Biografia dei Martiri di Bellona
LE VITTIME DELL'ECCIDIO
1. Abbate Domenico , anni 27, padre passionista.
2. Addelio Ernesto , anni 18, agricoltore.
3. Antropoli Salvatore , anni 33, sacerdote.
4. Aurilio Secondino , anni 16, manovale.
5. Cafaro Benedetto , anni 43, operaio.
6. Cafaro Luigi , anni 23, agricoltore.
7. Carbone Vincenzo , anni 51, operaio.
8. Carusone Francesco , anni 12.
9. Carusone Giovanni , anni 28, agricoltore.
10. Carusone Secondino , anni 26, agricoltore.
11. Carusone Vincenzo , anni 16, agricoltore.
12. Costa Remo , anni 37, operaio.
13. De Filippo Ferdinando , anni 45, agricoltore.
14. De Filippo Michele , anni 20, agricoltore.
15. Della Cioppa Cesare , anni 30, sarto.
16. Della Cioppa Pasquale , anni 55, agricoltore.
17. Di Nuccio Giuseppe , anni 19, studente.
18. Esposito Ciro , anni 25, artigiano.
19. Esposito Giovanni , anni 29, artigiano.
20. Filaccio Antimo , anni 57, agricoltore.
21. Filaccio Gennaro , anni 15, studente passionista.
22. Fusco Antonio , anni 64, agricoltore.
23. Fusco Carlo , anni 18, studente.
24. Fusco Raffaele , anni 60, artigiano.
25. Giudicianni Angelo , anni 20, studente.
26. Giudicianni Giuseppe, anni 48, agente di sanità.
27. Giudicianni Giuseppe , anni 52, esercente.
28. Giudicianni Luigi , anni 23, passionista.
29. Liguori Giovanni , anni 54, esercente.
30. Limongi Alfonso , anni 20, studente.
31. Limongi Gaetano , anni 36, impiegato.
32. Limongi Giovanni , anni 32, sacerdote.
33. Limongi Pasquale , anni 33, farmacista.
34. Lo Prete Giuseppe , anni 27, militare.
35. Manco Raffaele , anni 21, operaio.
36. Materia Giuseppe , anni 53, funzionario.
37. Nardone Valentino , anni 15, manovale.
38. Patruno Nicola, anni 28, militare.
39. Perileri Michelangelo , anni 36, agricoltore.
40. Perrella Raffaele , anni 26, operaio.
41. Petriccione Lorenzo , anni 33, guardia penitenziaria.
42. Ronzino Vincenzo , anni 31, militare.
43. Rovelli Andrea , anni 67, sacerdote.
44. Rucco Luigi , anni 42, medico.
45. Rullo Armando , anni 19, operaio.
46. Russo Carlo , anni 35, operaio.
47. Simeone Ciro , anni 56, vigile urbano.
48. Tascione Nicola , anni 43, operaio.
49. Villano Francesco , anni 29, vice-brigadiere Carabinieri.
50. Ignoto – 51. Ignoto – 52. Ignoto – 53. Ignoto – 54, Ignoto .
Padre REMIGIO di S. Domenico al secolo Domenico Abbate di Pasquale, nato a Bellona il 14-1-1916.
Unico figlio maschio di una famiglia composta di 5 persone. Il padre provvedeva al sostentamento della famiglia con il salario che gli proveniva dal suo lavoro di «guardia giurata privata ».
Sin da fanciullo aveva avvertito il trasporto per la vita missionaria. Volle, quindi, vestire il saio della penitenza per dedicarsi alla predicazione della dottrina di Cristo. Entrò nel convento dei Padri Passionisti di Calvi Risorta, presso il cui ordine compì tutti gli studi.
Nel 1939, il 3 giugno, a soli 23 anni, ricevette la consacrazione a novello missionario. All'atto dell’ordinazione, assunse il nome di «Padre Remigio di S. Domenico ».
Dopo l'armistizio, preferì ritornare in seno alla famiglia. La mattina del sette ottobre fu prelevato dai militari nazisti nella sua casa natale e rinchiuso nella Cappella della Congrega di S. Michele Arcangelo, assieme a tutti gli altri catturati.
I suoi resti mortali sono custoditi nel «Mausoleo Ossario ».
Ernesto Addelio di Francesco, nato a Bellona il 2-12-1925.
Apparteneva ad una famiglia di coltivatori diretti. Ernesto, primo dei 9 figli, si sentiva già responsabile dell'azienda.
Verso la fine del mese di settembre del 1943, le Autorità militari tedesche obbligarono tutti gli occupanti le abitazioni in campagna ad abbandonarle e a portarsi nel centro abitato, cosa che anche la famiglia Addelio fu costretta a fare La mattina del 7 ottobre, i militari nazisti lo rinchiusero nella Cappella della Congrega di S. Michele Arcangelo e, lo accompagnarono sul luogo dell’eccidio.
I suoi resti mortali adesso sono custoditi nell'apposito loculo nel Mausoleo Ossario.
La famiglia Addelio può senz'altro essere elencata tra quelle più colpite dagli eventi bellici: la madre (che indiscrezioni dell'epoca la davano in attesa ancora di un altro bambino), con due figlie, peri sotto il bombardamento del 26 agosto.
Don Salvatore Antropoli di Michele, nato a Bellona il 18-3-1910.
Era il 3° figlio maschio di una famiglia composta da otto persone. Entrò nel Seminario Diocesano di Capua dove maturò la sua vocazione per la missione sacerdotale. Completò il corso di studi filosofici e teologici, presso il Seminario Pontificio di Posillipo in Napoli, ottenendo la consacrazione a novello sacerdote il 17-7-1936. Le Autorità Diocesane di Capua gli affidarono la parrocchia di S. Michele Arcangelo in S. Angelo in Formis, quindi in quella di S. Antonio di Padova .
Nel 1941 don Salvatore lasciò i suoi parrocchiani per insediarsi a capo della comunità ecclesiale di S. Martino in Brezza. Dopo l'armistizio dell’ otto settembre 1943 don Salvatore ritornò a Bellona tra l’affetto dei suoi familiari. La mattina del 7 ottobre del 1943 anche don Salvatore fu sacrificato dai soldati nazisti. I suoi resti mortali riposano in pace nel « Mausoleo ».
Secondino Aurilio fu Giovanni, nato a Bellona il 9-1-1927.
Ancora adolescente era rimasto orfano per la perdita del padre. Essendo l'unico maschio della famiglia, divenne il responsabile della stessa anche perché sua madre, era ammalata. Dimostrò la sua intelligenza facendosi apprezzare dalle persone adulte che lo stimavano. Il suo carattere, espansivo e socievole, lo rendeva sempre più affabile. Purtroppo anche Secondino finì tra le mani dei soldati tedeschi e la mattina del 7 ottobre fu
imprigionato nella Cappella della Congrega di S. Michele Arcangelo.
I resti di Secondino Aurilio sono custoditi nel loculo ad essi riservato nel Mausoleo Ossario.
Benedetto Cafaro fu Battista, nato a Pastorano il 13-9-1900.
Nulla sappiamo della sua gioventù, non avendola trascorsa in Bellona. Aveva sposato Carmela Scialdone da Bellona, dal cui matrimonio erano sopravvissute solo due bambine: Giovanna e Raffaella. Dedicava tutte le sue premure di padre e di marito affettuoso alla famiglia. Non siamo riusciti a conoscere la data del matrimonio perché i relativi registri andarono distrutti nell'incendio degli Uffici. Sosteneva la famiglia con molta dignità e decoro con il salario che percepiva quale dipendente del Pirotecnico di Capua. Avendo, il Cafaro, fissato la residenza della famiglia in Bellona, era costretto a raggiungere ogni mattina il posto di lavoro inforcando la bicicletta. Solo a questo modo poteva percorrere
la strada Bellona-Capua e viceversa non essendoci mezzi pubblici di trasporto.
Nel Pirotecnico, poi, godeva grande stima ed apprezzamento sia dai dirigenti che dai colleghi per l'impegno e serietà che metteva nel compiere il lavoro affidatogli. Anche nella sua vita di libero cittadino era ben voluto da tutti, essendo uomo pacifico e socievole. Era uscito incolume dal bombardamento aereo degli Anglo-Americani del 20 agosto, che la città di Capua ebbe a subire.
