Bellona Ieri ed oggi – Cap. primo
“Per far si che i nostri visitatori potessero leggere il libro scritto da Franco Valeriani: “Bellona ieri ed oggi”, pubblichiamo, ogni giorno, un capitolo. (F.Falco)
Questa mia modesta cronistoria ? un omaggio a Bellona, la cittadina in provincia di Caserta dove la mia famiglia si trasfer? perch? mia madre vinse il concorso di Ostetrica Condotta del Comune. Avevo undici anni e, dal 1942, ho trascorso in questo ridente paese i pi? bei anni della mia vita. Nel 1961 raggiunsi, con mia madre, mio padre e mio fratello residenti in America del Nord.
La mia permanenza in terra straniera si protrasse per ben tredici anni durante i quali serbai nel cuore il ricordo di Bellona, il paese dove nacquero le prime amicizie, il primo amore; il paese che diede i natali alla madre dei miei figlioli; il paese dove decisi, nel 1974, di ritornare e dove tuttora risiedo.
Oggi Bellona ? una cittadina che il progresso ha completamente tra-sformato, una cittadina che non ha nulla da invidiare a quelle del circondario e che, per le continue innovazioni, desterebbe meraviglia ai bellonesi di tanti anni fa.
Andando a ritroso negli anni apprendiamo che nel 1766 la popolazione di Bellona era di 1265 abitanti e nel 1800 era di 1.430. Dopo il censimento del 1901 la popolazione bellonese risultava di 3.216 abitanti. Oggi, nell’anno 2005, gli abitanti sono 5.105.
Bellona ? a 77 metri sul livello del mare e confina a Nord con il Colle S. Croce (m 170), a Nord-Est con il Monte Castellone (m 328), ad Est con il Monte Grande (m 372) e con il Monte Rageto (m 291), a Sud con la piana del fiume Volturno.
Da documenti relativi all’antica toponomastica del luogo risulta l’esistenza, nel territorio bellonese, di almeno due templi romani. Il primo,
ai,,r) valeriani dedicato a Mercurio, era in una zona a Nord del paese, ai piedi del Monte Grande, nota con il nome di Merculone. In tale zona si rinvengono, tuttora, numerosi tasselli di mosaico che testimoniano la presenza di un edificio. Il secondo tempio, dedicato alla dea della guerra Bellona, che ha dato il nome al paese, risultava localizzato in contrada Casale. Il tempio, di forma circolare del diametro di cinque metri, conteneva solo la statua della dea, mentre nello spazio esterno, si ergeva l’altare intorno al quale sostava il popolo per assistere ai sacrifici. Secondo lo storico Iannelli, a Bellona un altro tempio era dedicato a Giove, padre degli d?i e lo si deduceva,da una lapide votiva, fissata su una parete esterna della casa arcipretale, dove si leggeva: “Al grande Giove dio massimo, Giulio Vario Agrippino scioglieva un voto”.
Bellona fu uno dei 36 casali di Capua ed ebbe in comune con questa il governo. la storia e privilegi fino all’8 agosto 1806 quando divenne Comune separato. Oggi ? Municipio ed ha come stemma la torre dell’orologio e l’immagine della dea della guerra che, in piedi su di una biga, incita alla corsa due focosi destrieri.
Per la parte ecclesiastica. Bellona ? Arcipretura nell’Arcidiocesi di Capua. Sulla collina Palombara. nei pressi di Triflisco (frazione di Bellona), a Sud-Est del Monte Rageto. nell’anno 817 il conte capuano Landolfo I innalz? un edificio fortificato accanto al quale sorsero il palazzo del vescovo e la chiesa. circondati da abitazioni costruite in legno. La nuova citt? fu chiamata Sicopoli in onore di Sicone principe longobardo di Benevento al quale la contea di Capua era soggetta.
In questa citt? si rifugiarono nell’841 i capuani perseguitati dai saraceni
E vi restarono fino all’anno 856 quando, a causa di un incendio di vaste proporzioni. furono costretti a fuggire e fondarono la nuova Capua nell’antica Casilino. Dell’antica Sicopoli oggi resta solo una torre diruta, frammenti di colonne, capitelli e qualche resto delle mura. Con il trascorrere del tempo il nome Sicopoli fu del tutto dimenticato; rimase il nome tradizionale di Palombara, forse per i numerosi “palombi” che col? nidificavano.
