Radio Dea – Concorso di poesia indetto nel 1981

?Vogliamo lavorare per servirVi, faremo tesoro dei Vostri consigli e suggerimenti”…
Questo era il motto di
R a d i o D E A
FM 90.00 MHz– Tel (0823) 96.54.74
Via Regina Elena, 22 – 81041 BELLONA (CE)

La Radio DEA, ha trasmesso da Bellona dal 27 agosto 1977 al 25 agosto 1986. Nell’ambito delle sue attivit? socio-culturale, tra l?altro, indisse un pubblico concorso di poesia aperto a tutti.
I partecipanti, senza limiti d?et?, fecero pervenire presso la sede dell’emittente, poesie unitamente ad una biografia dell’autore. Un’apposita commissione, a suo insindacabile giudizio, esamin? le composizioni presentate, scegliendone una per ciascun autore, da pubblicare in un volume la cui edizione fu curata da Radio DEA.
Un esemplare del volume contenente la selezione di poesie in ordine alfabetico dei rispettivi cognomi, fu donato a tutti gli autori delle composizioni pubblicate.
La Radio IDEA si riserv? di pubblicizzare dai suoi microfoni le composizioni contenute nel volume e tutti i diritti delle stesse.
Bellona, 6 maggio 1981.
Il Direttore Franco FALCO

A Maria di Gerusalemme.

Vergine Madre, cara Maria,
mamma celeste d?ogni creatura,
di chi vive nell?abbondanza,
di chi usa armi e violenza,
di chi soffre nella miseria,
di chi lavora e suda ogni d?,
di chi ti cerca nell?ora estrema,
di chi muore nelle tue grazie,
d?ogni cuore che palpita e batte,
d?ogni cuore che vive e che ama,
stendi il tuo celeste manto
su questo popolo a te devoto
da tante e tante generazioni.
Giannino Carusona

LA LUNA DEL SOLDATO

O luna, che sola fra tante stelle
brilli sovrana in mezzo al firmamento
e coi tuoi rai alle sentinelle
apri il sentier del lor percorrimento,
tu sei guardia nel ciel com’io in caserma.

O tu che volgi a noi i rai del sole,
perch? non ti fai specchio del mio lontano paese?
E se ci? ? troppo,
fammi almen veder la mia contrada
oppur sol quella casa isolata
ove il mio cor lasciai alla partenza.

O tu the rapir puoi dalle finestre,
perch? non porti a me con i tuoi raggi
quel visino carino a dolce insieme
di colei a cui tanto voglio bene?

Ma tu non puoi!
Allora ti rattristi
e, dietro una nuvola,
scompari alla mia vista!
Giannino CARUSONE

‘A Gente

Si ?o, munno se cagnasse….
n’ce penzate? ‘Che bella cosa fosse!
Ogn’iuno fosse_libero ‘e parl? sinceramente,
nisciuno cchi? penzasse male ?e nato
‘e a vita fosse gioia sulamente.
Odio, vendette, bugie a vanit?
guerre, tradimente…. appriesse che stn ochiu;
sarriane frase scanusciute pe 1’umanit?.

Mo ‘o munno nun se cagna, ‘o saie pure t?
E se a gente ride cu ‘o fele sotto ‘e diente
E finge a tutto ‘o male che se fa,
v? dicere ca pure ‘o tarramoto
nun ncia nzignato niente
e l’attentato ‘o Papa, ? stato solo pubblicit?.
Gianni CIMMINIELLO

A giuvent?

M’arricordo quanno cchi? guaglione
m’accumpagnava sempe; de vierno a de stagione,
e m’arricordo ‘e te quanno a vint’anno d’oro
nun esisteva fridde, n? calore.
Me si venuta appriesse tanta vote,
‘e evvote mmieze a tante sola tu
ire a cchi? bella e cara giuvent?.

