Approfondimento della storia dei 54 Martiri di Bellona.

Il 7 ottobre 2005 ricorre il sessantaduesimo anniversario dell’eccidio dei 54 Martiri di Bellona, falciati sul ciglio di una cava di tufo, dalla quale risalgono ancora i gemiti ed i rantoli dei loro corpi straziati. ?Nel rivolgere un pensiero commosso a questi nostri Concittadini, ci dice il Sindaco Giancarlo Della Cioppa, ai quali fu negato perfino il conforto religioso in punto di morte, vogliamo che la celebrazione di questo giorno non sia unicamente un omaggio, pur doveroso e sentito, ai nostri caduti. Vogliamo, invece, oggi e sempre, qui ed ovunque, trasmettere ai giovani della Citt? di Bellona la sensazione che il male pu? tornare, che anche nelle societ? pi? civili, in ogni momento, su ogni minoranza, su ogni popolo, si possono scaricare le paure e le insicurezze dell’uomo. Oggi pi? che mai, in tempo di globalismo e di multietnicit?, bisogna essere convinti che in tutte le societ? ci sono minoranze identificabili che possono diventare oggetto di persecuzione e di martirio. Dobbiamo, pertanto, elaborare il passato nella cornice del nostro presente. Il razzismo, l’intolleranza. la sopraffazione, lo sfruttamento, la follia criminale, sono sempre in agguato, cos? come l?indifferenza colpevole. La nostra societ? deve perci? imparare a gestire la coesistenza pacifica di diverse etnie e di diverse culture, a considerarle una fonte di arricchimento e non divisione perch? c’e il rischio che l’Abele di ieri si trasformi nel Caino di domani. In questa mutazione di pensiero il ruolo della Scuola, come casa comune, ? fondamentale. Anche cos?, costruendo il futuro, si onorano i nostri Martiri.In tale ottica questa pubblicazione ben pensata, semplice, di facile lettura ma allo stesso tempo anche frutto di una puntuale ricerca bibliografica sui tragici fatti, vuole rendere onore alle vittime, alle loro famiglie, alla verit? storica. La nostra gratitudine va a tutti quelli che con le loro opere hanno lasciato un segno indelebile nella ricostruzione dei tragici giorni dell’occupazione nazista, aiutando cos? ad accrescere la memoria storica di tutti noi. Grazie?. Conclude il Sindaco.
Il 7 ottobre 1943, nelle prime ore del mattino, le truppe della 169a brigata della 56? divisione inglese entrarono a Bellona ponendo fine a pi? di un mese di occupazione militare tedesca – Le manifestazioni di giubilo della popolazione, per l?avvenuta ?liberazione?, rimossero, per qualche momento, le sofferenze, la fame, il dolore provocato dalle perdite di vite umane causate dalle operazioni belliche nel territorio e dalla repressione nazista. Ma quell?atmosfera di festa ben presto mut? il suo volto. Una tragica notizia che in verit? gi? da giorni circolava con insistenza nel paese ma alla quale non era stato dato molto credito, corse di casa in casa, di strada in strada, di bocca in bocca. Secondo alcuni testimoni, il 7 ottobre, le truppe tedesche, prima di ritirarsi, avrebbero perpetrato un crimine efferato: in una cava di tufo, poco distante dall’abitato, al confine con il territorio di Vitulazio, i soldati avrebbero trucidato molti civili. La notizia era terribile e si stentava a credere. Solo quando vi fu la macabra scoperta dei cadaveri, il 20 ottobre, la cittadina precipit? nel baratro di fronte a quella tragica evidenza. Mai nessuno avrebbe pensato che i soldati tedeschi, che nei primi giorni dell’occupazione avevano stabilito dei rapporti di ?tranquilla convivenza? con