Antonella Ricciardi intervista Desbele Mehari

"Isayas Afworki potrebbe anche essere stato  un valoroso combattente […] Il problema dell'Eritrea in questo momento, è, però, che Isayas  ne ha trasformato il governo in una dittatura molto feroce. […] Lui è quindi il presidente del governo eritreo, il presidente del partito attualmente al potere, il presidente del Parlamento, e l'unica persona nel Paese che decide su tutto". Le frasi appena precedenti sono solo alcune delle significative affermazioni di Desbele Mehari, oppositore politico eritreo e rappresentante della comunità di suoi connazionali residente a Milano, riguardo l'attuale presidente del suo Paese, Isayas Afworki (Afewerki, Afeworki). Di tutto ciò sarebbe positivo che si conoscesse di più in Italia, che peraltro è stata storicamente molto legata all'Eritrea, che fu suo possedimento coloniale dal 1890 al 1941 (anno in cui quella terra fu occupata dagli inglesi): il periodo coloniale italiano non presentò i traumi propri di molti altre situazioni del genere. Federata all'Impero etiope nel 1952, per volere dell'ONU (e su pressione del Negus Hailè Selassiè), che affermava di basarsi su antichi legami storici tra le due terre, ma contro il parere della popolazione locale, l'Eritrea fu in seguito prima ridotta a semplice provincia amministrativa dell'Etiopia (nel 1960), poi addirittura annessa a quest'ultima nel 1962. Già dal 1961 si era però organizzato un fortissimo movimento per fare dell'Eritrea uno Stato del tutto indipendente, che vide anche molte donne tra i suoi combattenti. Uno dei momenti più gravi si visse nel 1970: vi fu infatti una guerra civile tra gli stessi guerriglieri eritrei, per contrasti su obbiettivi e strategie da adottare. Nel 1991, con la caduta del regime del dittatore etiope Menghistu Hailè Mariam, cui avevano concorso combattenti eritrei e dell'opposizione etiope, l'Eritrea era riuscita a liberarsi militarmente dell'occupazione del governo di Addis Abeba. Nel 1993, un referendum indetto dalle Nazioni Unite sull'indipendenza, vide il 99% dei cittadini eritrei, in Patria e rifugiatasi all'estero, votare a favore di questa opzione. Da allora, l'Eritrea era rifiorita, ma nel giro di pochi anni ha visto il sorgere al suo interno di un regime molto autoritario, che ha causato il formarsi di una sentita opposizione. Sotto il governo di Isayas Afworki, in Eritrea sono state calpestate diverse libertà e diritti fondamentali, ed inoltre quella nazione è stata coinvolta in diverse altre guerre, compresa una ancora contro l'Etiopia, tra 1998 e 2000, che ha causato circa 40.000 morti tra le due parti. Questi conflitti sono particolarmente significativi anche perchè l'Eritrea, che ha circa tre milioni e mezzo di abitanti, è uno Stato strategicamente e culturalmente importante: è abitato per circa una metà da cristiani e per l'altra da musulmani (questi ultimi soprattutto lungo la costa dancala), ed è una terra multilinguistica, in cui si parlano lingue semitiche (tra le principali ricordiamo il tigrino e il tigrè) e camitiche (delle quali è particolarmente nota il dancalo, detta anche afar). Pur appartenendo a etnie differenti, gli eritrei si sono sempre sentiti, in maniera molto intensa, un unico popolo: anche per la presenza di questo spirito nazionale, c'è da sperare che le popolazioni eritree riescano ancora una volta ad uscire da questa nuova, drammatica situazione.

1) Lei è alla direzione del Partito Democratico Eritreo, una delle principali forze di opposizione al regime di Isayas Afworki: può specificare le principali accuse che muovete al governo del suo Paese ed in particolare alla presidenza di Afworki, che un tempo fu un combattente anche di valore per l'indipendenza dall'Etiopia, ma che, attualmente,  in molti accusano di avere instaurato una brutale dittatura?