Schivò, invece, quello del 9 settembre perché ormai il Pirotecnico aveva cessato ogni attività. Non riuscì, però, a sottrarsi alla caccia spietata all'uomo, che i militari delle SS naziste effettuarono la mattina del 7 ottobre. Il Sig. Cafaro fu arrestato e condotto nella Cappella della Congrega di S. Michele Arcangelo.
Attualmente i suoi resti sono ancora custoditi nel locale Cimitero. Il loculo ad essi riservato nel Mausoleo Ossario reca solo inciso il suo nome e cognome. Ne è ipotizzabile se e quando vi potranno essere trasferiti.
Luigi Cafaro di Giuseppe, nato a Bellona il 12-5-1920.
Era il penultimo figlio di una famiglia di coltivatori, attività che avrebbe svolto se la sua giovane vita non fosse stata stroncata dalla nefasta rappresaglia nazista.
La famiglia si componeva di otto figli di cui sei sposati mentre Luigi e Gaetano erano ancora celibi.
Luigi era militare e si trovava in Alta Italia quando fu pubblicato l'armistizio, seguito dallo sfascio generale delle Istituzioni. Pur attraverso tante peripezie riuscì, comunque, a raggiungere la sua casa in località « Ferranzano ». Arrivato in famiglia era convinto che finalmente avrebbe potuto godersi un po' di tranquillità. Invece, un giorno, fra il 16 ed il 17 settembre, mentre consumava a tavola con i genitori il pasto di mezzogiorno, si presentarono 2 militari tedeschi, arma in pugno, e lo invitarono a seguirli. Fu rilasciato dopo alcune ore appena compiuto il lavoro affidatogli.
Alla fine del mese di settembre, la famiglia Cafaro ricevette l'ordine dalle Autorità militari tedesche di abbandonare la casa e di trasferirsi nel centro abitato. Poiché la casa dista dal fiume Volturno circa 150 metri, sulla strada che da Capua porta a Triflisco, si pensò che potesse essere rischioso rimanervi per l'imminenza della battaglia. Invece l'ordinanza di evacuare le abitazioni era estesa a tutte le case in campagna.
Secondo alcune notizie raccolte qua e là, Luigi si trovava nascosto nella cantina della casa della vedova Pozzuoli in piazza Umberto I. Perciò avrebbe fatto parte del gruppetto di uomini colà scoperti ed arrestati dai militari delle SS naziste la mattina del 7 ottobre, fra i quali anche il medico Rucco, genero della padrona di casa. Furono tutti imprigionati nella Cappella della Congrega di S. Michele Arcangelo.
I suoi resti, attualmente si trovano custoditi nel loculo ad essi riservato nel Mausoleo Ossario.
Vincenzo Carbone fu Pietro Paolo, nato a Capua il 26-7-1895.
Aveva partecipato alla Grande Guerra (1915 – 18), dimostrando sempre il suo coraggio di combattente e di grande attaccamento alla Patria.
Dopo la guerra aveva contratto matrimonio con la Sig.na Antonietta Boccia da Bellona, ove aveva anche fissato la nuova residenza. Non riportiamo la data del matrimonio perché ci è stata impossibile reperirla poiché i relativi registri risultano distrutti dall'incendio appiccato agli Uffici comunali dalle truppe tedesche in ritirata. Possiamo solo supporre che si fosse sposato in età non più tanto giovane essendo il primogenito nato nel 1926.
Dal matrimonio erano nati 3 figli (Pietro Paolo, Domenico e Gennaro) che amava con tanta tenerezza. Riscuoteva anche molta simpatia fra gli stessi Bellonesi, essendo di indole socievole e rispettosa.
Il Sig. Carbone sosteneva la famiglia con il salario che percepiva quale operaio specializzato del Pirotecnico di Capua. Per portarsi sul posto di lavoro era costretto a percorrere quotidianamente in bicicletta la strada Bellona-Capua, e viceversa, per mancanza, all'epoca di qualsiasi mezzo pubblico di trasporto. Nel Pirotecnico riceveva anche molta stima dai dirigenti e dai colleghi.
Se la cavò soltanto con tanto spavento quando il 21 luglio 1943 gli aerei Anglo-Americani bombardarono per la prima volta Capua. Si trovava, invece, a Bellona quando il 9 settembre i bombardieri alleati distrussero i ponti sul Volturno e danneggiarono buona parte di Capua.
La mattina del 7 ottobre, nonostante la sua età avanzata non riuscì ad impietosire i feroci militari nazisti. Fu trovato nel suo nascondiglio e rinchiuso nella Cappella della Congrega di S. Michele Arcangelo.
I suoi resti riposano nel loculo ad essi riservato nel Mausoleo Ossario.
Francesco Carusone di Pietro, nato a Bellona il 21-2-1931.
Apparteneva ad una numerosa e laboriosa famiglia di coltivatori diretti.
Sul finire del mese di settembre, le Autorità militari tedesche ordinarono l'evacuazione di tutte le case nelle campagne, trasferendoli nel centro abitato. L'abitazione della famiglia Carusone, in località « Masseria Vecchia » era a pochi metri dal fiume. La mattina del 7 ottobre 1943 Francesco era, con il fratello Giovanni ed altre persone, nascosto nella cantina della casa della vedova Pozzuoli, in piazza Umberto I° dai militari nazisti. Tra gli arrestati vi era anche il dott. Rucco, genero della padrona di casa.
Fu imprigionato nella Cappella della Congrega di S. Michele Arcangelo
dove i suoi resti riposano nel loculo ad essi riservato nel Mausoleo Ossario.
Giovanni Carusone di Pietro nato a Bellona 1'1-5-1915.
Apparteneva ad una numerosa e laboriosa famiglia di coltivatori diretti. Forse la medesima attività che avrebbe dovuto continuare a svolgere anche lui se la morte non avesse recisa la sua giovane vita. Era considerato da tutti un ottimo lavoratore. Giovanni si trovava in servizio militare, quando, l’otto settembre 1943, fu pubblicato l'armistizio che fece piombare l'Italia nel più profondo caos. Ciò nonostante, dopo molte vicissitudini per evitare la cattura e la deportazione in Germania, riuscì ad arrivare a casa. Raggiunto la famiglia era convinto che ormai tutto era da dimenticare. Purtroppo, dopo appena qualche giorno, dovette cominciare a nascondersi per non essere costretto dai soldati tedeschi a compiere qualche lavoro per loro.
Verso la fine del mese, le Autorità militari tedesche, nell’imminenza della battaglia sul Volturno, ordinarono l'evacuazione di tutte le abitazioni nelle campagne e di trasferirsi nel centro abitato. Anche la famiglia Carusone dovette abbandonare la propria casa in località “Masseria Vecchia” e rifugiarsi nel centro. Essa è ad un tiro di schioppo dal fiume.
Secondo alcune voci quella nefasta mattina del 7 ottobre, Giovanni, con il fratello Francesco ed altri, si trovava nascosto nella cantina della casa della vedova Pozzuoli in piazza Umberto I. Furono scoperti dai militari nazisti e furono arrestati tutti, compreso il genero della padrona di casa, il dott. Rucco. Secondo altre, invece, Giovanni fu arrestato, insieme al fratello Francesco, mentre entrambi trasferivano gli animali dalla masseria del Sig. Antonio Fusco (soprannominato `Ntonio o fattore) nell’immediata periferia del paese, ad altra stalla (verso il rione S. Marco) ritenuta più sicura dalle razzie.
Nell'uno come nell'altro caso, entrambi i fratelli, furono imprigionati nella Cappella della Congrega di S. Michele Arcangelo.
Attualmente i suoi resti mortali riposano definitivamente nel Mausoleo Ossario.
Secondino Carusone: fu Giuseppe, nato a Bellona il 7-4-1917.