il popolo, sarebbero stati capaci di tali nefandezze. Ma per capire le cause che portarono a queste forme di rappresaglia contro la popolazione civile dobbiamo fare un passo indietro, all’estate del 1943, ed analizzare gli avvenimenti che causarono l’occupazione tedesca dell?Italia. La riunione del Gran Consiglio del Fascismo nella notte tra il 24 ed il 25 luglio, durante la quale i maggiori esponenti dell’opposizione interna (Grandi, Ciano e Bottai) fecero approvare un ordine del giorno nel quale si chiedeva un ridimensionamento del ruolo di Mussolini che sanciva, di fatto, la caduta della dittatura fascista (sostanzialmente, le dimissioni). Nel pomeriggio del 25 luglio, Mussolini, recatosi da Vittorio Emanuele III, fu costretto a dimettersi in quanto il Re aveva palesato l’intenzione di voler attribuire la carica di capo del Governo al Maresciallo Pietro Badoglio. Poco dopo Mussolini fu arrestato e tradotto all’isola di Ponza. La decisione di Badoglio, comunicata attraverso la radio, nella giornata del 25 luglio, di continuare la guerra al fianco della Germania, fu gravida di conseguenze per l’Italia, poich? non solo chiudeva una probabile trattativa di pace con gli Alleati anglo-americani, ma consentiva ai Tedeschi di far affluire nella penisola notevoli contingenti militari. Durante i quarantacinque giorni giunsero in Italia sedici divisioni tedesche che, nella pi? totale acquiescenza del governo Badoglio, assunsero il controllo militare del territorio italiano. Mentre gli Alleati anglo-americani passavano dalla Sicilia alla Calabria, si avviarono, tra lentezze ed incomprensioni, delle trattative per giungere ad un armistizio senza condizioni, come richiesto dagli Alleati, che fu firmato dal generale italiano Castellano a Cassibile in provincia di Siracusa, il 3 settembre, ma che fu reso pubblico da Badoglio solo cinque giorni dopo (8 settembre) con un discorso alla radio nello stesso momento in cui gli Alleati avevano previsto un nuovo sbarco a Salerno, nella piana del Sele, con l’operazione Avalanche. II messaggio di Badoglio non conteneva alcuna indicazione per un attacco, alquanto prevedibile, da parte dei Tedeschi n? alcuna istruzione fu data ai comandi militari italiani. Ovunque i giorni successivi all’8 settembre fecero verificare lo “sbancamento” dei soldati italiani che, privi di ordini e incalzati dai Tedeschi, avevano come unico obiettivo quello di raggiungere le proprie famiglie. Appena fu resa nota la decisione italiana di arrendersi, il feldmaresciallo Albert Kesselring, comandante in capo del settore meridionale, impart? ordini affinch? si attuasse il piano di emergenza Achse (Asse) che prevedeva il disarmo delle forze italiane. Con un ordine del giorno datato 12 settembre 1943 Kesselring rendeva noto che a partire da tale data il territorio posto sotto il suo comando e occupato dalle truppe tedesche diveniva “area di guerra” nella quale, pertanto, trovavano applicazione le leggi di guerra tedesche. Una nuova ordinanza disponeva che le autorit? e le amministrazioni civili avrebbero dovuto continuare a espletare normalmente le proprie funzioni, stabilendo che in futuro tutti gli atti penalmente rilevanti compiuti dalla popolazione italiana nei confronti delle forze armate tedesche sarebbero stati perseguiti ai sensi del diritto di guerra tedesco ad opera dei tribunali militari. Gli organizzatori di scioperi e di atti di sabotaggio sarebbero stati processati con procedura sommaria e