Isayas Afworki potrebbe anche essere stato  un valoroso combattente,  uno dei valorosi combattenti: nel senso che, lui, insieme ad altri, ha diretto  il Fronte Popolare per la Liberazione dell'Eritrea, contro quello che noi chiamiamo il colonialismo etiopico. Il problema dell'Eritrea in questo momento, è, però, che Isayas  ne ha trasformato il governo in una dittatura molto feroce. Diciamo che, oggi come oggi, tra i punti principali c'è il problema che l'Eritrea è un Paese che ha approvato la Costituzione  nel '97, che però tuttora non è mai stata attuata.  Era una Costituzione approvata  da un referendum… diciamo più precisamente dall'Assemblea Nazionale, Assemblea referendaria che era stata eletta da tutti gli eritrei che vivono nei vari angoli del mondo, ma è stata poi scartata. Al posto di un sistema democratico e di un sistema costituzionale, lui ha instaurato una dittatura militare. Quindi, attualmente, in Eritrea non c'è nessun diritto alla parola…è una situazione con una forte mancanza di qualunque tipo di libertà.

2) Mi scusi: questa Assemblea comprendeva proprio tutti  i cittadini eritrei con diritto di voto, non solo quelli all'estero ma pure quelli in Patria?

Sì, tutti quei cittadini eritrei che vivono all'estero e all'interno dell'Eritrea, che avevano mandato dei rappresentanti che si erano riuniti in Eritrea, ad Asmara, nel mese di maggio del 1997, e che, dopo tre anni di discussione, avevano approvato questa Costituzione: la Costituzione eritrea.

3) Quindi, nonostante si sia cercato di dare la più ampia partecipazione possibile alla stesura di questo documento, purtroppo poi tale Costituzione non è stata attuata…

Non è stata attuata, appunto… Quindi, fino ad oggi, non c'è stata nessuna elezione in Eritrea, mentre le elezioni erano state programmate, all'inizio, per il dicembre 2000, e poi erano state rimandate al 2001, ma fino ad oggi non c'è stata nessuna elezione. Il Paese è amministrato da una persona sola; anche l'Assemblea Nazionale, che era provvisoria come il governo eritreo, che è attualmente al potere, fino ad oggi (e da oltre cinque anni), non si è riunita mai. Dal 2001 non si è mai riunita: quindi non c'è, è come se fosse un'Assemblea sulla carta esistente, ma non ha nessun potere: non si riunisce e non decide niente. Tuttora, tutte le decisioni, in Eritrea, son prese dal presidente. Questi è appoggiato da alcuni generali che sono alla sua direzione, e non c'è nessun altro potere, nè legislativo, nè giudiziario, in Eritrea. Quindi, è un sistema dittatoriale militaresco che è stato instaurato da Isayas Afworki.

4) Per cui i poteri sono accentrati nelle sue mani e in quelle dei suoi fedelissimi…

Esatto.

5) Senta, ancora su Afworki: questi sta conducendo una politica estera per certi aspetti, ambigua, poco chiara: da una parte poco critica nei confronti di Bush in Iraq, dall'altra di sostegno a movimenti radicali musulmani in Sudan ed alle Corti Islamiche che c'erano in Somalia: lei cosa ne pensa di questa politica, almeno apparentemente poco coerente, e che interpretazione fornisce di questa situazione?

Mah, la politica del governo eritreo di Isayas Afworki, in questi momenti, è una politica che non ha nessuna consistenza, che non ha nessuna linea direttiva: si basa solo sulle convenienze del momento. E' quindi una politica estera che è entrata in conflitto da tanti anni con i vari Paesi vicini: cominciando dal Sudan, a partire dal '94-'95, poi entrando in guerra con lo Yemen, con il Gibuti, e con l'Etiopia, nel '98. Ultimamente, lui sta guidando una guerra diplomatica contro gli Stati Uniti, ai quali però, prima di iniziare la guerra contro l'Iraq, Isayas Afworki aveva dato la base di Assab, dichiarando che era disponibile a ospitare i militari degli Stati Uniti che stavano per attaccare l'Iraq.

6) Quindi aveva addirittura messo a disposizione una base da cui partivano gli aerei americani…

Sì. Diciamo, così, che è una politica di convenienza. Generalmente, soprattutto ultimamente, di questi tempi, la sua politica è mirata solo contro l'Etiopia: appoggiando il progetto di cercare di indebolire il governo etiopico si è alleato con gli estremisti islamici, e con quelli delle Corti Islamiche, somali, appoggiandoli materialmente e anche mandandogli degli esperti militari in Somalia. Quindi, è una politica che non aiuta, che non bada all'interesse dell'Eritrea: non è infatti una politica di coesistenza pacifica, ma è centrata meramente sulla competizione che c'è con il governo etiopico, per indebolirne la stabilità. A ciò, si è appunto aggiunta la tensione contro gli Stati Uniti.

