primi due anni dalla sua fondazione, si riconosce un profondo senso di comunanza ed una decisa impronta, a volte anche gestuale, di Padre Carlo Iadicicco. La scelta del percorso, il modo di interpretare i testi, le impressioni, i gesti ed i suoni, tutto ci? ripercorre esperienze the Don Carlo ha vissuto nel suo Per?, data Costa turbolenta, attraverso le Ande, fino alla profondit? della Selva Amazzonica.
Quasi una via ideale che lo ha impegnato a porgere ai pi? sfortunati e deboli quella solidariet? che a volte sembra tanto difficile per noi che viviamo nel benessere. Noi che percorriamo attraverso di lui questa grande esperienza, ci pregiamo di offrirgli, come in tutte le altre occasioni, questo piccolo contributo, cercando di aprire uno spiraglio nelle coscienze di quanti hanno visto affievolirsi o estinguersi quel senso di comunanza che dovrebbe costituire il motore di ogni societ? che si definisce “civile”. Abbiamo tenuto recital e concerti nelle scuole di vario ordine e, grado ed in ogni occasione, abbiamo riscontrato un grande interesse verso i temi the promuoviamo. Il nostro ringraziamento ? rivolto a quanti sembrano riconoscere, nell’impegno sociale da noi veicolato una valenza degna di attenzione. Ci stringiamo, in un abbraccio al nostro Don Carlo e alla sorella Geremia ed insieme a loro ci proponiamo per tenere vivo il pensiero che muove il loro operato.
“Alas de Esperanza”

A Don Carlo
Con cuore grato e ammirato perch? testimonia
con il suo sacerdozio e la sua vita che l’amore di Cristo non conosce barriere e colma ogni distanza.
Capua, 15 Gennaio 1999

Dilatato hai il tuo cuore oltre i confini
Della tua patria, interponendo spazi
Di oceani e continenti fra la terra
Che prima vide il tuo aprirti alla vita
E poi, intriso del crisma celestiale
Che t’assimila a Cristo, t’ha veduto
Portare il Suo messaggio di salvezza
Ed attestarlo a prezzo dei tuoi giorni
Spesi con gratuit? caritativa
A favore di quanti, con paziente
0 spasimata lotta, ripiegati
Su dure zolle, attingono ristoro
Fiducia e forza dalla tua presenza
Da cui viva traspare, anche tacendo,
Provvida e arnica quella del Signore.
Giuseppe Centore

PARROCCHIA
“Maria SS. dell’Agnena” di Vitulazio
Vitulazio, 21 Gennaio 1999

Carissimo don Carlo,
mi hanno chiesto di scrivere qualcosa su di te che stai per ritornare tra la gente della Foresta Amazzonica Peruviana e non so davvero cosa dire. Certo, di te potrei dire tante cose belle. Ma a te non piacciono le mitizzazioni e la retorica ti da fastidio. Figuriamoci poi se queste hanno per oggetto te. Preferisco, perci?, salutarti con un testo tratto da un manoscritto medievale trovato a Salisburgo nel quale si parla del prete.
Un prete deve essere contemporaneamente
piccolo e grande, nobile di spirito
dalle mani largamente aperte,
quasi fosse nato in una reggia,
semplice e naturale, di ceppo contadino.
Un prete deve essere contemporaneamente
un eroe nella conquista soprattutto di se stesso,
un uomo che si batte con il suo Dio,
sorgente della grazia, peccator che Dio perdona.
Un servitore per timidi e deboli
che non si abbassa davanti ai potenti
ma poi si curva davanti a tutti i poveri
discepolo del suo Signore, capo del suo gregge.
Un prete deve essere contemporaneamente
un mendicante dalle mani largamente aperte,
un portator di numerosi doni
un uomo coraggioso sul campo di battaglia.
Un prete deve essere contemporaneamente
una madre per lenire le sofferenze altrui
con la saggezza dell’et? matura
e la semplicit?, la fiducia di un bambino.
E? teso in alto, i piedi sulla terra,
fatto per la gioia, esperto nel soffrire,
lontano dall’invidia, lungimirante sempre,
che parla con franchezza, amico della pace del Regno.
Un prete deve essere contemporaneamente
fedele al suo Signore, fedele ai suoi fratelli.
Un prete deve essere contemporaneamente
fedele all’uno e agli altri…
cos? differente da me…
Quando, per la prima volta, lessi queste parole mi colpirono molto e mi venne di pensare a te, don Carlo, the sei stato mio parroco negli anni della mia adolescenza. Con 1’affetto e la stima di sempre.
Il Parroco don Pietro Lagnese