fucilati. Dovevano essere garantiti la calma e l’ordine. Doveva essere consegnato ogni tipo di arma da tiro e da caccia, munizioni incluse, granate a mano, esplosivi e qualsiasi altro materiale bellico. Era prevista la morte per chi attaccava, feriva o uccideva appartenenti alle forze armate tedesche o a un ufficio tedesco, per chi nascondeva, dava alloggio o aiuto agli appartenenti delle forze armate nemiche. Erano vietati la diffusione di notizie trasmesse dalle radio nemiche, il possesso di apparecchi radiofonici, di impianti radio amatoriali o semplicemente l’ascolto delle stazioni radio nemiche. II mancato rispetto di tale ordine era punito con la morte. Gia il 12 settembre Hitler aveva ordinato di rallentare, con una tattica temporeggiatrice, l’avanzata delle forze armate alleate affinch? si fosse guadagnato il tempo necessario per lo sgombero delle citt? e dei paesi e si fosse effettuata una sistematica distruzione che doveva essere messa in atto senza scrupoli. Le caratteristiche geografiche del territorio campano giocarono a favore delle truppe tedesche: l’Appennino campano e l’estensione in lunghezza del paese resero possibili un ripiegamento graduale e l’organizzazione di un solido fronte difensivo per tutta la larghezza della penisola. II 17 settembre Hitler approv? i piani “dilatori” di Kesselring, ordinando di resistere il pi? possibile sulla “linea di sbarramento B”, cio? la “linea del Volturno”, considerando che non era pi? possibile bloccare e ricacciare in mare le forze alleate, sbarcate il 9 settembre a Salerno, che celermente stavano risalendo il territorio campano. L’operazione tattica condotta dalle truppe tedesche per ritardare l?avanzata delle truppe alleate provoc?, purtroppo, la devastazione del territorio. Il 18 settembre, infatti, in ottemperanza alle disposizioni di Hitler, il capo dell’alto comando della Wehrmacht, feldmaresciallo Keitel, eman? un’ordinanza, tragicamente nota come Ordine Nerone (Nero-Befehl). con la quale si stabiliva che durante i ripiegamenti predisposti si doveva fare ricorso, su larghissima scala, a distruzioni di ogni tipo: strade, linee di comunicazione, poste, telegrafi e radio, fabbriche di importanza bellica e materiale bellico non pi? asportabile. Ci? che poteva essere evacuato doveva essere asportato: scorte, generi alimentari, bestiame, cavalli e ogni altro animale. Qualora non vi fosse stata la possibilit? del trasporto dei suddetti beni tutto doveva essere distrutto senza riguardi per la popolazione. Gli uomini atti al combattimento o al lavoro dovevano essere inviati verso nord. II 19 settembre il comando del XIV Panzer-korps tedesco stabil? che nei giorni successivi il vettovagliamento delle truppe sarebbe avvenuto esclusivamente a spese del paese occupato: la campagna doveva essere completamente depredata soprattutto di carne e ortaggi in tutta l’area del Volturno. In base a questa disposizione, furono effettuate requisizioni di bestiame e derrate alimentari che costrinsero letteralmente “alla fame” le popolazioni locali gi? da tempo sottoposte ad un regime di distribuzione controllata dei generi di prima necessit? con il sistema del razionamento dei consumi imposto dal regime fascista per quella che veniva definita ?economia di guerra?. Agli inizi di ottobre lungo il fiume Volturno il feldmaresciallo Kesselring aveva dispiegato il XIV Panzer-korps formato dalle seguenti unit? combattenti: la 15a Divisione Panzer Grenadier, comandata dal