Prestava servizio militare e ottenne il permesso per contrarre matrimonio. Infatti il 20-3-1941 sposò la giovane bellonese Maria Villano.Ambe due provenivano da una famiglia di coltivatori e costituirono una piccola azienda agricola. All’annunzio dell'armistizio Secondino si trovava nel Nord Italia. E fece ritorno a casa, dove lo aspettava in ansia la moglie con il piccolo Giuseppe di qualche anno.
Arrivato a casa, dopo qualche giorno, fu costretto a nascondersi per non essere catturato dai soldati tedeschi.
La mattina del 7 ottobre, Secondino con altri uomini era nascosto nella cantina della casa della vedova Pozzuoli, in piazza Umberto I dove fu scoperto ed arrestato con tutti gli altri dai militari nazisti che lo condussero nella Cappella della Congrega di S. Michele Arcangelo.
Attualmente i suoi resti mortali riposano in pace nel Mausoleo.
Vincenzo Carusone nato a Bellona il 2-1-1927.
Faceva parte di una numerosa e modestissima famiglia di lavoratori. Vincenzo era il secondo maschio di una serie di 8 figli. Fu catturato dai militari nazisti la mattina del 7 ottobre proprio e fu imprigionato nella Cappella della Congrega di S. Michele Arcangelo.
A nulla valsero le implorazioni delle donne per far desistere i militari dalla cattura del giovane.
Non siamo riusciti a conoscere il luogo dove furono tumulati i suoi resti: forse sono ancora custoditi nel locale Cimitero.
Remo Costa fu Ferdinando, nato a Capua il 10-5-1906.
Operaio del Pirotecnico di Capua.
L'idea di allontanarsi da Capua, gli era maturata probabilmente dopo il bombardamento aereo degli Anglo-Americani del 9 settembre 1943 che distrutto quasi tutta la città.
Si trovava a Bellona il 7 ottobre allorché i militari nazisti effettuarono la spietata caccia all'uomo. Non siamo riusciti a conoscere il luogo che detiene i suoi resti mortali.
Ferdinando De Filippo fu Antonio, nato a Capua il 21-11-1898.
Svolgeva l’attività di operaio. Non conosciamo quando si trasferì a Bellona, né la famiglia che l'abbia ospitato.
Forse, il suo allontanamento da Capua era stato deciso dopo il bombardamento aereo degli Alleati (Inglesi ed Americani) avvenuto del 9 settembre.
Fu catturato dai militari nazisti ed imprigionato nella Cappella della Congrega di S. Michele Arcangelo.
Il luogo che accoglie i dei suoi resti risulta sconosciuto.
Michele De Filippo di Antonio, nato a Bellona il 13-6-1923
Primogenito di una famiglia di lavoratori autonomi, Michele svolgeva l'attività di bracciante agricolo. Viveva con i genitori ed i fratelli.
La mattina del 7 ottobre 1943, nonostante tutti gli accorgimenti escogitati, non riuscì a sfuggire all'operazione di rappresaglia. Fu scoperto nel suo nascondiglio dai militari nazisti e condotto nella Cappella della Congrega di S. Michele Arcangelo.
Attualmente i suoi resti mortali riposano in un loculo del Mausoleo Ossario.
Cesare Della Cioppa fu Cesare, nato a Bellona il 4-4-1913. Con la sorella Anna era l'unico sostegno e conforto della madre (Gennara Tescione) rimasta vedova. Cesare aveva contratto matrimonio nel 1938 con Maria Russo da Vitulazio, e dall’unione nacquero 2 figli (Cesare e Gennara); il terzo (Giuseppe) nacque qualche mese dopo la sua morte. Sosteneva la famiglia svolgendo il mestiere di sarto.Chiamato alle armi, dovette interrompere l'attività e correre a servire la Patria. Combatté sul fronte iugoslavo dove riportò il congelamento degli arti inferiori per cui fu collocato in congedo. Riprese la sua attività di sarto reggendosi in piedi con l'aiuto di un bastone. Fu catturato dai militari nazisti e rinchiuso nella Cappella della Congrega di S. Michele Arcangelo. I suoi resti mortali sono tumulati nel locale Cimitero.
Dopo la scoperta dell'eccidio, l'amico Franco Valeriani raccontò di essere stato occasionalmente testimone occulto di un episodio di bassa incomprensione umana, proprio la mattina del 7 ottobre. Si trovava a casa sua e, protetto dagli scuri del balcone, osservò passare alcuni gruppi di cittadini che venivano
accompagnati al presunto luogo di lavoro. Stava passando il 30°, magari, il quarto gruppo quando la sua attenzione fu attratta da un increscioso episodio. Uno del gruppo che zoppicava fortemente e che si reggeva a malapena pur con l'ausilio del bastone, si fermò e si inchinò forse per allacciare le scarpe o per tirarse su i calzini. Uno dei militari di scorta, che lo aveva notato, gli
si avvicinò puntandogli contro l'arma, e gli sferrò un poderoso calcio, da farlo ruzzolare per terra. Un altro del gruppo, rendendosi conto delle difficoltà che incontrava il compagno di sventura a rialzarsi, corse in suo aiuto ed un militare tedesco lo colpì con il calcio del fucile imponendogli di entrare nel gruppo. Lo sventurato Della Cioppa, fu costretto a rimettersi in piedi da solo e riprendere il suo posto nel gruppo sempre spintonato con il mitra. Soltanto dopo e con calma l'amico Valeriani, guardando attentamente alcune fotografie delle vittime riconobbe i due soggetti dell'inumano episodio nelle persone: Cesare Della Cioppa, lo zoppo con il bastone; Raffaele Manco, il generoso soccorritore.
Pasquale Della Cioppa fu Giacomo, nato a Bellona l'1-2-1888.
Era da pochi anni rientrato dall'America del nord dove era emigrato. Aveva sposato in età avanzata, il 7-3-1932, Marta d'Alonza da Pastorano. Dal loro matrimonio nacquero 2 figli Maria e Giacomo. Coltivava un pezzetto di terreno che aveva acquistato con i risparmi messi da parte in America.
Il Della Cioppa, nonostante abitasse nella casa attigua a quella dove la sera precedente era avvenuto il triste episodio che aveva scatenato la rabbiosa ira vendicativa delle Autorità militari tedesche, nulla sapeva dell'accaduto. Si trovava nascosto altrove e la mattina del 7 ottobre aveva fatto ritorno a casa per rifornirsi di provviste e rendersi conto che nella casa tutto fosse a suo posto. Sorpreso dai militari nazisti che davano la caccia all'uomo, fu o ed imprigionato nella Cappella della Congrega di San Michele Arcangelo.
I suoi resti riposano nel Mausoleo Ossario.
Studente Giuseppe Di Nuccio di Gennaro, nato a Pomigliano d'Arco (NA) il 5-3-1924. Era il più piccolo dei due figli del Maresciallo dei Carabinieri in pensione Sig. Gennaro Di Nuccio. Giuseppe era un ragazzo molto intelligente e studioso e già l'anno successivo avrebbe dovuto conseguire il Diploma di Maturità Classica se la feroce belva nazista non ne avesse reciso la sua giovane età. Il peggioramento della situazione bellica italiana aveva consigliato alla famiglia Di Nuccio di allontanarsi da Pomigliano d'Arco, dove risiedeva. Aveva optato per Bellona, giudicata un centro tranquillo: vi risiedeva già la vedova Liguori, sorella della Sig.ra Di Nuccio e lo stesso Maresciallo ne era originario. La famiglia Di Nuccio si trovava in Bellona quando, la mattina del 7 ottobre 1943, i militari delle nazisti operarono il massiccio rastrellamento di cittadini con il pretesto di adibirli ad alcuni lavori. Anche il diciannovenne studente cadde nella rete e fu rinchiuso nella Cappella della Congrega di S. Michele Arcangelo. Attualmente non conosciamo con esattezza il luogo che tiene in custodia i suoi resti mortali. Sappiamo soltanto che il loculo destinato a riceverli nel Mausoleo reca solo inciso il suo nome e cognome. Probabilmente si trovano tumulati nella Cappella di famiglia nel Cimitero di Pomigliano d'Arco, dove si trasferì la famiglia poco dopo la liberazione. Da alcune ricerche fatte presso gli Uffici comunali di Bellona nulla siamo riusciti ad accertare in merito. Molti atti furono distrutti dall'incendio provocato, forse da alcuni vandali, il 19-1-1989; oppure sono andati smarriti nei trasferimenti di sede che gli Uffici medesimi hanno dovuto effettuare.