ARCIDIOCESI DI CAPUA
Capua, 16 Gennaio 1999

Ha sentito vivo nel cuore il comando del Signore: “Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo, ad ogni creatura”.
Ha lasciato la sua terra ed a partito con una profonda nostalgia dei suoi cari, verso nuove mete intraviste nella luce del Disegno di Dio.Ha portato poche cose con se, anzi solo se stesso e il suo cuore ricolmo di fiduciosa attesa.
Ha incontrato altri, mai visti prima, ma gi? amati come fratelli ed amici.Con loro ha condiviso il Pane della Sapienza e il pane della terra.Si ? fatto uno di loro, entrando nel loro cuore, nella loro cultura, vivendo lo stesso destino di salvezza e redenzione.Non ? andato da solo, ma ha portato la storia e la fede della sua Chiesa Capuana, che lo segue con affetto, stima e tanto amore. Nell’incontro in occasione di qualche sua visita in Italia, abbiamo parlato di tante cose, con naturalezza e spontaneit?, come tra vecchi amici.Ed ? stato bello, perch? ci si ritrova a condividere la stessa speranza che nutre la nostra vita di consacrati a Cristo Signore nella Chiesa.
Desidero perci? ringraziare vivamente a nome mio personale e della Chiesa che ? in Capua con i presbiteri e laici cristiani, don Carlo Iadicicco.Egli continua la sua missione, ad incontrare popoli diversi. E la Chiesa che cammina net tempo ed annuncia che il Signore ? il Salvatore.
I popoli tutti sono chiamati a sedersi alla mensa del Signore per ricevere il dono della Parola dell’Eucaristia e delta Carit?. Il Regno del Signore a aperto per la salvezza delle genti, a farsi avvenimento e significato per i redenti nel Sangue del suo Figlio Ges?.Il primo annuncio delta fede, l’evangelizzazione dei poveri d’Israele, l’inculturazione della fede vissuta continua ancora come mandato affidato ai suoi. I poveri sono evangelizzati e sostenuti in quella che a l’esperienza di carit? e di giustizia, in quello che e il processo di liberazione dell’uomo, in quella che e la risposta ai bisogni sociali, economici, culturali e religiosi.Grazie, don Carlo, per tutto il bene che fai insieme conla tua cara sorella Geremia e le altre persone che hai coinvolto in questa grande avventura della Fede, che continua ad essere segno di grazia e di salvezza del popolo a te affidato, che guiderai verso la nuova Patria.
+Bruno Schettino arcivescovo

DON CARLO IADICICCO

Padre Carlo Iadicicco, nato a Bellona (Caserta) nel 1947, fu ordinato sacerdote nell’Aprile del 1971 nella Diocesi di Capua. Il padre Ciro e la madre Anna De Crescenzo lo accolsero nell’alveo della gi? numerosa famiglia, con la gioia e la speranza che nel periodo ante e post-bellico animavano le popolazioni meridionali alla ricerca di quella evoluzione socio-economica che, in ogni caso si riteneva legata alla cultura patriarcale. L’amore che i suoi genitori nutrivano vicendevolmente, si profondeva nella numerosa prole trasmettendolo in modo indelebile in tutti i componenti della famiglia e mai, nella storia passata e recente del nucleo, si sono mostrate crepe o devianze dall’insegnamento primordiale.Questo ? stato il crogiuolo net quale maturi la decisione del giovane Carlo di prendere l’abito talare ed incamminarsi verso la spiritualit? completa.Gli studi prima al seminario diocesano di Capua, poi il completamento in quello di Benevento, ne portarono a compimento il sogno che fu il sogno di tutta la sua famiglia. Dopo dieci anni di impegno pastorale e sociale nella diocesi di Capua, nonch? nelle Parrocchie di Vitulazio (Caserta) e Mater Dei (Napoli), impresse una forte accelerazione alla sua grande aspirazione tenuta in serbo negli anni, quella di poter vivere ancora pi? da vicino l’esperienza delta vita di Cristo ponendosi al servizio di chi, net mondo, rappresenta niente altro che numeri statistici ed ? tenuto fuori dalla spartizione delle ricchezze che la Terra mette a disposizione dei suoi figli. Chiese di essere inviato in Missione in Per? dove fu accolto con grande speranza nella Diocesi di Chimbote come sacerdote “Fidei Donum”. Gli fu assegnata la Valle di Macate, territorio delta Sierra Andina nella Cordigliera delle Ande, dove da oltre trent’anni non avevano il conforto di un prete.Tra i Campesinos delle Ande Peruviane, propose un modello di sacerdote che, con il suo stesso spirito e la sua indole eclettica, fece subito breccia nei cuori delta sua nuova gente. Convinto che la parola di Dio vada riscontrata nei fatti, ha accompagnato la sua missione in quelle terre con opere concrete e durature, che oltre ad elevare in modo significativo la qualit? delta vita, hanno innescato un processo di crescita spirituale che appoggia le radici in profondit?. L’incontro con Cristo Povero ? stato fortemente significativo per Padre Carlo tanto da creare in lui un senso molto elevato della giustizia sociale ed ? stato questo il motivo per cui decise, net giugno del `95, di spostarsi in terre ancora pi? periferiche dove ancora maggiore appariva il bisogno di presenza di gente pronta al sacrificio.Dopo l’ordinazione a sacerdote di un giovane peruviano the la sua opera aveva contribuito a far crescere, decidendo di delegarlo alla guida delle popolazioni da lui stesso tanto amate, prese la strada che porta nel cuore della Terra: la Foresta Amazzonica, confine tra origini primordiali e terra di nessuno, dove si incontrano fame e accaparramento di risorse naturali immense, emarginazione e sete di conquista, spiritualit? e riti aborigeni.Qui, carico di quindici anni di esperienza missionaria, ha inizio questa seconda fase di una vita tutta dedicata agli altri, una fase fatta di studi preliminari, di approcci docili con la nuova realt?. I nuovi idiomi da imparare, Aimara, Ashaninka, Amahuaca, nuovi costumi, clima completamente diverso, alimentazione da accettare come ineluttabile. Tutto nuovo, solo la determinazione ed un amore sconfinato per il prossimo duro a morire. Appoggiato alla Missione di Maldonadillo, inizia ad organizzare in modo razionale come a abituato a fare, una canoa a motore per gli spostamenti nel mitico fiume Urubamba, culla del Rio delle Amazzoni, i primi carichi di beni di scambio, i primi approcci con le popolazioni indigene e la sua forza, il suo carisma, la sua dolcezza, penetrano sempre pi? in profondit? nella selva, dove incontra gruppi di primitivi che lui definisce “contemporanei”. Si dedica alle cure di ferite e di malattie, come la dissenteria che falcidia soprattutto bambini, organizza i primi nuclei di autoprotezione, viaggia in lungo ed in largo e comincia a cogliere i primi frutti del suo impegno. Le comunit? si stabilizzano, gli danno fiducia, ed ? ci? di cui egli ha bisogno.
Anche qui elabora progetti, lancia i suoi messaggi a chi in quest’altro mondo lo segue con amore da oltre vent’anni, riceve ci? che chiede.Parte, ed ? oggetto della sua opera da due anni, il tentativo di portare in quelle terre sperdute un barlume di acculturazione. In questo fa suo il programma governativo di attivare un nucleo di scuola bilingue ed ottiene finanziamenti dalla CEI al fine di portare maestri e strutture in luoghi dove era impensabile arrivare.Oggi Padre Carlo ha fondato otto nuclei scolastici dove spera di vedere germogliare il seme della speranza, di quella speranza che non lo ha mai abbandonato.
Michele Iadicicco