E mmo? Che me ne resta…
Ricorde e nustalgie de tiempe luntane!
Quante notte passate chiare, e quante score…
E vvote penzo, e parlo je sulo.
Ma se esiste ammore, ‘e se ce sta quaccurune
ca me penza ancora, me sento ancora giovane,
po’ essere? Si, mo st? dicenno ‘o core.
Gianni Cimminiello

Si ?o tiempo se’ fermasse.

E’ 1’ora da.cuntrora, che silenzio,
che pace ce st?.
M’affaccio a `stu” balcone,
me guardo attuorno, che festa,
me pare ‘e sunn?. St’aria fresca m’accarezza,
pare che dice: nun te scet?.

Nu ventariello doce, me porta na canzone
cu nu felillo ‘e voce a sento ‘e suspir?:
si tu passariello sperduto?
Che vucella ardente, nun te ferm?!
C?ntala sta canzone ca turmente,
che parla d’ammore e verit?
Gianni CIMMINIELLO

ANELITO
Ho stretto
tra le mani
il cielo

la terra
non ha pi?
peso…

Squarcio l’anima
ricercando
spiragli
d’immenso.
Giuseppe CIOPPA

DORMIVEGLIA
Stasera
ho ritrovato
d’un tratto
i fantasmi freddi del passato

ombre soffuse
nel grigiore
straziante dell’immensa mia
malinconia…

Sento solo
nell’aria
il lacerante
silenzio del tempo
1’annientante Nulla
del presente.
Giuseppe CIOPPA

VORREI
Vorrei potermi liberare
da questi viscidi
tentacoli che mi stanno
stringendo pian piano,

vorrei poter
gridare
agli aspri sassi
delle assolate strade
tutta 1’ira nascosta
nei giorni grigi del tempo,

vorrei poterti
ritrovare

serena pace

come quando
ti rincorro
nei miei sogni
cullato
dal debole chiarore
d’una luce stanca…

Sono stufo
di correre affannato
portando sopra al viso
una maschera senza volto.
Giuseppe Cioppa

LUCCIOLA
Piccola luce che Natura costuma vagar
nel buio delle sere alla campagna,
allor che il maggio odoroso dei fiori schiude le corolle,
donde vieni? Perch? non posi mai? ..
Mistero!
Silenziosa, zigzagando t’aggiri tra i verdi rami
di alberi sonnolenti,
nella stanca sera, nella notte fonda
forse per udir gridi di cuculi, canti di grilli ?
Dove il tuo nido, dove riposi allor che albeggia il d??
Forse il verde prato la tua casetta?
Mistero!
Piccola luce, dimmi: quale il tuo cibo?
Forse la fresca goccia di rugiada
sol per dissetarsi nelle calde ore delle notti estive?
Mistero!
Oh, s?, misteri del Signore,
misteri del Creatore!
Ma tu, luccioletta,
forse dal Signore messaggera eletta,
a significare come di FEDE, pur piccola luce,
illuminar pu?
cuori in tenebre, nella notte fonda del Peccato!
Bellona, Maggio 1981
Giovanni FUSCO

SOLILOQUIO DI UNA TREBBIATRICE
Muta, triste, abbandonata
siccome relitto sull’onda, _
nella mortal quiete ch’or mi circonda!
Non canti, non voli festosi che sapore avean di gioia
nelle passate estati di mia giovent?.
Signora dell’aia, allor che il villico sudava
e i tini ribollivan di grano.
Giorni di festa, giorni di gioia
quando, tra il frinir di cicale,
nerbute braccia, all’opra, m’eran d’attorno.
Signora dell’aia, allora,
or come ridotta sono!
sol non brilla pi? sulle stanche mie membra
poi ch? di rovi una verde veste or copre,
che il mal del tempo consuma sempre.
Riposo, ma il riposar m’? duol!
Ahi, questa la ria mia sorte?
Questa come dei mortali?
Ahim?, come ? uguale!
E nell’attesa, talor, voglia di pianto m’assale,
ma occhi non ho per piangere del NULLA,
ch? a nulla vale!
Bellona, Maggio 1981.
Giovanni FUSCO