Ciro e Giovanni Esposito di Alfredo, nati a Napoli rispettivamente il 1918 ed il 1914. I fratelli Esposito (Ciro, Giovanni, Giuseppe e Luigi) dopo gli obblighi militari di leva, furono trattenuti alle armi, come gli altri giovani, per difendere la Patria in guerra. Alla data dell'armistizio, l'8-9-1943, gli Esposito si trovavano tre dislocati in varie città d'Italia ed il quarto in Francia.
La famiglia, avendo dovuto abbandonare Napoli per i continui bombardamenti aerei nemici, si era trasferita in Bellona dove trovò ospitalità in casa Cutillo in località S. Lorenzo. Ritornarono in famiglia: Ciro dalla Francia e Giovanni, dalla Calabria. Gli altri due, Giuseppe, di stanza a Bologna, catturato dai militari tedeschi e condotto prigioniero in Germania, mentre Luigi riuscì a riparare nelle file partigiane a Verona. Quando, le due famiglie, Cutillo ed Esposito, furono obbligate ad abbandonare la casa in località S. Lorenzo ed a trasferirsi nel centro abitato, occuparono la casa degli Anziani in Via 54 Martiri ex Via della Vittoria. Ciro e Giovanni non seguirono la famiglia ma restarono nella vecchia casa. La mattina del 7 ottobre, i due fratelli decisero di raggiungere la famiglia a Bellona. Giunti al Largo Santella, furono arrestati dai nazisti e condotti nella Cappella della Congrega di S. Michele Arcangelo. La salma di Ciro e quella di Giovanni furono tumulate nel vicino Cimitero di Vitulazio da dove, furono trasferite, nel 1950, in quello di Napoli.
Antimo Filaccio fu Gennaro, nato a Bellona il 26-7-1886.
Nel 1908 aveva sposato Giustina Antinolfi e dal loro matrimonio nacquero 4 figli. Antimo sosteneva la famiglia la sua attività artigianale di muratore.
La sua età, quasi sessantenne, non lo sottrasse alla massiccia retata di cittadini che i militari dei nazisti misero in atto la mattina del 7 ottobre. Il Filaccio fu catturato ed imprigionato nella Cappella di S. Michele Arcangelo.
I suoi resti mortali riposano nel Mausoleo Ossario.
Gennaro Filaccio di Giuseppe, studente Passionista, nato a Bellona il 22-4-1928.
Primo dei 3 figli di una famiglia di lavoratori. Il padre svolgeva il mestiere di muratore e con i proventi sosteneva, con dignità, la famiglia.
Gennaro, non ancora adolescente, volle cominciare a prepararsi alla vita monacale entrando nel convento dei Padri Passionisti di Calvi Risorta, presso il cui ordine iniziò la frequenza dei corsi di studi per i futuri missionari.
Dopo l'8 settembre, Gennaro ritornò a Bellona presso i familiari.
La mattina del 7 ottobre fu prelevato dai militari nazisti e rinchiuso nella Cappella di S. Michele Arcangelo, dove erano stati imprigionati anche gli zii Antimo e Secondino.
I resti mortali del quindicenne Missionario riposano nel Mausoleo Ossario.
Antonio Fusco fu Antonio, nato a Bellona l' l-8-1879.
Aveva partecipato alla Grande Guerra (1915-18). Nel 1910 si unì in matrimonio con Marta De Filippo da Bellona.
Dopo la fine della prima guerra mondiale emigrò in America del Nord con tutta la famiglia. Rientrò in Bellona con la moglie ed il figlio lasciando in America gli altri più grandi. Con i risparmi accumulati in America acquistò un podere in località « Colle », sul quale fece costruire la casa. Si dedicò alla famiglia ed alla coltivazione della piccola azienda. Nel 1930 morì sua moglie lasciandolo con il figlio di appena 10 anni.
Rimasto vedovo passò a nuove nozze. Il 2-7-1931 sposò Giovannina Maioriello da Castel di Sasso che gli diede un altro figlio che chiamò Michele.
La sua età di ultrasessantenne non riuscì a tenerlo fuori dal massiccio rastrellamento di cittadini che i militari nazisti effettuarono la mattina del 7 ottobre 1943. Fu imprigionato, nella Cappella della Congrega di S. Michele Arcangelo.
I suoi resti riposano nel Mausoleo dove furono trasferiti il 7-10-1995.
Studente Carlo Fusco di Lorenzo, nato a Bellona il 20-1-1925.
Era il penultimo maschio di 4 figli. La famiglia viveva dignitosamente con il frutto del proprio lavoro. I familiari coltivavano un piccolo appezzamento di terreno preso in fitto, mentre il padre svolgeva l'attività cosiddetta di «carrettiere », equivalente al piccolo trasportatore di oggi.
Il giovane Carlo sin dalla frequenza delle scuole Elementari aveva manifestato una grande propensione per gli studi. Purtroppo dovette frenarla per le precarie condizioni economiche della famiglia e per le difficoltà per raggiungere Capua, centro di studi più vicino. Riprese, però, gli studi dopo qualche anno di interruzione sottoponendosi a molti sacrifici. Nel periodo estivo, come in tutti gli altri giorni di vacanza a scuola, doveva aiutare i familiari nei lavori dei campi oppure andare in compagnia del padre. Praticamente per lo studente Carlo non esistevano mai né periodi di riposo né momenti di svago. Esisteva solo scuola e lavoro! Motivo per cui godeva la stima degli amici e di quanti lo conoscevano.
Come tutte le famiglie che abitavano in campagna, anche i Fusco dovettero abbandonare la loro abitazione in località « Colle » e ritirarsi nel centro abitato. Così avevano stabilito le Autorità militari tedesche con una loro ordinanza.
La mattina del 7 ottobre non riuscì a sottrarsi alla spietata caccia all'uomo messa in atto dai militari delle nazisti. Fu arrestato e condotto nella Cappella della Congrega di S. Michele Arcangelo. Adesso i suoi resti mortali si trovano custoditi definitivamente nel Mausoleo Ossario.
Raffaele Fusco fu Luca, nato a Bellona 11-3-1883.
Aveva contratto matrimonio con Antonietta Sorrentino, da Bellona, che lo rese padre ben 7 volte.
Era stato combattente della Grande Guerra (1915-18). comportandosi sempre da valoroso soldato. Chissà quante pallottole austriache era riuscito a schivare!
Sosteneva la famiglia esercitando il mestiere di « calzolaio ». Con i guadagni del suo lavoro sosteneva anche i figli agli studi.
Nonostante la sua età, sessant’anni, non riuscì ad evitare di essere catturato dai nazisti la mattine del 7 ottobre 1943. Come tutti fu imprigionato nella cappella della Congrega di S. Michele Arcangelo.
I suoi resti sono custoditi nel Mausoleo Ossario.
Ins. Angelo Giudicianni di Giuseppe, nato a Bellona l'll-11-1923.
Era il primo maschio dei 6 figli di una modesta famiglia di impiegati. Il padre era dipendente del Corpo di Sanità Marittima per cui era soggetto a continui trasferimenti anche con la famiglia. Ciò nonostante era riuscito a portare a termine i suoi studi. Aveva conseguito e con discreta votazione il Diploma di Abilitazione Magistrale.
Il neo Insegnante, sebbene ancora giovane, si presentava abbastanza serio e volenteroso. Per migliorare ancora il suo orizzonte culturale, si era iscritto al corso di Laurea della facoltà di Scienze Coloniali presso l'Istituto di Studi Orientali di Napoli. Laurea che non poté mai conseguire perché la sua giovane vita fu stroncata dalla rabbiosa vendetta nazista. La famiglia per meglio poter sfuggire ai disagi e pericoli della guerra si era trasferita da S. Maria C. V. a Bellona con la speranza di avere maggiore tranquillità. Si era portata invece nel paese natio dove due familiari, padre e figlio, avrebbero concluso la loro esistenza terrena, vittime della barbara rappresaglia nazista. La mattina del 7 ottobre 1943, Angelo fu arrestato assieme al padre dai militari nazisti. Furono entrambi imprigionati nella Cappella della Congrega di S. Michele Arcangelo. La sconsolata madre, Sig.ra Carmela Criscione, si trovò a dover sopportare il dolore della doppia perdita: quella del figlio e quella del marito.