I regnanti che governarono Sicopoli furono: Landolfo dall’840 all’842
e Landone, suo figlio, dall’agosto 842 al maggio 856. Inoltre necessita ricordare ci? che scrisse lo studioso di numismatica campana Francesco Daniele in un suo trattato: “Sul colle Palombara fu rinvenuta una iscrizione di un nobile romano a perpetua memoria della salute da lui recuperata per aver bevuto le acque del luogo”. Le acque del luogo sono quelle che tuttora sgorgano nella vicina Triflisco e sono state sempre salutari tanto agli uomini che agli animali in genere (in particolare ai cavalli lasciati dai proprietari nei “Savoni” per bagni ristoratori). In un volume dal titolo “La Miniera del Mondo” si legge che esse erano dette “acque della giovent?, perch? chi di esse beve… non muore pi?”.
Le acque sgorgano dalla roccia alla temperatura di 16 gradi centigradi e, da una accurata analisi, risultano composte di muriato di calcio, carbonato di calcio, magnesio e silicati diversi. Il Santo protettore di Bellona ? il vescovo S. Secondino, uno dei 12 ve-scovi africani che nell’anno 427, durante la persecuzione vandalica di Genserico, dopo lunga carcerazione, furono messi in barche logore, senza remi, e abbandonati alla furia delle onde nel Mar Mediterraneo.
La divina Provvidenza, come si legge nella vita di S. Castrese, li condusse incolumi presso i lidi della Campania il 10 maggio del 443.
Secondino si ferm? nelle terre campane e convert? i coloni al cristiane–7,o. Una reliquia del Santo (parte del femore) ? conservata nella chiesa -..idre di Bellona ed il 27 maggio di ogni anno, giorno delle festivit? in onore, viene esposta alla venerazione dei fedeli. La festivit? in onore di S. Secondino risulta dal terzo dei calendari capuani pubblicato nel 1313 da Michele Monaco.
Patrona di Bellona ? Maria SS. di Gerusalemme che si venera ogni anno, con una solenne processione, il marted? dopo Pasqua. La sua storia ? appassionante e molto bella. Sulla vetta del monte Rageto (chiamato dai Longobardi “Monte sgorgante acque”, si erge in tutta la sua maestosit? un antico monastero dedicato a Maria SS. di Gerusalemme. In un documento di Roberto I, principe di Capua, risalente al 1109, si legge: “In monte qu? locatur Sancta Jerusalemm” “sul monte chiamato Rageto (vi ?) una chiesa chiamata Santa Gerusalemme?.
Nel 1096 molti condottieri cristiani si recarono in Oriente per liberare il Santo Sepolcro di Cristo dal dominio dei turchi. Era quella la prima Crociata e Riccardo II, principe di Capua, non pot? parteciparvi perch? trattenuto in patria a causa dell’assedio che Landone, conte di Teano, ave-v a posto alla citt?. Vinta la guerra contro Landone, Riccardo II volle erige-re sul Monte Rageto, di sua propriet?, una cappella che intitol? “Sancta Jerusalemm” in onore della citt? che egli avrebbe voluto liberare dal do-minio dei turchi. Trascorsero pi? di due secoli e la cappella sarebbe diventata un rudere se un bellonese, Priamo Marra, non avesse deciso, nel 1419 di restaurarla restituendole l’antico splendore. Durante il restauro il Marra fece dipingere una Madonna che sosteneva, con il braccio destro il Bambino e con il sinistro una croce. A causa delle continue lotte politiche che devastarono tutto il territorio campano, la Cappella cadde di nuovo nell’abbandono e l’opera distruttrice del tempo la ridusse ad un rudere. Nel 1534 l’Immagine Sacra apparve pi? volte ad una pastorella, Antonia Fusco, indicandole l’esatto punto dove l’antica cappella risultava coperta da rovi ed erbacce. Ci? suscit? nei cuori dei cittadini bellonesi, e di quelli dei paesi limitrofi, un profondo sentimento di fede religiosa che li spinse a recarsi in pellegrinaggio sul Monte Rageto. Nel 1539, a causa del culto sempre pi? fervente per la Sacra Immagine, il clero capuano decise di affidare la custodia della cappella all’ordine religioso dei “Padri Serviti” detti anche “Servi di Maria”. La cessione della cappella ai Padri Serviti avvenne il 24 Aprile 1539 e, con essa, i Padri ottennero 25 moggia di terreno coltivabile. Gli abitanti dei paesi vicini, fra cui Bellona che allora contava 800 abitanti, sostenevano i Padri con questue e donazioni. La donazione che pi? di tutte suscit? clamore fu quella della duchessa Roberta Carrafa che, nel 1585, don? ai Padri 230 moggia di terreno per essere stata guarita dal-la Madonna, da una paralisi alla gamba destra a causa di una caduta da cavallo, mentre si recava da Napoli a Lecce per porgere l’estremo saluto al consorte Diomede Carrafa. Con una successiva donazione in denaro da parte della duchessa, fu ampliato il giardino interno al convento e restaurato l’antico chiostro.