generale Rodt, dalla foce del fiume ad est di Grazzanise (circa 20 km.); la Divisione Herman Goring, una delle meglio attrezzate, comandata dal generale Conrath, da est di Grazzanise fino a Caiazzo (circa 20 km.) con la 16a Divisione dietro di essa, in riserva; la 34 Divisione Panzer Grenadier, comandata dal generale Graser, da Caiazzo a Monte Acero. Con particolare riferimento a Bellona, sul suo territorio ed in quello circostante erano dislocate le seguenti unit? germaniche, facenti parte del gruppo di battaglia “Maucke” (Kampfgruppe Maucke), della divisione di granatieri corazzati “Hermann Goring” (Hermann Goring Panzer Grenadier Division): il 115? reggimento granatieri corazzati (battaglioni I e III, 13a e 14a compagnia), le compagnie 1a, 3a e 5a del reparto esplorativo corazzato (Panzer Aufkalrung-Abteilung Hermann Goring), il I battaglione di artiglieria (Artillerie Regiment Hermann Goring), le compagnie 9a, 10a e 11? del II? reggimento corazzato (Panzer Regiment Hermann Goring) ed il II? battaglione del genio pionieri (Pionier Bataillon). Le forze tedesche avevano predisposto, a nord del Volturno nella zona della linea IV Viktor, cinque widerstand-linie (linee di resistenza) nella loro ritirata verso la linea Bernhardt o Reinhard, nota presso gli alleati come winter line (linea d’inverno). Nei primi giorni di ottobre i Comandi Tedeschi, nell’intento di rallentare l’avanzata degli Alleati, emanarono una serie di disposizioni affinch? le aree comprese tra la linea Viktor e la linea Barbara fossero sgomberate dalla popolazione locale non solo per prevenire eventuali atti di sabotaggio e spionaggio, poich? si temeva che potessero essere rivelate le posizioni tedesche ma anche perch? gli uomini abili al lavoro dovevano essere impiegati per la realizzazione delle strutture difensive sulla linea Bernhardt. Il rastrellamento degli uomini (la cosiddetta ?caccia agli schiavi?, secondo il gergo della Wehrmacht) fu uno dei compiti pi? difficili per le truppe tedesche poich?, in seguito alla fuga di gran parte degli uomini che si erano dati alla ‘macchia’ come unica alternativa alla deportazione, al reclutamento forzato e alla minaccia della pena di morte, su circa 4000-5000 uomini previsti. per l?area a nord del Volturno, i tedeschi riuscirono a “reclutarne” poco pi? di 400.
Le notizie dell’avvicinamento al Volturno delle truppe anglo-americane si diffusero ben presto nel territorio tanto che le ordinanze delle autorit? militari tedesche iniziarono a perdere sempre pi? la loro efficacia malgrado esse venissero eseguite spietatamente.
La forza della ribellione non si riduceva con l?intimidazione. Al contrario, i soprusi dei soldati tedeschi, di singoli o di interi reparti, finivano per incitare ancor pi? ad opporsi. La popolazione iniziava a ribellarsi, con atti di sabotaggio o di vera e propria rappresaglia, soprattutto quando le truppe tedesche in ritirata lasciavano alle proprie spalle una scia di devastazioni, rovine e morti. Tuttavia, l?esito positivo delle drammatiche giornate napoletane (28 settembre – 1 ottobre) resta un’eccezione: in tutti gli altri luoghi in cui l’esempio venne imitato il popolo fin? per avere la peggio. Infatti, in tutte le localit? dove la popolazione si oppose all’arbitrio delle truppe tedesche fece seguito una rappresaglia immediata e priva di riguardi. E? il caso di Bellona dove fu perpetrata la rappresaglia, verso i civili, pi? grave di tutta la provincia di Terra di Lavoro.