Attualmente i suoi resti sono custoditi nel Mausoleo Ossario.
Giuseppe Giudicianni fu Luigi, nato a Bellona il 5-8-1891.
Aveva partecipato alla Grande Guerra (1915-18) nel corso della quale era stato ferito. Gestiva, in piazza Umberto I, un bar denominato « Caffè Diaz» in omaggio, al grande Generale che aveva condotto l'esercito italiano alla vittoria.
Il Giudicianni aveva contratto matrimonio con Giovannina Perfetto da Vitulazio, nel 1919, e dal matrimonio erano nati 5 figli.
La mattina del 7 ottobre 1943, nel corso del rastrellamento di cittadini per la feroce rappresaglia, fu catturato insieme al figlio « Passionista Fratel Gerardo » dai militari nazisti ed imprigionati entrambi nella Cappella della Congrega di S. Michele Arcangelo.
I loro resti sono tumulati nella Cappella di famiglia del locale Cimitero.
Fratel GERARDO religioso Passionista, al secolo Luigi Giudicianni di Giuseppe, nato a Bellona il 16-10-1920.
Primo figlio maschio di una famiglia composta da 7 persone. Il padre sosteneva dignitosamente la famiglia con una modestissima pensione quale invalido della Grande Guerra, ed il ricavato dalla gestione di un piccolo bar.
Luigi, sin dalla sua prima adolescenza fu attratto dalla vita di carità e di preghiera che conducevano i Padri Passionisti.
Entrò nel convento dei Padri Passionisti di Calvi Risorta. Abbandonò il suo nome di battesimo e scelse il nome da religioso in omaggio a S. Gerardo della Maiella.
Durante il periodo che seguì l' 8 settembre 1943, Fratel Gerardo preferì ritornare a Bellona, in seno alla famiglia. Era a casa sua, la mattina del 7 ottobre quando i nazisti lo prelevarono insieme al padre con il pretesto di condurli al lavoro. I loro resti mortali, sono custoditi nella cappella di famiglia nel locale Cimitero. Il loculo ad essi riservato nel Mausoleo Ossario risulta vuoto.
Cinque IGNOTI
Nel libro « I Martiri di Bellona », pubblicato nell'agosto del `44 dall'allora Comitato Cittadino Pro Erigendo Monumento, a pag. 36, si legge: « Attirano Francesco da Alessandria (Piemonte) – Mancano altri particolari ». Sopra si nota il riquadro in bianco riservato alla fotografia.
Abbiamo rilevato in seguito la totale scomparsa di questo nome, sia dall'elenco inciso alla base della stele, sia da ogni altro elenco successivamente pubblicato. Per cui le vittime ignote, da 4 che erano inizialmente, sono diventate 5. Il personale preposto all’identificazione delle salme giudicò alcuni indizi per l'attribuzione provvisoria di quel nome alla vittima.
E’stato impossibile stabilire dove furono catturati e tenuti prigionieri dai soldati tedeschi i 5 ignoti, né siamo riusciti ad individuare il luogo che custodisce i loro resti. I loculi nel Mausoleo rimarranno per sempre vuoti.
Giovanni Liguori fu Antonio, nato a Bellona il 24-11-1889.
Giovanissimo era emigrato in America del nord e ritornò dopo alcuni anni con un gruzzoletto che gli servì per sposarsi ed aprire un bar. Sposò Candida Cappabianca e dal matrimonio nacquero 4 figli. Sosteneva la famiglia con i proventi che gli venivano dalla gestione del bar che dai bellonesi era chiamato «Caffè Candidella ». La famiglia Liguori subì la perdita di due figli morti combattendo in Africa settentrionale durante la II guerra mondiale. I suoi resti sono custoditi nel Mausoleo Ossario.
Studente Alfonso Limongi fu Nicola, nato a Bellona il 13-10-1923.
Era l'ultimo dei 7 figli della famiglia. Il padre era dipendente dell'Esattoria e Tesoreria Comunale dell'allora Comune di Villa Volturno, con il cui stipendio
e la rendita di un piccolo appezzamento di terreno sosteneva dignitosamente la famiglia. Alfonso aveva un carattere abbastanza semplice e brioso per cui teneva sempre in allegria le comitive di amici che frequentava. Mai nessuno che disdegnasse la sua presenza. Tutti lo cercavano nelle comitive!
Frequentava il 4° anno presso l'Istituto Tecnico di Caserta, allorché fu costretto ad interrompere gli studi perché chiamato alle armi.
La pubblicazione dell'armistizio ed il conseguente sfascio generale delle Istituzioni lo sorpresero militare in Alta Italia. Attraverso mille peripezie, per sfuggire alla deportazione in Germania, riuscì a raggiungere Bellona. Appena arrivato in famiglia dovette cominciare a nascondersi per evitare di essere catturato dai soldati tedeschi ed essere obbligato a lavorare per loro.
Nonostante tutte le precauzioni adottate, però, non riuscì a schivare con i fratelli, Gaetano e Don Giovanni, la cattura dei militari nazisti la mattina del 7 ottobre 1943. Fu imprigionato con gli stessi fratelli nella Cappella della Congrega di S. Michele Arcangelo.
Adesso le sue spoglie mortali sono ancora tumulate nella Cappella di famiglia nel locale Cimitero. Il loculo che avrebbe dovuto già custodirle nel Mausoleo Ossario reca solo inciso il nome e cognome. N’è diagnosticabile se e quando le potrà accogliere. La famiglia Limongi, a nostro parere, può essere annoverata tra quelle maggiormente colpite dagli eventi bellici. Essa ha avuto 3 figli (Alfonso, Gaetano e Don Giovanni) trucidati fra le 54 vittime della crudele rappresaglia nazista; il penultimo (Vincenzo) Sottufficiale della Guardia di Finanza poté sottrarsi alla deportazione in Germania riparando in Svizzera; il capofamiglia peri la sera del giorno 15, durante uno dei tanti cannoneggiamenti a tappeto, a cui le artiglierie anglo-americane avevano sottoposto Bellona ed il suo territorio: era appena uscito dal ricovero per una boccata d'aria fresca quando una scheggia vagante lo freddò all'istante. Forse il fato gli volle risparmiare lo strazio di apprendere che 3 suoi figli erano stati uccisi, con altri 51 innocenti e pacifici cittadini dalla rabbiosa vendetta nazista. A tanto strazio sopravvisse, divorata dal suo dolore di sposa e di madre, la Sig.ra Caterina De Crescenzo, confortata dall'amore e dalle premure delle figlie (Matrona, Rosa e Maria) ed accarezzando la speranza che almeno Vincenzo si fosse potuto salvare, per riabbracciarlo presto.
Sac. Don Giovanni Limongi di Nicola, nato a Bellona il 9-11-1911.
Era il secondogenito di una famiglia di 9 persone. Sin dalla fanciullezza si sentì portato a vivere una vita di carità e di preghiera. Entrò, nel Seminario Diocesano di Capua dove compì i primi studi. Si trasferì, poi, nel Seminario Pontificio di Posillipo, in Napoli, per completare i corsi di studi filosofici e teologici. Ottenne la consacrazione a novello sacerdote il 2-8-1936.
Gli fu affidata la cura spirituale delle anime della parrocchia di S. Martino in Capua e fu insignito del titolo di « Canonico Benedettino ».
Don Giovanni per assolvere i compiti, di parroco e di canonico, era costretto a spostarsi quotidianamente da Bellona a Capua, inforcando una bicicletta in mancanza di altri mezzi di trasporto.
