Ruggero Marcello Alfei
Ruggero Alfei è nato a Roma nel 1922, dove ha frequentato gli ambienti artistici, fin da giovane, che lo porteranno a partecipare, nel 1945, a Cremona, con il pittore Baroschi ed il prof. Monteverdi, alla realizzazione di un “Centro Sperimentale d’Arte Drammatica”.
Nel 1948 prende servizio presso il Consolato Generale d’Italia in Nizza (Francia) dove vi rimane fino al 1983.
Nel 1954 avviene l’incontro con S. Vigny ed inizia a dipingere, avendo contatti con tutti i più noti pittori della Costa Azzurra, da Picasso a Saverini, da Hartung a Mnasourof, da Matisse a Chagall, da Clave a Campigli. Ha illustrato due poesie di Ignazio Navarra ed ha eseguito una toccante “Via Crucis” per la chiesa di Sesto Cremonese. E? membro della scuola di St. Paul de Vance e membro d’onore della “Biennale Azureénne” (Cannes).
Vittorina e Ruggero AlfeiRuggero Marcello Alfei. Un nome ben noto non solo in Italia, ma anche all’estero e soprattutto in quella Francia nella quale è vissuto per lunghissimi anni. È un romano che risiede a Cremona ma che ha eletto, ultimamente, anche Bellona a sua dimora. E a Bellona, immerso nel verde, in una quiete densa dei profumi e delle voci della natura, trova un ulteriore stimolo per la sua arte. Non è che Alfei dipinga nature morte o paesaggi. Il fatto è che l’immersioni in un mondo che richiama sensazioni ancestrali di serenità e d semplicità, gli permette maggiormente di ricercare dentro di se l’essenza dell’uomo, il senso profondo dell’esistenza. Non è certe un ragionare sull’esistenza stessa e sul fine della vita. Questo compito del filosofo. E invece un sentire che si trasforma il immagini essenzializzate, che colpiscono, che creano un’immediata consonanza di emozioni.
Il percorso artistico di Alfei, come quello di tanti altri grandi artisti, inizia da immagini realistiche ricche di fascino. Il sue interesse si focalizza poi sull’essenza dell’uomo e dalle sue open traspaiono il fascino del mistero che lo circonda ma anche il senso della solitudine infinita della condizione umana
L’opera di Alfei è dunque introspezione, ricerca dei significati profondi della vita, ricerca di una comunicazione fra gli uomini che l’artista avverte come difficile. L’accostamento di più figuri diventa così l’espressione del desiderio di una vicinanza, di ur conforto, di un affratellamento. Di un contatto che dia fiducia forza. Ma anche se vicine, il più delle volte rimangono psicologicamente distanti tra loro, quasi a denunciare la difficoltà di una piena reciproca comprensione. Tutto ciò è propriamente dell’uomo. E, dell’uomo, consapevolezza del valore della individualità e ricerca dell’altro sono grandezza e limite. Aleggia, nelle opere di Alfei “una presenza” così come egli stesso afferma citando un artista amico, e aggiungendo subito dopo, però, che un altro grande artista ha precisato: “Sì, ma una presenza sacrale”. E occorre dar ragione a questi artisti che hanno colto l’essenza della sua arte. C’è indubbiamente, nelle sue opere, la sacralità della persona umana, il senso del rispetto per l’uomo, il riconoscimento del valore dell’esistenza. Alfei non ama le grandi tele. Il motivo va senz’altro ricercato nei significati profondi che la sua pittura esprime. Il soggetto che domina nelle sue opere è l’uomo, con i suoi problemi, con le sue angosce, con il suo amore per la vita, l’uomo teso soprattutto ad una continua ricerca di sé stesso.Giuseppe Santabarbara
Critico d’arte
Alfei alla mostra Museo St. Paul de Vence
con Gouttin, Cini, Mancini, Michele Sapone e Verdet.Si avvale di una costante ricerca psicologica e tecnica la produzione artistica più che cinquantennale di Ruggero Marcello Alfei dedita allo studio amorevole della figura umana e al mistero emozionale in essa racchiuso.