7) Lei si è ricollegato a qualcosa che le volevo chiedere, e su cui mi ha già in parte esposto le sue considerazioni: ricordiamo, infatti, che il popolo eritreo ha combattuto per decenni, dimostrando eroismo e ricevendo  pochissimi aiuti dall'estero, per ottenere l'indipendenza dall'Etiopia, raggiunta nel 1993… tuttavia oggi molti osservatori sostengono che l'Eritrea (il suo governo, in realtà…) stia svolgendo appunto questo ruolo destabilizzante nella regione di cui lei già mi stava dicendo… Potrebbe magari spiegare, più in dettaglio, in cosa consistano gli attriti con l'Etiopia per la zona di confine di Badmè (sfociati in nuovi episodi di guerra tra 1998 e 2000), e quelli  con lo Yemen per le isole Hanish Zuqur,  contenziosi che in qualche modo, a quanto pare, Afworki sta aggravando?

Diciamo che, contro lo Yemen, sembra che (perchè la questione non è molto chiara) la situazione parta da alcune isole nel Mar Rosso, che si credeva fossero eritree. Dopo che lo Yemen aveva cercato di svolgere della pesca presso queste isole, il governo eritreo è intervenuto militarmente…

8) Considerava quelle acque territoriali eritree, insomma.

Sì. Dopodichè c'è stata questa guerra che ha causato un centinaio di morti, che però è finita con l'intervento pacifico di una Corte Internazionale,  che ha determinato la stabilità e la pace in questa zona, e assegnando alcune isole allo Yemen del Sud… quelle isole che si pensava fossero eritree. Quindi, quello che è importante è che è stata comunque stabilita la pace con l'intervento della Corte Internazionale. Riguardo il contenzioso contro l'Etiopia, diciamo che anche lì, benchè la zona di cui si parla molto, Badmè, non è una zona importante, è però stata utilizzata come un simbolo di vincita della guerra… da lì era partita tale guerra tra l'Etiopia e l'Eritrea. Poi, anche in questo caso c'è stata una Commissione, che è stata costituita dopo l'accordo di Algeria che ha terminato la delimitazione delle frontiere tra l'Eritrea e l'Etiopia, dando il Badmè all'Eritrea. In questo caso, l'Etiopia ha rifiutato di accettare la decisione della Commissione, che in questo caso all'inizio aveva accettato… dopo aver scoperto che Badmè era stata concessa all'Eritrea, l'ha infatti respinta. Di seguito, l'aveva invece anche accettata, mettendovi delle condizioni, delle precondizioni, di cinque punti, che non riconoscevano proprio la sovranità dell'Eritrea su Badmè, e mettendo in particolare, come precondizione, un dialogo sulla disputa: questo significava quindi rimettere in discussione la decisione della Commissione. Poi, ultimamente, si dice che, dopo cinque anni di non attuazione della decisione della Commissione, l'Etiopia affermi che accetta la decisione della Commissione attuata in base agli accordi di Algeria. Però, fino ad adesso, la Commissione non ha potuto delimitare sul terreno le frontiere: quindi, siamo in una situazione di non guerra e di non pace, in questo momento.

9) Sospesa… Tornando brevemente alla questione delle isole Hanish Zuqur, sono abitate o disabitate a quanto le risulta?

Non risulta siano abitate.

10) Quindi, una guerra addirittura per isole disabitate… Quale ritiene, poi, sia la percentuale di popolazione eritrea che si opponga al governo e quali sono i principali movimenti nei quali si raccoglie? Oltre al suo partito, naturalmente…

Attualmente, probabilmente la maggior parte della popolazione eritrea si oppone. L'opposizione non ha forme organizzative ben precise…cioè, in altri termini: la gente che si oppone non è organizzata; però, in molti casi, ci sono anche delle organizzazioni, che soprattutto non possono avere delle possibilità all'interno dell'Eritrea per muoversi.

11) La repressione interna è quindi molto forte?

Sì, ciò accade per la repressione. Sono tutti all'estero… ci sono una quindicina di organizzazioni politiche e alcune altre organizzazioni civiche. Ci sono le organizzazioni politiche che sono con le organizzazioni derivate dai Fronti o partiti che si trovano all'estero: vogliono cambiare il regime in Eritrea per stabilire un sistema democratico, eletto, costituzionale, mentre le associazioni civiche lottano per i diritti umani e per i diritti civili degli eritrei…quindi, si oppongono al regime, a quello che sta facendo sia dal punto di vista umanitario, sia per quello che la dittatura sta facendo contro le diverse religioni in Eritrea, riguardo la questione religiosa… Quindi non hanno obbiettivi politici lontani, in prospettiva.