La mattina del 9 settembre fu sorpreso per la strada dal bombardamento aereo anglo-americano, che distrusse con i ponti sul Volturno e danneggiando gravemente la città di Capua. Fu costretto a sospendere le sue mansioni di parroco e di canonico perché le comunicazioni con Capua erano state interrotte.
La mattina del 7 ottobre, fu sorpreso dai militari nazisti in casa con i fratelli Gaetano ed Alfonso. Furono tutti e tre arrestati e condotti nella Cappella della Congrega di S. Michele Arcangelo.
I suoi resti, attualmente, sono ancora custoditi nella Cappella di famiglia nel cimitero di Bellona. Il loculo, ad essi riservato nel Mausoleo Ossario, reca soltanto incisi i loro nomi e cognomi. La famiglia Limongi può essere considerata una di quelle maggiormente segnata dagli orrori della guerra.
Gaetano Limongi fu Nicola, nato a Bellona il 20-8-1907.
Primo maschio di una famiglia di 7 figli. Il padre, Gaetano era dipendente dell'Esattoria e Tesoreria Comunale dell'allora Comune di Villa Volturno. Sosteneva con dignità la famiglia con lo stipendio che percepiva quale dipendente esattoriale più la rendita che gli fruttava un piccolo appezzamento di terreno. Gaetano, aveva ottenuto un impiego presso il locale Ufficio Postale. Impiego che fu costretto a lasciare, perché inquadrato nei reparti della difesa contraerea della M.V.S.N. (Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale). Il suo reparto fu preposto alla difesa contraerea di Capua. Uscito illeso dai continui bombardamenti subiti dalla città di Capua, ritornò a Bellona, e la mattina del 7 ottobre 1943 fu catturato dai nazisti insieme ai fratelli Don giovanni e Alfonso. I suoi resti sono custoditi nella cappella del locale cimitero. La famiglia Limongi può, essere elencata fra quelle più colpite dalla guerra: 3 figli, Gaetano, Don Giovanni ed Alfonso, fra le vittime della rappresaglia nazista; il penultimo figlio, Vincenzo, Sottufficiale della Guardia di Finanza poté sfuggire alla deportazione in Germania riparando in Svizzera; il capofamiglia fu freddato da una scheggia vagante appena fuori il suo ricovero la sera del 15 ottobre 1943. La sventurata vedova Caterina De Crescenzo, continuò la sua vita serbando nel cuore il profondo dolore per la perdita dei suoi cari.
Dott. Pasquale Limongi di Vincenzo, nato a Bellona l’11-8-1910.
Era rimasto orfano di madre che era bambino. Il padre, ancora giovane, contrasse nuovo matrimonio dal quale nacquero altri 4 figli.
Pasquale, pur vivendo in famiglia con il padre fu sostenuto agli studi principalmente dallo zio materno, Don Andrea Rovelli, Arciprete di Bellona.
All'Università optò per l'iscrizione al corso di studi « chimico-farmacologico » ottenendone il dottorato. Per ampliare ancora il suo sapere scientifico si iscrisse, poi, al corso di laurea della facoltà di Scienze naturali, senza poterlo mai completare perché chiamato alle armi.
Il novello farmacista, fu inquadrato nel Corpo Chimico della Sanità militare e con il grado di Sottotenente fu assegnato a prestare servizio presso l'Ospedale militare di Caserta.
Il Dott. Limongi, deciso a contrarre matrimonio, approntò il suo nido nuziale nella casa parrocchiale di suo zio l’Arciprete, con il quale aveva trascorso la sua infanzia.
Sposato con Pia Liguori, bellonese anche lei; morì, però, prima che avesse potuto assaporare la gioia di essere diventato padre.
La mattina del 7 ottobre 1943 fu prelevato nella casa parrocchiale, insieme a suo zio, dai militari nazisti.
Il simbolo della Croce Rossa che cingeva il braccio ad entrambi, non riuscì a risparmiar loro la cattura. Furono imprigionati nella Cappella della Congrega di S. Michele Arcangelo dove rinchiudevano tutti i cittadini catturati.
Attualmente il loculo riservato ad accogliere i suoi resti nel Mausoleo reca soltanto inciso il suo nome e cognome. Esso risulta vuoto e tale, forse, sarà destinato a rimanere per sempre.
Giuseppe Lo Prete nato a S. Maria di Catanzaro.
Non conosciamo la sua data di nascita. Sappiamo che era soldato della Sanità Militare e prestava servizio presso l'Ospedale militare di Caserta. Collaborava, come attendente, con il Sottotenente farmacista Dott. Pasquale Limongi da Bellona. Con lo sfascio delle Istituzioni dopo l'8 settembre 1943, non poté rientrare al suo paese natio. Questo il motivo per cui Lo Prete, la mattina del 7 ottobre 1943, si trovava in Bellona. Fu arrestato con il suo padrone di casa ed entrambi imprigionati nella Cappella della Congrega di S. Michele Arcangelo.
Secondo alcune notizie dell'epoca, si sarebbe autoinserito nel primo gruppo per stare insieme all'unica persona che conosceva: il Dott. Limongi.
Attualmente nessuno sa indicare dove si trovano i suoi resti mortali. E' certo soltanto che il loculo che li dovrebbe contenere nel Mausoleo Ossario, reca solo il suo nome e cognome. Nè si può immaginare se e quando li potrà accogliere.
Agli atti negli Uffici del Comune di Bellona non risulta mai pervenuta o rilasciata alcuna autorizzazione di trasferimento. A meno che non sia andata distrutta nell'incendio che l'Ufficio ebbe a subire il 19-1-1989, oppure sia stata smarrita durante i traslochi dell'Ufficio medesimo.
Raffaele Manco fu Raffaele nato a Bellona il 6-11-1922.
Era l'ultimo nato della famiglia Manco. Giovane affezionato e pieno di brio oltre ad essere un lavoratore intelligente e volenteroso. Prestava servizio militare allorché con la fidanzata Vera Di Nuccio, decise di sposarsi solo legalmente, salvo poi a festeggiare in tempi migliori la loro unione con il rituale banchetto nuziale e la presenza di parenti ed amici. Questo tipo di matrimonio, solo legale, era diventato comune per i giovani soldati, perché, oltre alle agevolazioni di carattere familiare, la moglie godeva di un sussidio in danaro. Dopo la pubblicazione dell'armistizio, 8 settembre 1943, il Manco riuscì ad arrivare a Bellona accarezzando, sicuramente, anche la speranza di poter mettere fine alla sua anomala posizione coniugale. Invece, dovette nascondersi per sottrarsi alla cattura ma, nonostante le precauzioni escogitate, non riuscì a sfuggire al rastrellamento di cittadini, messo in atto dai militari nazisti la mattina del 7 ottobre 1943. Fu arrestato e condotto prigioniero nella Cappella della Congrega di S. Michele Arcangelo. I suoi resti dal 7-10-1978 riposano definitivamente in pace nel Mausoleo Ossario.
Dott. Giuseppe Materia fu Nunzio, nato a Domenico Vittorio (ME) il 31-10-1890.Il Comitato Cittadino Pro Erigendo Monumento, nel libro I Martiri di Bellona lo descrive: «Ricevitore del Registro e Bollo della Città di Capua. Cittadino di belle qualità morali ». Pare, comunque, che il Dott. Materia nella sua attività di funzionario delle II.DD. (Imposte Dirette) abbia sempre avuto un comportamento irreprensibile. Nei rapporti con il pubblico sembra che si fosse sempre dimostrato abbastanza umano e comprensivo: mai che sia sceso a compromessi che ne avrebbero leso la sua dignità.
Altre notizie non siamo riusciti a raccoglierne, essendosi trasferito a Bellona, pare, nei momenti di maggiore caos: dopo l'8 settembre. Né abbiamo potuto accertare chi lo avesse ospitato. La mattina del 7 ottobre 1943 il Dott. Materia incappò nella spietata caccia all'uomo operata dai militari nazisti. Fu rinchiuso nella Cappella della Congrega di S. Michele Arcangelo, prescelta dalle Autorità militari tedesche come momentanea prigione.
Ignoriamo completamente il luogo dove ora riposano i suoi resti.