Una forma semiastratta, quella della figura umana, intrisa di religiosità dove tutto si riporta a quel duplice rapporto sempre esistente tra materia e spirito, ma vissuto in chiave attuale. Un rapporto dualistico in cui restano segno e colore che bloccano o liberano l’opera a seconda degli stati emozionali rappresentati. Le figure allungate dei dipinti sono come imprigionate nella loro stessa materia o, meglio ancora, nel loro supporto, che, non sempre libero e aereo, soffre anch’esso uno stato di inquietudine in quanto manipolato, graffiato. Il segno quasi sempre denso definisce i contorni e li rende scultorei, pesanti, in forme quasi michelangiolesche. Il riferimento va anche in particolare ai “Prigioni” nel loro sforzo inteso a liberarsi dalla materia. Qui è il colore che, reso con una pennellata dinamica, fluisce anche al di là delle figure, liberandole dai loro stessi contorni.
Profondo conoscitore dell’uomo si dimostra Alfei, capace com’è attraverso l’arte di esprimerne i sentimenti e i desideri più intimi. Le figure appena abbozzate riportano all’erosione del tempo, mentre i flessuosi contorni dei corpi femminili richiamano la rigenerazione stessa dell’uomo, la maternità, il ciclo continuo della vita. I reticoli in cui sono avvolti alludono forse alle sfaccettature dell’animo umano di fronte alle quali solo un religioso silenzio può suscitare un alito vitale. Particolare attenzione pone quindi l’Artista all’uomo e alla materia, attraverso personaggi silenti che conducono a verità più profonde. Alcune figure emergono su sfondi più chiari: una visione di libertà, anche se i volti sono assorti pensosi. Emana dai dipinti una sorta di lirismo capace di catturare l’osservatore.
Il taglio scenico, il dinamismo del segno, la compostezza classica conferiscono alle opere di Alfei un carattere di drammaticità, di passionalità, di forza espressiva soprattutto per i tocchi di luce dei colori che emergono improvvisi dai toni grigi delle figure.Imma Brignoli
Storico dell’arte
Alfei con BurriSe si concepisce l’atto di dipingere come l’accettazione di un impegno definitivo e coraggioso, come l’accesso di una strada i cui orizzonti si indovinano ma, a mano a mano, sfuggono, se la gestazione di un’opera presuppone inevitabili avvicendamenti di gioie e abbattimenti di certezze e di dubbi: se si ammette poi che l’espressione pittorica è la più rigorosa e la più esigente. si capirà che Alfei, con la decisione di dipingere ha aperto il libro della sua vita. La scena ch’egli riscopre prospetta ai suoi occhi esperti il fascino e il sortilegio della lotta, le rinunce, gli insuccessi e le incomprensioni.
La pittura di Alfei è viva e appassionata; pur esprimendo la continuità della vita al di là delle felicità e dei cataclismi, è soprattutto la manifestazione d’una vittoria sincera e bella, quella dell’intelligenza e del lavoro sulla “routine” e la pusillanimità: è l’impegno dell’artista al di fuori dì ogni scuola e snobismo, verso i sacrifici dell’arte; è la donazione dello spirito sulle contingenze.Michel Gaudet
Alfei con Ernesto TreccaniVi è nell’Alfei una sorta di “poesia del colore” e di “colore della poesia”, quella stessa che si nasconde nella quotidianità e che si condensa nei rapporti tra simili, per cui l’umanità diviene, e a ragione, il vero perno dell’iconografia alfeiana.