12) A proposito, lei mi parlava anche di esponenti religiosi, per cui mi riallaccio a questa questione: in Eritrea convivono cristiani e musulmani in percentuali sostanzialmente equivalenti, ed entrambe queste componenti identitarie della nazione hanno avuto degli importanti leader religiosi imprigionati: può fornire dei dettagli in più sull'argomento, riguardo tale repressione che ha colpito senza fare differenze, in negativo?

Le religioni in Eritrea sono principalmente due, come diceva: l'Islam e la Chiesa cristiana locale, però ci sono anche cattolici e altre correnti religiose…

13) Sono numerosi in particolare i copti: giusto?

Sì, sì. La questione è pero quella dei dirigenti che si oppongono, uno dei quali, il patriarca eritreo della corrente religiosa copta, è stato recentemente deposto dalla sua autorità, al di fuori di qualunque norma religiosa. E' stato sostituito, e non si sa ancora cosa succederà.

14) E' stato quindi sostituito non secondo procedura, in modo abnorme.

Abnorme, sì: una cosa al di fuori delle regole religiose.

15) Alla base potrebbe esserci stata una pressione del governo?

E' accaduto perchè si era opposto all'attuale andamento delle cose, e soprattutto perchè si era opposto all'arresto di alcuni dei suoi dirigenti della Chiesa ortodossa [di rito copto, n.d.r.] che il governo eritreo ha arrestato, ed in generale a quello che succedeva nel Paese. Non è facile dare dei dettagli sugli arresti che ci sono stati, perchè vengono fatti in modo molto discreto, nascosto…e quindi capire esattamente quanti siano, chi siano gli arrestati, è difficile.

16) Questo è comprensibile anche se la stampa non è libera o è poco libera.

Quello della stampa libera è uno dei punti per cui noi ci opponiamo a questo governo. Lui, Afworki, nel 2001 ha chiuso tutti gli organi di stampa, i giornali che erano stati liberi, indipendenti. Oggi come oggi,  sia la televisione, sia i giornali, sia la radio, gli sono stati assoggettati: l'unica fonte di informazione è quella governativa. Conseguentemente, tutti quelli che si oppongono, o sono comunque al di fuori della voce ufficiale, vengono arrestati, e soprattutto vengono reclusi senza che si sappia dove siano prigionieri, perchè non hanno nessuna possibilità di comunicazione. Non possono essere visti o visitati dai parenti, da amici, da chiunque… Non si sa neanche se siano vivi o morti, nè dove siano. Questa è una delle situazioni molto critiche, anche perchè, appunto, non è facile dare dei dettagli su quali dirigenti siano stati arrestati, su quali siano in prigione, e quali no.
 
17) Quanti sono e dove si trovano gli eritrei profughi all'estero per l'attuale situazione? Mi riferisco, quindi, ai nuovi profughi, se si può farne più o meno una stima, rispetto a quelli della guerra d'indipendenza, che sicuramente in gran parte erano tornati.

E' difficile anche qua, però diciamo che il numero principale è quello degli eritrei che sono scappati, soprattutto i giovani che scappano dal servizio militare, o meglio dalle fila di quello che viene chiamato servizio militare. La maggior parte di loro è sia in Etiopia che in Sudan. In Etiopia il loro numero è superiore ai 50.000, e sono giovani. In Sudan quotidianamente il loro numero aumenta: quindi anche lì ci sono più di 50.000 eritrei. Coloro che riescono ad uscire da questa situazione li vediamo quotidianamente arrivare in Italia dalle carrette, tramite Libia, il Mediterraneo. E poi, entrando in Italia, si muovono negli altri Paesi europei: in Inghilterra e nei Paesi scandinavi, per avere un po' di vita dignitosa.

18) Questo nuovo servizio militare è un servizio militare diverso, credo, dagli altri servizi militari: dura di più? E' finalizzato ad inquadrare nel regime? In breve: come è organizzato?

E' stata fatta una proclamazione del servizio militare nell''94, che prevedeva diciotto mesi di servizio.

19) Quindi già molto lungo…

Ma questo, dopo la guerra contro l'Etiopia, nel 2000, è stato trasformato in servizio a tempo indeterminato [ed è obbligatorio anche per le donne, anche se meno lungo, n.d.r]. Ci sono delle persone così che subiscono questa specie di servizio militare che non è più un servizio militare, cioè le persone a partire dai diciotto anni… Quando tutti gli studenti eritrei arrivano all'ultimo anno delle scuole superiori, vengono portati per forza in campi di addestramento, che in passato (fino ad un anno fa,) si trovavano nella zona del Barka, che si chiama Sawa.