Vecchio mio campanile.
Eri morente. Lacera la veste, afona la gola!
Muto nei d? festivi,
muto allor che muore la vita;
non invito alla preghiera
nell’ora dell’umile sera.
Spento parea il dolce palpito del tuo vecchio cor.
Passero solitario che pria, fuggendo i suoi voli,
su te posava,
mirando or qua, or l?, come Natura fatto,
or te fuggiva,
or te schivava,
forse forse a non compianger dei mali,
comune sorte dei mortali!
Ma piet? ti soccorrea, vecchio mio campanile,
e nuova veste teneri cuori, non obliti d’amor,
te donavan di nuovo stile.
Eri buono, or sei pur bello.
Miro, estasio e parmi udir di gi? la tua voce
che, argentina a festosa, talor cupa e triste,
ricordar a’ mortali pur dovr?
di gioie e dolori la fugacit?..
Giovanni FUSCO

Il mio sole
Tu che in ciel brilli di luce riflessa
Hai bisogno del sole per essere te stessa;

la dolce brezza che sfiora la pelle
solo al sol deve le sue opre belle:

e dove sarebbe la voce del mare
se non vi fosse il sole a brillare?

Anch?io ho bisogno del sole,
ma ha un nome il mio sole,

un nome che vuol dire luce:
il mio sole si chiama Lucia!
Lugi

Sere di maggio
Il dolce profumo dell?albero in fiore,
la lieve fronda dell?alto pioppo,
il verde manto della campagna,
il leggero alito del vento,
la grande calma del ciel sereno,
la luna nuova visibile appena,
la bianca stella accanto a lei,
noi due soli, in tanta pace,
con gli occhi chiusi,
stringendoci forte,
sospesi nell?aria,
voliamo lontano,
in quel di Fasano,
ove, liberi e soli,
vivemmo beati.
Lugi

Affetto materno
China con amorevole cura alla sponda
Dell?amato letto
Veggo la donna mia muoversi lesta
Per contentar ogni richiesta
dell?adorato pargoletto;
or sospira, or lo stringe al petto
mentre il suo viso, sereno e mesto,
effonde letizia e materno affetto.
Ebbro di contentezza ed estasiato
Della materna cura,
tacito seggo all?opposto lato
e, anche se da lei obliato,
non mi lagno:
basta la loro voce a rendermi beato!

Newark N.J. USA ? 26.11.966.
Franco Valeriani.

Inverno
Non s?ode lo stornire delle fronde,
n? degli uccelli il cinguett?o fugace:
sento nel cuore il fremito che diffondi,
verno rapace!
Alzano al cielo le dolenti braccia
le piante, ed un sottile vel di bruma
tutte le avvolge, e vedo al suolo neve
come candida spuma.
Vedo le tacite verande tutte intorno
che bimbi festanti costodian con zelo:
ora riposan fra le cadenti
lacrime di gelo.
Cade la neve. Il freddo mondo intorno
veste d?un manto candido ogni stelo;
ed io sento nell?anima il grigiore del cielo.

Newark N.J. USA Dicembre 1964
Franco Valeriani.

Sogno
Ti te ho sognato nel crudo gelo
che addormenta la terra e il cuore:
m?apparisti avvolta in un velo
di luminoso, magico splendore.
Lungi son da me le favolose
immagini d?un tempo lontano
ch?io cerco di scacciare, ma invano!
A primavera, col tepore,
vedr? forse la speme ritornare:
ma sar? una chimera,
solo un richiamo ingannatore!
Nel nulla torner? dov?era
quel sogno che m?apparve ammaliatore;
e la vita, questa effimera parvenza,
nel deserto d?un?arida esistenza.
Newark N.J. USA
Novembre 1963 – Franco Valeriani

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