Tiziana Cordani
A me non resta che riscontrare schiettezza di interiorità, originale e saldo processo introspettivo. modelli di chiarezza questi che ben si inseriscono nel gusto estetico e nella forza con cui Alfei ci sa descrivere la realtà oggettiva pur vestendola di quella metafisica universale che, in fondo, dopo tutto, costituisce l’assioma di ogni ragione.Oscar De Marchi
Alfei con Ladislav KjjnoLa presentazione di una restrospettiva storica, incontrata su carta e disegni, offre l’occasione di accostarci, anche se in modo sintetico, al vissuto artistico di un autore. Ruggero Alfei, che, a partire dagli anni ’60, ha rivolto la propria attenzione alla pittura, scoprendo In essa sempre nuove e immaginate suggestioni. Interessante, dunque, ripercorrere per tappe i graduali apporti e le diversificate tecniche che hanno condotto l’autore ad esprimersi nella sua piena maturità artistica. Il segno, in tale contesto, assume una funzione dominante e fors’anche prioritaria rispetto al colore che pure produce effetti sorprendenti. Già nelle prime opere appare spiccata la fisionomia del tratto: dalla massa di colore emerge, apparentemente esile, una tematica decisa e determinata che accompagnerà, con incredibile coerenza, tutta la produzione a venire figura umana. Essa sarà trattata come morbida argilla nelle mani del vasaio, sarà manipolata, focalizzata nei particolari del volto, nei volumi dei corpi, sarà tentata con tecniche diverse: l’acquerello, il cartoncino. Il feltro, la tempera e finanche il fumo della candela saranno strumenti di straordinaria resa pittorica. L’attenzione dell’artista si sofferma talora sul volto, generalmente un profilo, sfuggente ad ogni definizione fisionomica, tendente non all’astratto ma all’astrazione, frutto di un’intenzione che nulla ha a che vedere con la ricerca o lo studio anatomico. Le figure, pure immagini mentali, diventano simbolo di realtà interiore, condivisa o no, di una visione globale della realtà e dell’arte, di una dimensione psichica che non ha bisogno di sfondi paesaggistici. Esso è là. E non va raccontato. Di più ampio respiro è la produzione successiva, dove l’attenzione si rivolge con sempre maggior interesse al risultato plastico. Il soggetto diventa così un pretesto per il quadro, quasi un ricamo che si profila sul colore ” L’io cosciente, afferma infatti l’artista, agisce in funzione di un ordine plastico, teso a raggiungere l’armonia di forma e colore”. Le figure diventano immagini mentali e all’apparente staticità di esse si contrappone un forte dinamismo psicologico. Si delineano, così, due piani di lettura: l’uno contenutistico, introspettivo, rivelatore di una visibilità delle cose (l’opinione): l’altro esteriore, tecnico, creativo di strutture e volumiche, pur avvalendosi della materia, tende a superarla in funzione d un godimento puramente estetico. C’è una terzina di A. Machado che sembra attagliarsi perfettamente all’arte delle immagini
“Dai doppia luce al tuo verso
perché si legga di fronte
e di traverso”Rovesciando il processo immaginativo proprio della poesia (dall’idea all’immagine attraverso la parola) si ottiene un risultato analogo; partendo cioè dall’immagine si giunge, attraverso distinti piani di lettura, all’astrazione (sia essa estetica o concettuale). Nei disegni degli anni ’80, spesso realizzati con la biro, la materia acquista nuova forza: le masse corporee si accalcano o si snodano in una tensione volumetrica che le vuole accomunare ma non omogeneizzate. Sembrano simili eppure ciascuna possiede una individuale forza caratterizzante. Il filo che le lega, e che resta una costante nella produzione di Ruggero Alfei, è una visione dissacrante delle teorie precostituite, una fermezza nel rifiuto dei luoghi comuni e una certezza nelle capacità creative individuali dell’artista che è poi lo stile.
Marina Scialdone
Alfei con Picasso e Andrè Verdet a CannesArtista mediterraneo, ha fuso le urgenze cromatiche dell’astrattismo, condensazione di sensazioni e sentimenti, con l’esigenza di operare nella tradizione pittorica europea, italiana in particolare, cioè nell’ambito di quella cultura artistico-filosofica insita in lui e con la quale non ha mai voluto rompere.