Valentino Nardone di Giuseppe, nato a Bellona il 14-2-1928
Era l'ultimo dei 7 figli che componevano una modesta famiglia di lavoratori. Sin dalla giovane età invece di divertirsi come tanti altri adolescenti preferì lavorare per aiutare la sua famiglia. Iniziò come bracciante agricolo e come manovale. Nonostante tutti gli accorgimenti predisposti non riuscì ad evitare la cattura.
La mattina del 7 ottobre 1943, i militari nazisti lo arrestarono sorprendendolo ancora a letto. Fu rinchiuso nella Cappella della Congrega di S. Michele Arcangelo.
Attualmente i suoi resti dal 7-10-1989, riposano nel Mausoleo Ossario.
Michelangelo Perileri di Andrea nato a Bellona il 18.9.1907.
Era il Primo maschio di una famiglia di coltivatori diretti formata da 4 figli. Michelangelo, pur essendo portatore di handicap, era « sordo-muto »; svolgeva il mestiere di agricoltore. Il suo handicap lo aveva fatto esonerare dall'obbligo del servizio militare. Se la menomazione aveva consentito quanto anzidetto, la stessa non valse a farlo escludere dal rastrellamento di cittadini che i militari nazisti avevano messo in atto la mattina del 7 Ottobre 1943. Infatti, pur avendo adottato diversi accorgimenti, fu arrestato ed imprigionato nella Cappella della Congrega di S. Michele Arcangelo.
Adesso i resti sono custoditi nel Mausoleo Ossario.
Raffaele Perrella di Giovanni.
Nonostante era fisicamente menomato, lavorava presso il Pirotecnico di Capua. Non abbiamo notizia di dove sia nato né quando. Quasi certamente si era portato a Bellona durante il periodo di massima confusione, dopo il 9 settembre1943, quando gli Inglesi e gli Americani bombardarono i ponti sul fiumeVolturno, distruggendo la metà della Città di Capua.
La mattina del 7 ottobre 1943, si trovava a Bellona quando i militari nazisti operarono il grande rastrellamento di cittadini, per appagare la loro sete di vendetta. Fu arrestato e condotto nella Cappella della Congrega di S. Michele Arcangelo. Attualmente non conosciamo il luogo dove riposano i suoi resti. Sappiamo con certezza soltanto che il loculo ad essi riservato nel Mausoleo Ossario è tuttora vuoto pur recando inciso il suo nome e cognome.
Negli atti del Comune di Bellona non abbiamo trovato alcuna traccia di richiesta o di autorizzazione di trasferimento: Si suppone che la documentazione inerente il Perrella sia stata distrutta durante la confusione del periodo bellico oltre all'incendio che l'Ufficio ebbe a subire il 19-1-1989.
Lorenzo Petriccione di Donato, nato a S. Angelo in Formis (fraz. di Capua) il 29-11-1910.
Dopo aver fatto il servizio militare, era in attesa di essere arruolato nel Corpo delle Guardie Carcerarie. Nel frattempo aveva aperto il salone di barbiere, mestiere che aveva imparato da ragazzo. Attività che abbandonò non appena ebbe la chiamata per essere inquadrato nel Corpo delle Guardie Carcerarie.
Aveva contratto matrimonio con la bellonese Gabriella Caputo, che gli dette la gioia di essere padre, regalandogli una bella bambina.
Poiché la situazione militare italiana peggiorava sempre più, con Capua continuamente sotto la minaccia di essere bombardata e con lo sfascio generale delle Istituzioni si ritirò con la sua famiglia a Bellona. Nonostante tutti gli accorgimenti giudicati idonei a preservarlo dalla cattura dei soldati tedeschi, incappò lo stesso nel massiccio rastrellamento di cittadini la mattina del 7 ottobre 1943. I militari nazisti lo arrestarono mentre consumava a casa la prima colazione e lo rinchiusero nella Cappella della Congrega di S. Michele Arcangelo. I suoi resti sono custoditi nel Mausoleo Ossario.
Nicola Patruno da Bari.
L'unica fonte, dove si è potuto attingere notizie è stato il libro « I Martiri di Bellona » curato dall'allora Comitato Cittadino Pro Erigendo Monumento. Era un sottufficiale del R. Esercito. Con lo sfascio generale delle Istituzioni cercò di raggiungere il suo paese però non avendo potuto attraversare le linee tedesche si soffermò a Bellona.
Sicuramente la mattina del 7 ottobre 1943 fu scovato in qualche nascondiglio dai militari nazisti nel corso del grande rastrellamento di cittadini. Fu arrestato e probabilmente rinchiuso nella Cappella della Congrega di S. Michele Arcangelo. Attualmente è anche problematico poter stabilire il luogo dove si trovano custoditi i suoi resti. Di certo sappiamo che il loculo che li avrebbe dovuti accogliere nel Mausoleo, pur recando già inciso il suo nome e cognome, è tuttavia vuoto.
Vincenzo Ronzino fu Nicola, nato a S. Margherita di Savoia (Foggia) il 12-5-1912. Era Sottufficiale dell'Aeronautica militare Italiana. Probabilmente prestava servizio presso il campo di aviazione di Capua, per aver potuto fissare la residenza nel Comune di Vitulazio in via Viale Italia. Pare che fosse ancora celibe e vivesse con la madre Carmela Lopizzo. Nonostante tutti i nostri sforzi non siamo riusciti a stabilire come il Ronzino sia potuto capitare fra le 54 vittime dell'eccidio. Forse il 7 ottobre 1943 si trovava nascosto in casa di qualche amico a Bellona, ove fu arrestato dai militari nazisti nell'ambito della caccia spietata all'uomo per consumare la vendetta; oppure faceva parte del gruppo delle 4 persone uccise e che non erano state prelevate dalla Cappella. Entrambe le ipotesi possono essere valide perché né per il Ronzino né per gli altri sacrificati si è mai potuto stabilire in quale gruppo di vittime fossero stati inquadrati dai militari tedeschi per essere condotti all'eccidio. L'unica certezza resta comunque che fu trucidato tra le 54 vittime della crudele rappresaglia ordinata dalle Autorità militari tedesche. Attualmente i suoi resti, sono definitivamente custoditi nel Sacrario Militare di Mignano Montelungo. Vi furono trasferiti il 26-10-1960 dal Cimitero di Vitulazio ove erano stati sepolti. Quindi il loculo ad essi riservato nel Mausoleo, pur recando inciso il suo nome e cognome, è destinato a rimanere vuoto per sempre.
Sac. don Andrea Rovelli nato a Bellona il 16 agosto1876, parroco della Parrocchia di S. Secondino, in Bellona, con il titolo di Arciprete e Vicario Foraneo della Diocesi di Capua.
Don Andrea era di umili origini. Primo maschio della famiglia, composta di 4 figli. Era ancora adolescente quando sentì germogliare la vocazione per la vita ecclesiale. Dopo aver frequentato i corsi di studi, ricevette la consacrazione sacerdotale il 2 agosto 1903.
Nel 1907 gli fu affidato, dalle Autorità Diocesane, il beneficio della Cappellania di Maria SS. delle Grazie, in Bellona, con le mansioni di vice parroco. Nel 1909 vinse il concorso a parroco della parrocchia di S. Maria ad Rotam Montium, in Leporano. Dopo circa 13 anni di permanenza fra i cittadini di Leporano, giunse il momento del distacco per il trasferimento in altra parrocchia. Fu insediò a capo della parrocchia di S. Secondino in Bellona. Nel 1923, Don Andrea Rovelli era risultato vincitore del concorso a parroco della parrocchia di S. Secondino, in Bellona.
Sotto la guida spirituale di Don Andrea fiorirono in Bellona molte vocazioni religiose: nuovi sacerdoti, monaci missionari, suore ecc.. Il nuovo parroco costituì, in Bellona, il nucleo giovanile di Azione Cattolica, si adoperò per la ristrutturazione e pavimentazione della Chiesa Madre. La mattina del 7 ottobre 1943, Don Andrea fu prelevato dai militari nazisti nella Chiesa Madre mentre era assorto nelle sue preghiere mattutine. Il parroco Rovelli e gli altri parroci e religiosi, raccolti nella cappella di S. Michele insieme a tanti altri bellonesi, furono inquadrati nella prima decina che dava inizio all’eccidio. I resti dell'Arciprete Don Andrea Rovelli, attualmente riposano nell'apposito loculo del Mausoleo Ossario 54 Martiri.