20) E' una zona desertica, forse?

E' un po' isolata, ma vi hanno costruito delle abitazioni. I giovani dovevano così seguire le lezioni dell'ultimo anno delle scuole superiori nei campi di concentramento, nei campi militari. Era un modo per tenerli per un anno, senza perderli; dopodichè, alcuni di loro che riuscivano a superare l'esame nazionale, andavano nelle Università, che poi adesso non ci sono più, ma in quelle che vengono chiamate scuole tecnologiche, altri dovevano andare al servizio militare obbligatorio. Quindi, in questo modo, già da piccoli li tenevano lì, per poter fare tutto questo, giustificandolo con la sovranità nazionale dell'Eritrea, del Paese, dopo l'invasione dell'Eritrea da parte dell'Etiopia. Afworki si nasconde dietro questo: però l'obbiettivo principale di questo sistema di reclutamento parte dal fatto che se la gente rimane libera potrebbe opporsi al regime…quindi tenerla sotto pressione, sotto controllo, è per loro importante. Dopodichè i giovani, che non vedono una prospettiva, magari volontariamente fanno uno o due anni di servizio, ma, non vedendo alcuna alternativa, cominciano poi a scappare verso l'Etiopia, verso il Sudan. Così questo è un modo per tenere i giovani soprattutto, e tutti gli eritrei dai 18 ai 40 anni, sotto pressione, sotto controllo.

21) Oltretutto, il fatto di legare l'ultimo anno di scuola all'inizio del servizio militare fa sì che sia difficile che qualcuno possa sottrarvisi, perchè in genere ognuno ci tiene a finire la scuola: avendo quasi finito, si tende a terminarla davvero. E proprio così si finisce per subire questa sorta di deportazione militare: probabilmente ciò è stato studiato apposta…

Questo significa privare l'Eritrea della sua forza produttiva, in tutti i campi dell'economia dell'Eritrea. Questi giovani attuano dei servizi: costruiscono le strade, le scuole, gli ospedali, e si dedicano ad una serie di altre attività che sono sotto il controllo del Fronte Popolare. Attuano cioè dei progetti con i soldi, con gli aiuti delle organizzazioni non governative… però il lavoro svolto non viene pagato a questi giovani.

22) Sono quindi trattati come schiavi.

Il governo eritreo da una parte chiede, per realizzare dei progetti, l'aiuto dei governi,  delle organizzazioni non governative, e dall'altra non paga le persone che realizzano questi lavori, mentre questi soldi vengono intascati da questo partito, che ha una serie di imprese e una serie di servizi che sono controllati da Isayas Afworki, dall'organizzazione politica di cui lui è presidente. Lui è quindi il presidente del governo eritreo, il presidente del partito attualmente al potere, il presidente del Parlamento, e l'unica persona nel Paese che decide su tutto.

23) Può indicare la composizione e gli obbiettivi finora raggiunti dal Coordinamento Italiano per la Pace, la Democrazia ed i Diritti Umani in Eritrea?

Questa organizzazione è composta da diverse associazioni, organismi, che lottano per i diritti umani, e alcuni partiti. Principalmente, siamo in cinque-sei organizzazioni che compongono questo coordinamento. Cerchiamo di dare dei dati alla popolazione sia eritrea che italiana, informando di quello che succede in Eritrea. Tra gli obbiettivi raggiunti c'è che si è creata una consapevolezza, una conoscenza, rispetto alla situazione eritrea, entrando nelle istituzioni ed anche nel governo italiano. Abbiamo scritto diverse lettere, a cui ci hanno risposto tramite interrogazioni parlamentari, con incontri con vari ministri, anche con rappresentanti del Parlamento. Si è così abbastanza a conoscenza della situazione; il governo italiano, con la diplomazia, cerca di fare qualcosa…ma la situazione non è che sia cambiata granchè. Il nostro obbiettivo principale, è, cioè, informare le istituzioni italiane e la popolazione italiana, affinchè il governo italiano, tramite un interessamento popolare, possa fare un po' di pressione sul governo eritreo per cambiare per diversi aspetti la situazione in Eritrea.

24) Continuando, quindi, sperate di ottenere risultati anche più concreti, attraverso l'informazione…

Sì, per l'appunto.
Antonella Ricciardi, 1° dicembre 2007

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