A Caserta si discute del 68

Una profonda disamina sul movimento giovanile del 68, sui sogni e le aspettative che ha rappresentato e sui fallimenti che ha prodotto, è stato l’oggetto di un convegno svoltosi al Forum di Caserta al quale è intervenuto Marcello Veneziani, che recentemente ha pubblicato un libro sull’argomento. Il 68, secondo lo scrittore, ha rappresentato l’ultima rivoluzione culturale del nostro tempo, ed in quanto tale è ancora di stretta attualità a quarant’anni di distanza. Il conformismo odierno, per lo scrittore, è frutto di una ideologia “radical”, che si contrappone a quella “radicata”, trasferita alla società da chi ha vissuto quegli anni ed è oggi classe dirigente. Il tratto fondante di questa cultura post-sessantottina è rappresentato dal totale abbattimento di quei valori che campeggiavano nella società che precedette quel “non evento”. L’abbattimento dell’istituzione familiare accompagnato a permissivismo e libertinaggio  ha minato alla radice la società occidentale; “oggi” afferma Veneziani “il 90 per cento dei ragazzi fumano canne, così è drammaticamente anticonformista chi dice no alla droga”. La controrivoluzione, non deve essere svolta guardando nostalgicamente alla società del prima, ma proponendo in maniera moderna nuovi modelli di riferimento, fondati necessariamente su meritocrazia e tradizione. “La società senza padri, è anche una società senza figli”. In platea, tra gli interessati cittadini, le rappresentanze delle istituzioni, dei partiti politici e della società civile casertana hanno posto numerosi interrogativi allo scrittore Lucano. Folta la pattuglia della Ugl Caserta che, capitanata dal segretario provinciale Sergio D’Angelo, ha visto la partecipazione dei dirigenti Enrico Trapassi, Francesca Landolfi e Ferdinando Palumbo.  E proprio da Palumbo è arrivato l’intervento che ha scaldato la platea. “Condivido le analisi prodotte, ma abbiamo parlato stasera dei soli danni sociali prodotti dal 68, non ci siamo soffermati su quello che invece è stato il valore positivo. Io non ho vissuto il 68, ma dai racconti di chi c’era emerge la certezza di aver partecipato in prima persona al cambiamento della società. I giovani di allora si sentivano attori del loro tempo, a quelli di oggi, ciondolanti fuori ai fast food, mancano quelle pulsioni di partecipazione alla vita politica e civile del paese, che dovremmo, noi adulti, farci carico di trasferirgli”.

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