Dott. Luigi Rucco di Giuliano, nato a Nocelleto (fraz. di Carinola) il 12-11-1901.
Della sua vita giovanile nulla ci è dato conoscere avendo avuto i natali in altro paese. Dalle brevi notizie riportate nel libro « I Martiri di Bellona », sappiamo che era: «Medico Chirurgo – Ufficiale Sanitario, già interno della Clinica medica di Napoli. Medico Poderi Opera Nazionale Combattenti – Medico Condotto di S. Maria La Fossa – Delegato della Croce Rossa Italiana – Cittadino e padre affettuoso». Nel 1932 aveva sposato Clara Pozzuoli, da Bellona, il cui matrimonio fu allietato dalla nascita di due bambini: Maria e Giulio. Aggravandosi la situazione militare dell'Italia, il Dott. Rucco ritenne opportuno trasferire la famiglia a Bellona nella casa della suocera Antonietta De Marco, rimasta vedova, anche per tranquillizzare la moglie che si mostrava assai preoccupata per la madre anziana e sola in quei momenti così violenti.
Stando alle voci dell'epoca, la mattina del 7 ottobre 1943, quando i militari nazisti bussarono al portone di casa della suocera, il Dottore sarebbe andato personalmente ad aprire. Era persuaso che i soldati tedeschi cercassero solamente uomini in grado di compiere un certo tipo di lavoro, come già verificatosi altre volte. Perciò si riteneva escluso dal reclutamento coatto perché, quale medico, portava al braccio la fascia della Croce Rossa, simbolo di assoluto rispetto anche in tempi di guerra. Senonché la tracotanza delle famigerate forze naziste non ebbe alcun riguardo neppure per il simbolo internazionale riconosciuto da tutte le Nazioni.
Lo arrestarono assieme al gruppetto di cittadini che si trovavano nascosti nella cantina sottostante. Fu rinchiuso, con tutto il gruppo, nella Cappella della Congrega di S. Michele Arcangelo.
Attualmente il loculo destinato a custodire i suoi resti, nel Mausoleo Ossario, reca solo inciso il suo nome e cognome, senza la stella indicativa dell’occupazione del posto.
Armando Rullo di Nicola, da Napoli, di anni 19.
E' tutto quello che sappiamo di questo giovane. Non sappiamo perché si trovava a Bellona e da chi era ospitato. Probabilmente si era rifugiato a Bellona di un luogo più tranquillo della sua Napoli. La mattina del 7 ottobre 1943, fu arrestato, dai militari nazisti,e condotto nella Cappella della Congrega di S. Michele Arcangelo. I resti del rullo non sappiamo dove sono custoditi per cui il loculo a loro riservato, presso il Mausoleo – Ossario di Bellona quasi certamente, resterà per sempre vuoto.
Carlo Russo fu Nicola, nato a Vitulazio il 2-5-1905.
Non aveva contratto matrimonio forse a causa della sua vistosa menomazione fisica. Conviveva, in Vitulazio, con la sorella Carmela sposata Altieri. Costei si trasferì a Bellona, paese di origine del marito, in seguito ad un bombardamento aereo che le aveva distrutto la casa. Si trovava a Bellona la mattina del 7 ottobre1943, quando i militari nazisti misero in atto la spietata caccia all'uomo. Lo catturarono e lo rinchiusero nella Cappella della Congrega di S. Michele Arcangelo.
I suoi resti mortali, sono custoditi nel Mausoleo Ossario. Furono trasferiti il I ottobre del 1976 dal Cimitero di Vitulazio. Sul conto del Russo si racconta che trovandosi di fronte al plotone di esecuzione avrebbe avuto un comportamento sprezzante e provocatorio, insultando l’avvocato Michele Pozzuoli presente all’esecuzione e, i suoi crudeli assassini. Al momento dell’esecuzione, si sarebbe gettato nella cava. I soldati tedeschi lo avrebbero finito a colpi di mitra.
Ciro Simeone fu Ferdinando, nato a Capua il 15-8-1887.
Il Comitato Cittadino Pro Erigendo Monumento che nel 1944 diede alle stampe il libro «I Martiri di Bellona », con la fotografia e le generalità, riporta: «Agente Municipale al Comune di Capua ». Purtroppo, ad oltre 50 anni dall'eccidio ed essendo forestiero, ci è stato impossibile acquisire altre notizie. Perciò non possiamo neppure stabilire quando si fosse trasferito a Bellona
né presso quale famiglia abbia trovato rifugio. Quasi certamente possiamo affermare che si sia portato a Bellona nel periodo di maggiore confusione, ossia dopo l'8 settembre. Comunque il Simeone facilmente si trovava a Bellona la
mattina del 7 ottobre allorché i militari delle SS naziste iniziarono la feroce caccia all'uomo per offrirlo in sacrificio alla dea vendetta. Fu arrestato e rinchiuso nella Cappella della Congrega di S. Michele Arcangelo. Attualmente di certo sappiamo che il loculo riservato ad accogliere i suoi resti mortali nel Mausoleo, risulta vuoto pur recando inciso il suo nome e cognome. Forse sarà destinato a non custodirli mai, perché non siamo riusciti neppure ad individuare il luogo che tuttora li detiene. Nemmeno tra gli atti del Comune di Bellona abbiamo potuto rintracciare eventuale richiesta o rilascio di autorizzazione al
trasferimento altrove. Forse sarà stata distrutta dall'incendio che gli Uffici stessi subirono il 19-1-1989, o magari sia andata smarrita nel corso dei traslochi degli Uffici medesimi.
Nicola Tascione fu Francesco, nato a Bellona il 3-2-1900.
Si unì in matrimonio con Rosa Di Monaco, da Bellona. Il Tascione svolgeva l’attività di operaio presso il Pirotecnico dell'esercito di Capua. Era benvoluto dai dirigenti e dai colleghi per il suo carattere socevole.
Si trovava, a Bellona durante il 9 settembre1943 quando i bombardieri anglo-americani distrussero i ponti sul Volturno.
La mattina del 7 ottobre 1943, fu catturato nel suo nascondiglio dai militari nazisti e condotto nella Cappella della Congrega di S. Michele Arcangelo. I suoi resti mortali riposano nel Mausoleo Ossario.
Francesco Villano di Pietro, nato a Bellona il 6-4-1914.
Era il primo di 4 figli. Si era arruolato nella Benemerita Arma dei Carabinieri, da cui si era poi dimesso per un momentaneo smarrimento giovanile. Appassionato di musica, dopo il congedo, iniziò lo studio di questa nobile arte. Era dotato di un forte e robusto timbro di voce, per cui avrebbe voluto intraprendere la carriera di cantante lirico. Non riuscì ad appagare questa nuova aspirazione perché fu invitato a frequentare il corso per Sottufficiale dei Carabinieri. Invito che egli accettò e al termine del corso fu promosso vice brigadiere. Il 30-3-1940 sposò Marianna Della Cioppa e dall’unione nacque un bimbo a cui fu imposto il nome di Pietro in omaggio al nonno paterno. Nel giorno dell’ armistizio, 8 settembre 1943 prestava servizio presso la Stazione dei Carabinieri di Aquino (FR). Ritornato a Bellona fu testimone delle razzie degli animali che i tedeschi praticavano nelle campagne circostanti.
Verso la fine del mese di settembre 1943 le autorità militari tedesche ordinarono alla famiglia Villano di abbandonare la casa di campagna e ritirarsi in paese. Francesco Villano era nascosto nella cantina della casa della vedova Pozzuoli, in piazza Umberto I, ove fu catturato insieme ad altri. Fu rinchiuso, con gli altri, nella Cappella della Congrega di S. Michele Arcangelo.
I suoi resti mortali sono custoditi nel Mausoleo Ossario.