I lavori furono effettuati su progetto dell’architetto capuano Ambrogio Attendolo. Nel 1747 la cappella, colpita da un fulmine, fu restaurata ed inserita nel corpo dello stesso edificio, come ancora oggi si pu? notare. Il 26 Luglio 1805 un violento terremoto colp? Bellona ed i cittadini, grati alla S. Vergine per essere scampati, decisero di fare scolpire una statua di legno pregiato che, da contratto stabilito, avrebbero potuto trasportare in paese soltanto dopo l’autorizzazione dei Padri Serviti. La statua fu completata nel 1806 ed i bellonesi ottennero di portarla in paese con la promessa di restituirla, il Marted? in Albis, dopo una solenne processione per le vie del paese. Da quell’anno ebbero inizio i festeggiamenti in onore di Maria SS. di Gerusalemme e la giornata del Marted? in Albis fu dedicata alla Santa Patrona. Quando il 7 agosto 1809, Gioacchino Murat dichiar? estinte nel Regno di Napoli tutte le corporazioni religiose, la comunit? dei Serviti si sciolse ed il convento fu del tutto abbandonato. Dopo una disputa tra i bellonesi ed i cittadini di Pontelatone, nel 1810 la Statua fu trasferita a Bellona e collocata nella Chiesa Madre, su di un altare in legno. Pi? tardi fu collocata nella nicchia frontale, della navata di sinistra, fatta costruire per un ex voto, da Clementina Marra nel 1889, come ancora si legge. Il 17 Aprile 1906, il marted? in Albis, Maria SS. di Gerusalemme fu incoronata dal Capitolo Vaticano.
A presiedere la cerimonia fu invitato il Cardinale Capecelatro Arcivescovo di Capua. Non potendo presenziare, il prelato deleg? Mons. Biagio Pisani arcivescovo di Lepanto e Mons. Angelo Della Cioppa Arcivescovo di Lanciano, nativo di Bellona. La cerimonia si svolse sulle pendici del Monticello di Bellona dove, nel 1910, i fedeli fecero erigere una stele e sul marmo fu inciso, il solenne avvenimento da trasmettere ai posteri. Nella notte tra il 5 ed il 6 Ottobre 1915, nella Chiesa Madre di Bellona si svilupp? un violento incendio che distrusse la Statua di S. Secondino, patrono di Bellona e quella lignea della Madonna. Su iniziativa del parroco Giovanni Palazzo, fu organizzata una sottoscrizione per raccogliere fondi utili alla realizzazione di una nuova Statua. L’incarico fu dato al prof. Luigi De Luca della scuola delle Belle Arti di Napoli. Il De Luca scolp? una prima Statua ma, ai bellonesi, non piacque l’espressione del viso della Madonna. L?artista rifece la testa che prese il posto della prima. La nuova Immagine, che si venera tuttora. fu benedetta il Luned? in Albis del 24 Aprile 1916 in piazza Umberto I gremita di fedeli e devoti, accorsi da tutto il circondario. Anche dopo la partenza dei Padri Serviti il Monastero sul Monte Rageto continu? ad essere il punto di richiamo di numerosi fedeli e di tanti pellegrini. Durante il II conflitto mondiale il monastero divenne una postazione dell?artiglieria germanica che, con precisi colpi, abbatteva i ponti costruiti dagli alleati sul Volturno durante la battaglia che vide dispendio di munizioni e sacrificio di giovani vite umane. Il monastero fu in parte distrutto. Dopo un ventennio di completo abbandono nella ricorrenza del cinquantenario dell’Incoronazione della Madonna il Comitato festeggiamenti si fece promotore di una iniziativa per ricostruire la Cappella ridotta ad un cumulo di macerie. Tutti i bellonesi si adoperarono nel trasportare a spalla acqua, calce, cemento, mattoni ecc.