L’anima dell’uomo viene scandagliata da Alfei con sconcertante profondità in un viaggio atemporale oltre la memoria teso alla determinazione di ogni aspetto universale; dal vortice scuro e tenebroso si addensano misteriose immagini soffuse di calda sensualità in un processo di condensazione materica dell’essenza mentale e delle sue proiezioni umane. L’immagine si carica così di una tattilità dalla densa concretezza sfilacciata in pennellate sussultanti e si ricompone in maglie avvolgenti che delineano figure nel buio silenzioso della vita.Carlo Roberto Sciascia
Conoscendo Alfei, si è quasi naturalmente sospinti ad affrontare un lungo viaggio introspettivo al centro di se stessi alla ricerca di una vita percorribile che, sicura, conduca là dove palpita il cuore dell’umanità. Un’umanità spesso disumana, contraddittoria, disillusa, e pure utopia necessaria, anche se assai poco probabile, imprescindibile per chiunque voglia dare senso nobile e compiuto alla propria erranza terrena. Nell’ambito di questo disagio esistenziale, fisiologicamente latente, trovano la loro genesi le figure-ombra che Alfei abilmente traccia nel suo bianco inquieto e capaci di rappresentare, al contempo, l’uomo ed il suo doppio, forza e dolcezza insieme espresse con raro equilibrio dialettico, che suscitano un appassionato coinvolgimento emotivo entro chi legge quei corpi “muti apparenti”, rivelatori, invece, di immense e perdute verità che guidano l’occhio, ma soprattutto il cuore tra le pieghe misteriose dell’animo umano.
Achille Meazzi
Mostre Personali
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1963 | Nizza – Galleria Montanti |
1964 | Cremona- Palazzo dell’Arte |
1965 | Lima (Perù)-Galleria Per onenì |
Nizza – Hotel Plaza | |
1966 | Cremona – Galleria “La Cornice” |
1967 | Antibes – Galleria D. Gould |
1968 | Beaulieu sur Mer – Cappella S. Maria de Olivo |
1969 | Vico Equense (NA) – Galleria “La Scogliera” |
1970 | Napoli – Galleria “La Lucema” |
1972 | Mantelieu -Villaggio dei Mestieri d’Arte di MaureVieil |
Cremona – Galle ria “Cremona Proposte” | |
1975 | Nizza – Aeroporto – Galleria “Au ciel d’Azur” |
1980 | St. Paul de Vence – Museo Municipale |
Caserta – Galleria “‘Il Segno” | |
1983 | Cremona- Galleria “Il Torrazzo” |
1984 | Cremona- Galleria “Il Poliedro” |
1985 | Piedimonte Matese (CE)-Ass. StoricaMedioVoltumo |
1986 | Caserta – Bottega S. Luca |
1989 | Cremona – Ass. Artisti Cremonesi |
1991 | Capua (CE) – Museo Campano |
1994 | Cremona – Gruppo Artistico Leonardo |
Bellona (CE) – Galleria “Arte Vineiguerra” | |
1995 | Cremona – Casa dei Minimi |
1996 | Sesto Cremonese – Presentazione Via Crucis donata alla locale Chiesa |
S.Potito Sannitico (CE) – “Le Quercete” | |
1997 | Cremona – Centro Culturale A.D.A.F.A. |
1999 | Capua (CE) – Museo Campano |
2000 | Cremona – Ass. Artisti Cremonesi |
2001 | Cremona – Spazio Aperto |
2002 | Bellona (CE) – Biblioteca Comunale |
2003 | Caserta – Centro Culturale Comunale “S.Agostino” |
2004 | Vitulazio (CE) – Casa Comunale |
Mostre Collettive
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1965 | St. Paul de Vence – Museo Municipale |
1967 | Nizza -Galleria “Des Ponchettes” |
1971 | Castelvolturno (CE) – La Sieste Hotel |
1975 | Cagnes sur Mer – L’Arte Sacra |
Nizza – Galleria ” De la Marine” | |
1987 | Cremona – Cupola Tamoil |
1991 | Cremona – 60″ Itas Stanga |
1995 | Cremona – Arte Sacra |
Cremona – Biennale | |
1996 | Giano Vetusto (CE) – Estate Gianese |
Bellona (CE) – Galleria “Arte Vinciguerra” |
Hanno recensito le sue mostre:
G. Beral – J. Calmes – M. Calabrese – G. Caressa – E. Fezzi – M. Gaudet – M. Ghilardi P. Girace – J.M. Gouttin – C. Guglielmi – M. Jabron – P. Lebar – L. Massiera – L. Nucera P. Ricciardi – R. Rousseau – E. Santoro – D. Treves – E. Maglia – T. Cordani – P. NegriHanno presentato le sue mostre:
G. Caressa – J.M. Gouttin – M. Gaudet – M. Scialdone – C.A. Sciasti a – O. De Marchi – G. Toninelli – I. Brignoli – G. Santabarbara