Ordine e disordini nel XXI secolo di Giuseppe Scanni

Il libro affronta i più significativi temi di geopolitica e di geoeconomia che oggi caratterizzano l’attuale realtà internazionale e propone, al contempo, una road map con le tappe salienti della rete delle complesse e molteplici relazioni tra i popoli. Il lettore inizia un viaggio che, seguendo una chiave di lettura coerente con la storia europea, si muove nella complessa realtà internazionale della nostra epoca “liquida”, attraverso una rigorosa ricerca tra fonti di prima mano e la più aggiornata bibliografia specialistica.
L’autore propone un percorso ragionato attraverso l’immaterialità di quel mix di cultura, religione, tradizioni e costumi che, insieme agli elementi tipici dell’azione politica (fame, sviluppo, territorio, ecc.) sono propri della reale della vita dei popoli e creano l’appartenenza ad una civiltà.
Alla fine della “guerra fredda”, dominata dallo scontro delle ideologie, è subentrata una nuova epoca, nella quale accanto ad una contrapposizione tra Nord e Sud del mondo, tra un Nord ricco e un Sud dominato da fame e miseria, secondo la vulgata cara alle ideologie dei no global e agli eredi delle visioni terzomondiste, è subentrato “un panorama molto più sfumato, variegato, complesso”, dove il pericolo dell’omologazione, prodotto dalla globalizzazione, ha provocato negli uomini e nei popoli una forte “incertezza identitaria”. Questa mutazione culturale, sopraggiunta improvvisamente, nel volgere di un troppo breve lasso di tempo, ha impedito il naturale e graduale svilupparsi di un processo di assimilazione utile al formarsi di una nuova visione della vita presso gli individui e presso le diverse comunità umane (di una visione cioè inclusiva dei nuovi caratteri della vicenda storica), ha provocato o il rifiuto di identità o il nascere di una concezione estremizzata dell’identità stessa: una identità, cioè, così forte ed egoistica, da negare ogni forma di convivenza tra identità diverse, una identità ridotta a concepire una sola appartenenza, che parcellizza a tal punto la comunità umana da ridurla a una concezione “tribale”, dove sulle visioni solidaristiche e comunitarie prevalgono le suggestioni della separatezza e del conflitto.
Nel nuovo scenario della storia umana, i conflitti provocati in nome dell’identità, riguardanti soprattutto il territorio, l’etnia, la religione, la lingua, il senso di appartenenza possono assumere le forme più diverse: dalla realtà sociale intesa quale “piccola patria”, che al più “aspira ad essere indipendente” anche in consapevoli forme di convivenza accanto ed insieme ad altre “piccole patrie”, a forme estremizzate di rifiuto del diverso, attraverso il razzismo, l’integralismo fanatico e il terrorismo, che puntano all’eliminazione dell’altro, inteso come nemico.
In un presente in cui siamo tutti un po’ minoranze, costretti ad imparare altre lingue, altri linguaggi, altri codici e abbiamo tutti l’impressione che la nostra identità sia minacciata, molte sono le forme per difendere la nostra cultura, il nostro modo di essere, la nostra comunità, la nostra storia, e vanno pertanto respinte tutte quelle forme di reazione violenta che puntano all’eliminazione stessa del diverso, mentre debbono essere fortemente difese tutte quelle forme di confronto che esaltano e difendono le diversità, nella consapevolezza che le diversità culturali rappresentano non un ostacolo ma una ricchezza per lo sviluppo spirituale e materiale dell’umanità.
È indubbio che il governo di una realtà internazionale così frammentata e composita è in sé estremamente difficile.
Il mondo da “bipolare” che era diventò prima “unipolare”, nel senso che l’unica potenza rimasta, per capacità militari, economiche, politiche, gli Stati Uniti d’America, cercarono di esercitare un’egemonia a livello planetario, prevenendo con calibrato dosaggio di hard e soft power le crisi, stemperando le tensioni, portando pace e prosperità in una sorta di riedizione della pax augustea della Roma del I secolo dell’era cristiana. Ma, da che mondo è mondo, una sola potenza non può sostenere da sola la responsabilità di mantenere la pace e la stabilità del mondo.
I primi cinque capitoli del libro sono dedicati ad una “lettura” dei più significativi temi della complessa realtà internazionale dei nostri tempi: l’ordine e il disordine che regna nel sistema internazionale; un’analisi della politica americana durante la lunga presidenza Bush che sta per concludersi; la complessa e multiforme realtà dell’islamismo, visto da diverse angolazioni e assurto a “attore globale”; la genesi del terrorismo di matrice islamica e della sua diffusione; il problema della democrazia e del dispotismo nella realtà degli Stati arabo-islamici, a noi più vicini; la questione dell’emigrazione e dell’integrazione degli immigrati di religione musulmana in Europa. Il capitolo VI è centrato sull’Unione Europea e l’ultimo capitolo è invece consacrato all’analisi di due fenomeni legati fra loro: il processo di globalizzazione dei mercati e l’affermazione della Cina e delle altre economie emergenti, con tutte le implicazioni che ciò significa anche per l’Italia, le sue imprese, la sua competitività. Tutto questo multiforme processo di cambiamento non può essere lasciato al caso, né tanto meno agli spiriti “animali” del mercato. Va governato e occorre lavorare per creare una governance mondiale multilevel, che dovrà essere per forza di cose, espressione di un mondo multipolare, che si dà delle regole e delle istituzioni ad hoc.
L’autore
Giuseppe Scanni è nato a Brindisi nel 1949. È un giornalista professionista. Attualmente dirige le relazioni esterne e i rapporti istituzionali dell’Anas S.p.A. Le sue pubblicazioni più importanti: Musica e Società (Dedalo, 1975); Debito, Crisi e Sviluppo (con G. Pennisi, Marsilio, 1991); Miti e speranze del Terzo dopoguerra (Marsilio, 1995). Ha diretto per oltre un decennio “Politica Internazionale”, periodico dell’Ipalmo. Vicepresidente, negli anni ’80, della Agenzia per i paesi in via di sviluppo Inter Press Service, ha diretto il mensile Alternativa ed il quotidiano Avanti!. Ha collaborato al Giornale, è editorialista del quotidiano romano Il Tempo e partecipa al board della rivista Critica Sociale. Per oltre venti anni ha assiduamente lavorato con Bettino Craxi. Alto dirigente delle Nazioni Unite tra la fine degli anni ’80 e gli inizi degli anni ’90, ha partecipato alla stesura del Piano debito, alla proposta ONU di ricostruzione del Libano ed a missioni di pace per il Corno d’Africa.

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