Impiegarono tre mesi di estenuante lavoro per costruire la Cappella, e la sagrestia. Grande fu la gioia di coloro che, ritornati sul Monte Rageto non credevano ai loro occhi: la Cappella, restaurata, poteva finalmente accogliere i fedeli ed il sacerdote celebrare le S. Messe di ringraziamento come voleva la tradizione. Sul pavimento della Cappella si notavano, senza alcun danno bellico, integri nella loro bellezza, gli stemmi in marmo della citt? di Capua, del Capitolo Metropolitano, dei Carrafa e dei Padri Serviti. Per cantare le lodi alla Santa Protettrice il canonico Cesare De Titta di Lanciano compose i versi della canzoncina “O Jerusalemm celeste” musicata dal Maestro Fortunato De Rubertis, che tuttora si canta durante la processione del Marted? in Albis. A partire dal 1881, molti sono stati gli oratori che durante la S. Messa solenne del Mercoled? in Albis, hanno tenuto
panegirici in onore della S. Patrona di Bellona. Fra i tanti oratori ricordiamo: Mons. Carlo Mola, vescovo di Foggia, Mons. Agostino Bartolini, Don Franco Feola, Canonico del Duomo di Napoli, Mons. Luigi Finoja vescovo di Catanzaro, Mons. Baccarini Arcivescovo di Capua e numerosi Padri Gesuiti e Salesiani. Secondo lo storico Iannelli i casali di Capua erano 126 e, prima del secolo XVII, una settantina si estinsero. Ne sopravvissero una cinquantina e, di questi rimasero soltanto 36 dei quali faceva parte anche Bellona. Lo studioso Michele Monaco afferma che questi ultimi casali formavano con Capua una sola Universit?, cio? una comunit? giuridicamente riconosciuta capace di amministrarsi in modo autonomo. Bellona, inoltre, ebbe anche un archivio proprio del quale, una parte, si conserva nel Museo campano di Capua. La comunit? di Bellona era soggetta al governatore di Capua e, nelle controversie giuridiche era soggetta alla Corte della Bagliva di Capua che aveva un suo rappresentante in Bellona, con il nome di Maestro della Bagliva per risolvere le liti minori. In seguito Bellona fu comunit? a se e poteva stare in giudizio anche contro la stessa Capua.
Ogni qualvolta un esercito ha tentato di occupare Capua, tutto il circondario bellonese ? stato invaso dagli assalitori o dai difensori. Molti gli avvenimenti bellici che seminarono lutti fra i bellonesi.
Nell’885 un esercito composto da greci e napoletani, spedito dal vescovo di Napoli Attanasio e guidato da Pandonulfo, si accamp? nei pressi di Sicopoli, nell’attesa di assediare Capua.
Altri lutti, altro dolore lo arrec? il duca Valentino (Cesare Borgia) prima dello storico “Sacco di Capua” (1501) aveva saccheggiato i villaggi circostanti, tra cui Bellona, lasciando una scia di dolore e di morte.
Nel 1734, scrive il Granata, gli spagnoli di Carlo III distrussero ogni cosa man mano che occupavano la zona dei Mazzoni, S. Tammaro, Bellona, Vitolaccio e Tutuni, ecc. Poi, per rafforzare la propria posizione il 22 aprile dello stesso anno si accamparono nel territorio di Ferranzano a tre Km ad est di Bellona.
Nel 1799 i soldati francesi del generale Championnet si accamparono nei villaggi circostanti Capua prima di aggredirla. Fra i villaggi Bellona sub? pi? di tutti le angherie, i soprusi e le violenze della soldataglia. Nel 1860, l’8 settembre, le truppe regie occuparono la sponda destra del Volturno da Capua a Caiazzo e, di conseguenza, occuparono tutti i paesi al di qu? del fiume. Il quarto ed il quindicesimo battaglione dei Cacciatori delle Alpi si attendarono nei pressi della zona Colatella ad est di Bellona, e nella zona Contessa dove collocarono cannoni su terrapieni.