Eppure, le truppe germaniche, anche dopo l’8 settembre, avevano continuato a mantenere inalterato il proprio rapporto con la popolazione bellonese, un rapporto basato sul rispetto reciproco, sostenendo che, fino ad allora, nessuno aveva potuto lamentare qualche comportamento “irriguardoso” dei soldati tedeschi verso la popolazione. Solo dopo il 12 settembre, in seguito alle ordinanze emanate da Kesselring, i rapporti tra i soldati tedeschi ed i bellonesi iniziarono a deteriorarsi. In tale data furono fatti circolare dei volantini divulgativi del proclama del colonnello Scholl, comandante delle truppe tedesche di Napoli e dell’area limitrofa, nei quali veniva fatto esplicito riferimento all’ordinanza emanata da Kesselring di consegnare tutte le armi e le munizioni alle truppe germaniche con la pena di essere ?passati per le armi?. In particolar modo, secondo un testimone, sul volantino c’era scritto testualmente: ?ogni soldato germanico ferito o trucidato verr? vendicato cento volte?. Veniva, inoltre, istituito il coprifuoco dalle ore 20 alle ore 06. Nei giorni successivi iniziarono anche le requisizioni di derrate alimentari e di bestiame ed il rastrellamento degli uomini da adibire ai lavori di fortificazione. Di fronte a quei soprusi si prospett? l’idea di un’opposizione armata con quelle poche armi sottratte alla consegna obbligatoria. Autore di questo progetto, che non fu eseguito per l?esiguit? delle armi a disposizione, fu Francesco Villano, vice-brigadiere dei Carabinieri, uno dei futuri -martiri di Bellona.
Tra gli scritti dell?epoca si legge: ?Solo le donne godevano piena libert? di movimento: mai nessun soldato tedesco aveva osato importunarle con informazioni od altro. Anzi, esse, giovandosi della loro libert? di movimento, mettevano in guardia, con parole o segnali convenuti, gli uomini della presenza di militari tedeschi. Cercarono di adottare degli accorgimenti plausibili, in caso di richieste di informazioni da parte dei militari tedeschi. Cos? alcune vestivano in nero, colore a lutto, recando in bella mostra al collo un medaglione di qualche antenato od amico defunto. Lo mostravano ai soldati tedeschi facendo loro intendere che il marito o il figlio, fosse morto durante il combattimento contro gli anglo-americani, o sul fronte russo. Altre portavano sempre in tasca, e pronte ad esibirla la foto in divisa militare dei figlio o di un parente, cercando di spiegare che il figlio, od il marito, fosse caduto prigioniero dei russi o degli anglo-americani. Nonostante l’astuzia delle donne, che erano riuscite a celare gran parte dei nascondigli dove gli uomini si erano rifugiati, i soldati tedeschi, tra il 20 ed il 22 settembre, praticarono un rastrellamento di uomini, animali e carretti. A Bellona, nei giorni successivi, la presenza dei soldati divenne sempre pi? opprimente ed inuman. Il 2 ottobre, infatti, inizi? una prima rappresaglia verso i civili: in localita “Ferranzano” furono uccisi i tre fratelli Cafaro: Antimo, Giuseppe e Gennaro, la cui unica `colpa’ era stata quella di essersi recati a raccogliere prodotti agricoli sui loro campi nonostante l’assoluto divieto da parte dei tedeschi. Iniziarono, cos?, i giorni del terrore nella piccola cittadina di Terra di Lavoro. Nel tardo pomeriggio del 6 ottobre il Comando del 115? reggimento di granatieri corazzati, situato nell’abitato di Bellona, in attuazione della disposizione del 4 ottobre, in cui si stabiliva di far evacuare, senza riguardi, tutta la popolazione civile immediatamente a nord della linea Viktore e di radunare il maggior numero possibile di uomini abili per poter disporre di manodopera per potenziare la linea Bemhardt. L’ordine non sort? l’effetto desiderato in quanto nessuno si present? all’appello.
Nelle prime ore del mattino del 7 ottobre, in piazza Umberto I, si radun? un contingente del reggimento tedesco che inizi? il rastrellamento.
Cos? come era successo nei giorni precedenti, quando i tedeschi avevano prelevato altri uomini che dopo alcuni giorni di lavoro avevano fatto ritorno nelle proprie case, i rastrellati di quella mattina pensarono che avrebbero avuto la stessa sorte. Nella cappella San Michele, dove furono radunati circa duecento uomini, regnava un clima di apparente normalit? e nulla lasciava presagire quanto sarebbe avvenuto da li a qualche ora. Ma il destino, per molti dei prigionieri, purtroppo era stato gia segnato.