GEREMIA IADICICCO

Geremia Iadicicco nasce a Caserta nel `52 da Anna De Crescenzo e Ciro Iadicicco.Ultima degli undici figli nati dall’unione felice di due onesti lavoratori, vive la sua fanciullezza vezzeggiata e amata da tutta una famiglia che la vedeva come un dono di Dio, vista l’et? gi? matura dei genitori.Viene accudita un po’ da tutti i parenti, essendo l’ultima arrivata.Frequenta le normali classi di istruzione e si diploma Maestra di Scuola Elementare. Segue, subito dopo lt diploma, la sorella maggiore Filomena the presta servizio in Liguria presso un Istituto per bambini.Ed insieme a lei inizia un viatico che la porter? a prestare la
sua opera presso gli Ospedali “Galliera” di Genova, dove diventa caposala e si impegna, con grande coraggio e competenza, nell’assistenza dei tossicodipendenti. Dopo venti anni di attivit? fattiva, sente il richiamo della missione e, come suo fratello Don Carlo, si reca in Per? dove si stabilisce.Inizia ad interessarsi degli emarginati che vivono ammassati nelle periferie di Lima dove, non possedendo neanche una identit? personale, languono senza speranza in attesa di chiss? cosa.Cura malati, effettua vaccinazioni ed offre una mano per andare avanti a quanti pu?, mettendo a disposizione, oltre alla propria opera, anche quanto gli ? disponibile fornendo latte, viveri e generi di prima necessit?. Soffre soprattutto per il destino terribile dei bambini lasciati soli ed abbandonati per l’indigenza delle famiglie. Fonda, insieme ad altre compagne, una Casa di Accoglienza per Bambine Abbandonate e, avvalendosi della generosit? di tanti compaesani vitulatini, bellonesi e di altri paesi, nonch? della rete di solidariet? creata dalla famiglia d’origine, unita all’opera di Don Pietro Lagnese, parroco di Vitulazio, riesce a rendere stabile e sicura la vita della sua creatura. Chiamata da Don Carlo nella sua nuova Missione, delega in mani sicure l’opera intrapresa ed abbraccia, con rinnovato entusiasmo e grande fede, il percorso tracciato dal fratello. La sua capacit? organizzativa, la sua volont? di portare soccorso e la sua competenza ne fanno ben presto un elemento indispensabile per i progetti che Padre Carlo va elaborando.
Michele ladicicco

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