Il 25 ottobre 1860 transit? per Bellona l’esercito di Garibaldi e, lungo l’unica strada allora esistente (oggi via 54 Martiri), fu leggermente ferito Nino Bixio prontamente soccorso da premurosi bellonesi.
All’entrata del paese il generale Sirtori cadde da cavallo fratturandosi una gamba. Garibaldi era diretto alla volta di Calvi Risorta e Teano per incontrare Vittorio Emanuele II che proveniva dagli Abruzzi. Il condottiero chiese una guida; si offr? Crescenzo Marra che lo segu? fino a Sant?Angelo in Formis, dove il Re si recava per controllare le posizioni strategiche ed impartire disposizioni per la presa di Capua. Il 28 dello stesso mese Garibaldi pass? di nuovo per Bellona per la imminente battaglia. Infatti, alle ore 22, inizi? il cannoneggiamento della citt? fino al mattino del 2 novembre giorno in cui la stessa capitol?.
Se tutti gli avvenimenti citati sconvolsero la pacifica vita che conducevano i bellonesi, quello che pi? di tutti lasci? lutti e dolore fu l’efferato eccidio dei
54 Martiri perpetrato dai nazisti il 7 ottobre 1943. ? a tutti noto che durante il secondo conflitto mondiale, il territorio italiano fu pacificamente occupato dai nostri alleati germanici. A Bellona i tedeschi si accamparono nel territorio che si estende tra Bellona e Vitulazio e in altre zone circostanti come Ferranzano, Colatella, Contessa, ecc. Nelle stesse zone si attendarono le truppe di occupazione: inglesi, americani, irlandesi, islandesi, canadesi, ecc. ed un nutrito gruppo di soldati polacchi che si erano affiancati ai vincitori per combattere l’odiato nemico germanico. Nella prima met? del secolo XIX, Bellona, come tanti paesi d’Italia, intraprese su iniziativa degli amministratori di allora, la via del civile sviluppo. Furono iniziate una serie di opere pubbliche che cambiarono il volto del paese. Nel 1867 fu restaurato l’antico campanile; nel 1868 fu costruita una nuova strada esterna, Bellona-Capua, che con il suo lungo filare di platani secolari alleviava il cammino a chi la percorreva durante la calura estiva.
Quest’opera fu voluta dall’allora sindaco Alberto Sorrentino dottore in farmacologia ideatore di creme e pomate, fra cui una pomata che si rivel? di notevole aiuto alle partorienti. In seguito gli amministratori dedicarono una strada al Dott. Sorrentino e, per tramandare alle future generazioni le doti morali ed intellettuali di questo illustre concittadino, fu apposta, sulla parete
della sua residenza, una lapide in marmo su cui ? scritto: “Il 25 aprile del 1925, il Consiglio Comunale di Bellona, sindaco dott. Ercole Sorrentino, avviato il Comune alle conquiste di rinnovamento e di civilt?, inaugurando la pubblica illuminazione elettrica, ricord? le alte benemerenze civili della famiglia Sorrentino che nei nomi di Alberto ed Ercole, segretari, Alfonso ed Ercole sindaci, rimane esempio di virt? civili, carattere puro ed indomabile fede”. Nel 1872, sulle rovine dell’antico convento degli Agostiniani, fu costruito il cimitero comunale. Il convento fu soppresso per decreto del Papa Innocenzo X, l?11 marzo 1654, poich? i religiosi davano ospitalit? a malviventi e donne di malaffare. Nel 1873 fu edificata l’odierna chiesa madre che i bellonesi abbellirono con statue di inestimabile valore e numerosi ex voto offerti anche da compaesani residenti all’estero. Nel 1874 fu aperta un’ampia strada che metteva in comunicazione Bellona con Vitulazio. Nel 1878 fu costruita la piazza principale (oggi Piazza Umberto I) con la torre dell’orologio (abbattuta dai tedeschi in ritirata e ricostruita nel 1953 dal Genio Civile di Caserta). Nel 1879 le vie principali del paese furono messe in comunicazione da opportune traverse:
? Via Mazzini e Via Gaetano Rossi che fu sindaco di Bellona.