Verso le ore 8 di mattina, a gruppi di dieci per volta, gli ostaggi furono scortati, passando per via della Vittoria, fino al presunto luogo dove avrebbero dovuto svolgere il loro lavoro. Dalla cappella furono prelevati sette gruppi, a distanza di qualche minuto l’uno dall’altro. II sesto fu rimandato indietro, come se dovesse essere destinato ad altro lavoro, ad un centinaio di metri dal luogo di destinazione. Il settimo, invece, fu fermato proprio all’uscita della cappella. Nessuno aveva il sospetto del tragico destino a cui stavano andando incontro i primi cinque gruppi. Nel corso della serata un nuovo bando invitava la popolazione a lasciare il paese. Lo stesso bando venne diffuso nuovamente il 10 ottobre. Intanto, l?otto ottobre, le artiglierie alleate avevano iniziato a colpire l’abitato di Bellona. La mattina del 17, le avanguardie inglesi della 56a divisione entravano nell?abitato semidistrutto. Le truppe tedesche avevano lasciato l’abitato durante la notte precedente. Iniziarono, ben presto, le ricerche dei cittadini che erano stati vittime dei rastrellamenti tedeschi dei giorni precedenti e, in particolar modo, di quelli catturati il giorno sette.
Nel tardo pomeriggio del 20 ottobre, dopo che alcune voci insistenti si erano diffuse da qualche giorno tra la popolazione, che sostenevano che tutti quelli presi il giorno 7 erano stati fucilati dai tedeschi nella cava di Giovannino “‘o scialone?. Fu scoperto il massacro! I civili rastrellati erano stati predisposti lungo il dirupo della cava e freddati da colpi di mitragliatrice, facendo precipitare i corpi nella voragine. Dopo l’esecuzione le pareti della cava furono fatte saltare con delle mine, predisposte precedentemente, affinch? il terriccio provocato dallo scoppio, che la pioggia dei giorni successivi rese duro e compatto, avesse potuto seppellire i cadaveri.
L’esumazione delle salme dur? qualche giorno: ?I corpi erano ammucchiati l’uno sull’altro in un grappolo disordinato, dove le gambe di uno si confondevano spesso con quelle di un altro?. ?Vi era un enorme fetore, ricordano i testimoni. I corpi estratti vennero identificati ed affidati ai loro parenti che, con mezzi di fortuna, riuscirono a realizzare delle bare con assi di legno recuperate dai letti, tavole da muratore e, con l’ausilio di carretti, li trasportarono al cimitero per la sepoltura. Una donna trasport? il feretro del marito sulla propria testa fino al cimitero, un’altra quello del fratello.
Le vittime dell’eccidio furono 54: l’identificazione fu possibile solo per 49 di esse, mentre 5 rimasero ignote. Si pens? che si trattasse di sfollati provenienti da altri comuni. Ma quali furono i reali motivi che avevano scatenata la reazione germanica?
