Storia di un sopravvissuto
La tragedia della II Guerra Mondiale ancora oggi sconvolge l?animo di coloro che la vissero e, a chi ascolta, suscita un profondo senso di amarezza. ? Chi ? stato all?inferno non potr? mai dimenticare che cosa ha patito? cosi inizia a raccontare le sue disavventure Mauro M. ?La mia storia sembra un film. Il 17 aprile 1942 partii per il fronte russo. Ero un giovane ufficiale dell?esercito italiano e oggi, a 85 anni, posso dire di essere un fortunato sopravvissuto dell?ARMIR, l?Armata Italiana decimata in Russia nel 1943. Si combatteva a 50 gradi sotto zero, molti miei compagni d?arme sono morti per il freddo, la fame e le malattie. Altri sono morti o dispersi in battaglie cruente. Eravamo al limite delle nostre forze. Fatto prigioniero dai russi, fui condotto in un lager insieme ad altri soldati. La nostra guerra in Russia, continua Mauro, ? stato uno scenario di morte e sofferenze. Dopo una settimana in treno arrivammo a Stalino. Da qui raggiungemmo il fiume Don dove erano accampate le nostre truppe e quelle tedesche. Era il mese di maggio e faceva tanto freddo. I russi attaccano e molti miei compagni muoiono. Un nostro improvviso attacco respinge il nemico e, per alcune settimane, ritorna la calma. A met? dicembre un?altra offensiva russa ed arriva l?ordine di ritirarci. Ci spostavamo su camion, slitte carri trainati da muli mentre infuriava una bufera di neve. Il cibo scarseggiava. I russi attaccano di nuovo: era il 24 dicembre, la vigilia di Natale, che non ho pi? dimenticato! Catturato dai russi mi strapparono i gradi da ufficiale e le mostrine del mio reggimento. Proseguiamo in fila sulla neve, tra indicibili sofferenze. A sera ci fermiamo presso un villaggio e chiediamo cibo. La gente del luogo si prodigava per darci un sostegno. Dopo sette giorni di marcia arriviamo ad una stazione dove erano ad attenderci vagoni vuoti. Ogni vagone si riemp? con 120 prigionieri italiani e tedeschi. Il viaggio continua tra sofferenze e stomaco vuoto. Dopo una lunga attesa ci concedono un pasto: una brodaglia che mangiamo avidamente! Il viaggio in treno, continua Mauro, si conclude il 10 gennaio 1943 nei pressi del campo di prigionia di Tamboy. I nostri alloggi sono isbe: grossi capannoni senza calore, n? luce elettrica e la fame ? sempre la nostra migliore amica. Molti muoiono per mancanza di cibo, altri per le malattie o il freddo intenso. Non so come io abbia resistito e superato tali sofferenze! I morti erano messi su slitte e gettati nelle fosse comuni. L?8 luglio 1946 ritornai a casa e, quando incontravo gli amici di giovent?, appena iniziavo a raccontare le mie disavventure nessuno era disposto ad ascoltarmi. Forse credevano che io raccontassi solo bugie! ?. Mauro scuote la testa rassegnato e decide di sospendere il suo racconto. Un racconto che ha dell?incredibile, una triste avventura che, dopo tanti anni, suscita ancora tanta meraviglia e sconforto.