Tra il 1878 ed il 1879 le strade interne furono lastricate e fu costruito un sistema fognario per acque reflue. Nel 1890 si costitu? in Bellona concerto musicale ed inizi? cos? una tradizione bandistica che tuttora perdura. Nello stesso anno si inizi? la rappresentazione del martirio di S. Filomena e ogni anno andava in scena sul palco allestito in piazza Umberto I. Durante gli anni in cui frequentavo il “Magistrale S. Pizzi” di Capua professoressa di letteratura italiana e storia, Maria Cappuccio, consigliava noi alunni di assistere ad una sacra rappresentazione e suggeriva di recarci a Bellona dove perdurava questa antica tradizione.
Fra gli uomini di cultura nati a Bellona meritano essere ricordati:
* Cesare Marra (1766-1809) che scrisse una elegia in latino in ventidue distici dal titolo: Quorundam Campani seminarii adolescentium… pubblicata nel 1780.
? Crescenzo Fusco, che compose le seguenti opere poetiche: Al sacerdote novello Alessandro di Nardo; A Francesco Serra Arcivescovo di Capua due sonetti, tre distici ed un epigramma in lingua latina.
? Pietro Paolo Palmieri (1802-1874) Canonico del Duomo di Capua e Rettore del Seminario. Pubblic? sonetti conservati nella biblioteca Museo Campano.
? Michele Della Cioppa (1797-1871) Canonico di S. Angelo in Formis. Pubblic? Notizie storiche sulla Basilica di S. Angelo in Formis.
? Pasquale Cafaro (1833-1890). Sacerdote. Studi? il greco e l’ebraico cui fu maestro eccelso. Partecip? ad un pubblico certame in lingua greca e fu premiato dalle autorit? ecclesiastiche. Dopo la sua morte fu pubblicato un volume dal titolo: “L’ebreo nome Ges?”.
? Leonardo Caserta (1858-1901). Canonico curato di “S. Giovanni nobili uomini” e poi canonico del Duomo di Capua. Professore di itali; nel ginnasio e nel liceo del Seminario Campano di Capua. Nei numeri “Campania Sacra” degli anni 1884-85-87 e 1892 si possono leggere composizioni poetiche.
? Monsignor Angelo Della Cioppa (1841-?). Arciprete di Lanciano. Amministratore della Diocesi di Ortona. Ottimo predicatore che, nello stile ricordava il cardinale Capecelatro. Scrisse conferenze in lingua latina che si possono leggere nella rivista “Campania Sacra” dall’anno 1884 al 1896.
* Domenico Della Cioppa (1858-?). Canonico di “S. Michele a Corte” e Canonico statuario del Duomo di Capua. Nel 1884 pubblic? un volume dal titolo “S. Vittore, vescovo capuano”. Questa opera gli fece ottenere la cattedra di storia civile nel liceo del Seminario capuano.
? Giacinto Messuri (1774-1849). Compose opere in latino e greco che i suoi alunni leggevano con molto interesse.
? Salvatore Antropoli (1910-1943). Inizi? gli studi nel Seminario Diocesano di Capua. Complet? il corso di studi filosofici e teologici presso il Seminario Pontificio di Posillipo in Napoli e il 17 luglio 1936 fu ordinato sacerdote. Le autorit? diocesane di Capua gli affidarono la parrocchia di San Michele Arcangelo in S. Angelo in Formis; da qui fu trasferito nella comunit? parrocchiale di Brezza per aver vinto il concorso a parroco di quella parrocchia. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, ritorn? a Bellona in attesa di tempi migliori. La mattina del 7 ottobre 1943 fu catturato nella sua casa natale, dai militari nazisti che davano la caccia agli uomini a causa dell’uccisione di un loro commilitone avvenuta la sera del 6 ottobre 1943. I resti mortali di Don Salvatore Antropoli oggi riposano nel Mausaleo-Ossario insieme a quelli di altri 53 compagni di sventura uccisi per una colpa non commessa.
Dopo aver ricordato gli uomini di cultura della Bellona di ieri, ? doveroso ricordare quelli di oggi. Fra i tanti, meritano una particolare menzione: Eugenio Salerno, Antonio Vinciguerra, Raffaele, Arcangelo e Camillo Marra, Giacomo Di Nardo.