E? opinione comune che gran parte delle strage in Italia sarebbero state commesse sulla base di un forte risentimento nei confronti della popolazione italiana accusata dallo stesso Hitler di tradimento, che port? al declassamento razziale degli italiani. Si era venuto a sviluppare una sorta di razzismo che veniva accentuato soprattutto nei confronti degli abitanti del Mezzogiorno d?Italia. Gerhard Schreiber ha scritto recentemente che ben prima dell’armistizio, l?immagine del nostro paese in Germania era deformata da forti pregiudizi negativi e, dopo le prime sconfitte militari subite da Mussolini, gli italiani erano considerati: gradassi, corrotti, vigliacchi ed effeminati. Secondo alcune testimonianze, nel caso di Bellona, tutto inizi? qualche giorno prima del 7 ottobre, quando alcuni soldati tedeschi cercarono di adescare alcune ragazze della famiglia Caso, provenienti da Napoli, che avevano trovato ospitalit? presso la casa di Gabriele Cafaro, in via Della Vittoria, ora via 54 Martiri. Probabilmente, la prestanza fisica delle sorelle Caso dovette attrarre tre soldati tedeschi, di cui uno era un graduato, che tentarono un approccio con le stesse che dovettero scappare impaurite. Qualche giorno dopo, la sera del 6 ottobre, i tre soldati, che avevano tentato l’approccio, si recarono nell’abitazione di Cristina Della Cioppa in Cafaro, attigua a quella dove risiedevano le sorelle Caso che furono avvistate dai soldati mentre si intrattenevano nel cortile con le sorelle Cafaro. I militari si avvicinarono alle ragazze e non solo dovettero rinnovare le loro proposte, bens? si dovettero mostrare addirittura abbastanza audaci. Le ragazze terrorizzate di fronte a tanta temerariet?, spaventate, scapparono invocando aiuto. II fratello delle Cafaro, Francesco, nascosto con altri nel soffitto della sua abitazione, udite le grida delle ragazze, lanci? una bomba a mano contro i tre soldati tedeschi. Lo scoppio provoc? la morte di un soldato, mentre l’altro, ferito, aiutato dall?illeso commilitone graduato, riusc? a raggiungere il comando posto nell?abitazione della famiglia Battaglia-Pezzulo, a pochi metri dal luogo dello scoppio, e a dare l’allarme.
Alcuni studiosi sostengono che non si ? mai colto i vero valore di quell’ ?atto di ribellione?, che deve essere considerato come una prima forma di ‘resistenza’, ?un atto di rivolta, una contestazione frontale, spinta fino alle conseguenze estreme. (…) quasi a dire “basta!” nella determinazione di salvaguardare, ci? facendo, i valori fondamentali all’onore proprio e della propria famiglia. Per molto tempo il gesto di Francesco Cafaro ? stato, ingiustamente, ritenuto la vera ‘causa’ della strage, ?quasi che ad uccidere quelle persone fosse stato, in definitiva, pi? quel gesto di ribellione individuale che non la determinazione dei Tedeschi di procedere anche ad azioni di indiscriminata rappresaglia, scientificamente organizzate, contro la popolazione civile inerme, pur di mantenere il controllo del territorio. L?accanimento nella cattura dei civili, il giorno successivo (7 ottobre), potrebbe essere visto nell?ottica di una precisa ritorsione contro gli autori dell’attentato. Questo fu il vero antefatto della strage di Bellona.
L’azione punitiva dei tedeschi non si fece attendere e si contraddistinse con una ferocia inaudita. Furono messe in atto le disposizioni stabilite in un manifesto affisso in un bar in piazza IV novembre, in lingua tedesca e italiana, nel quale si rendeva noto che qualsiasi atto di sabotaggio o di ritorsione contro i soldati tedeschi sarebbe stato punito con la morte: per ogni soldato tedesco ucciso sarebbero stati fucilati cento italiani! Le indagini hanno accertato che gli autori della strage furono i soldati inquadrati nel I o nel III battaglione del 115? reggimento di granatieri corazzati della Divisione ?Hermann Goring”, al comando del capitano Hans Joackim (soprannominato dai suoi subordinati “Hauptmann”) cosi come si desume da un documento del 4 dicembre 1943, conservato negli Archivi nazionali di Washington, riferibile alle indagini condotte dal capitano dell’Esercito statunitense M. R. Wexler, che, nonostante l’importanza del documento, non fornisce alcun dettaglio. Lo storico tedesco Gerhard Schreiber, in merito alla strage di Bellona, ha scritto: ?Morirono 54 italiani per un tedesco, una proporzione spaventosa?. Friedrich Andrae la definisce, invece, una rappresaglia estrema, contro ogni principio di umanit? e tale da infrangere i diritti umani.
Secondo Schreiber, il giorno dopo la strage di Bellona, Kesselring fu “costretto” ad emanare un’ordinanza in cui si stabiliva che egli stesso avrebbe dovuto approvare preventivamente l’eventuale ?esecuzione di ostaggi?. Ci? fa intendere che ormai le rappresaglie contro i civili erano sfuggite di mano agli alti comandi della Wehrmacht ed erano diventate, purtroppo, una tragica consuetudine. II bilancio delle vittime della rappresaglia nazista in Terra di Lavoro, dove i tedeschi si resero colpevoli di atti inumani che non trovano alcuna giustificazione neanche nella spietata legge di guerra, dovrebbe essere di 709. Il periodo: 9 settembre-27 dicembre 1943, ? stato un vero e proprio ?autunno di sangue?.
Nonostante il fatto che gi? il 26 novembre 1943 le indagini condotte da un capitano della V^ armata americana avessero risolto il problema della responsabilit? della strage, nel 1971 la procura delta repubblica di Traunstein archivi? l’istruttoria avviata per la strage di Bellona in quanto non ravvis? pi? alcuna possibilit? di accertare quale fosse l’unit? militare a cui appartenevano gli autori dell’eccidio, anche se essa fosse gi? nota da tempo.

IN RICORDO DELLE VITTIME
Verso la fine di dicembre 1943, a pochi mesi dalla strage, fu costituto un ?Comitato Giovanile Pro Erigendo Monumento?, presieduto da Giovanni Limongi, per la realizzazione di un ?monumento-ricordo? al fine di trasmettere il ricordo di quel tragico evento alle generazioni future.
La stele fu benedetta il 7 ottobre 1945, nel secondo anniversario dell’eccidio. Successivamente, l’ex cava di tufo fu trasformata in Mausoleo-Ossario.
inaugurato nel 25? anniversario della strage: 7 ottobre 1968.
Il 7 ottobre 1976 i familiari delle vittime ricevettero una Medaglia d’argento ed un diploma conferito loro dal Consiglio Provinciale di Caserta.
II 28 novembre 1982 le autorit? italiane concessero al Comune di Bellona la Medaglia d’oro di “Benemerenza Patriottica”.
Il Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, il 10 ottobre 1997, visit? il luogo della strage e, decise il conferimento, ?motu proprio? della medaglia d?oro al Valore Militare, con la seguente motivazione:
BELLONA, PROTAGONISTA DI UN PRIMO TENTATIVO DI RESISTENZA ARMATA, SUBI?, IL SETTE OTTOBRE 1943, LA REAZIONE INDISCRIMINATA E FEROCE DELL’OPPRESSORE NAZISTA. CINQUANTAQUATTRO INERMI CITTADINI, GENTE DI OGNI ETA, CULTURA, PROFESSIONE E CETO SOCIALE, FURONO VITTIME DI QUELLA BARBARA RAPPRESAGLIA CHE GIA? MOSTRAVA IL SUO SANGUINARIO E VILE VOLTO. L’EROICA TESTIMONIANZA DEI SUOI CITTADINI VALSE AD ADDITARE AGLI ITALIANI TUTTI IL CAMMINO CHE, ATTRAVERSO LA RESISTENZA E LA LOTTA ARMATA, AVREBBE CONDOTTO ALLA LIBERTA? ED INDICATO ALLE GENERAZIONI FUTURE LA VIA DELLA PACE E DELLA DEMOCRAZIA.
Con una solenne Cerimonia tenuta nel cortile del Quirinale, il 23 aprile 1998, il Presidente Scalfaro appose la Medaglia d?Oro al Valor Militare sul gonfalone del comune di Bellona.
Gazzetta Ufficiale 20 giugno 1998, n. 142
DECRETI, DELIBERE E ORDINANZE MINISTERIALI
Ministero della difesa
Concessione della Medaglia d’Oro al Valor Militare al comune di Bellona (Caserta)
Con Decreto del Presidente della Repubblica del 21 settembre 2001, Bellona ha ottenuto la concessione del titolo di ?CITTA??.

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