Auto difettosa risarcito

L'automobile ha un difetto di fabbrica che ne compromette il funzionamento? La concessionaria restituisca all'acquirente tutta la cifra corrisposta per l'acquisto. Non un centesimo in meno. Lo ha deciso la Corte d'appello di Napoli dopo avere esaminato il caso di un cittadino bellonese, G. C., che molti anni fa citò in giudizio la concessionaria dove aveva acquistato l’autovettura. Giorni addietro, al termine di una saga giudiziaria durata oltre tredici anni, il bellonese ha ottenuto giustizia, creando con la sentenza a suo favore un importante precedente per tutti coloro che si sono trovati, o si troveranno, nella stessa paradossale situazione. La storia d G. C. era iniziata nel gennaio del 1994, quando aveva stipulato un contratto di compravendita di un'autovettura Audi 100. Per quella vettura, all'epoca di gran moda, aveva pagato circa 48 milioni di vecchie lire. Eppure la felicità di salire su quell'auto nuova di zecca, era stata ben presto oscurata dall'esistenza di un fastidioso difetto, che, a detta del proprietario, l'avrebbe resa inutilizzabile. In pochi mesi l'uomo si era convinto di ciò e, a novembre dello stesso 1994, tramite un legale citò in giudizio il responsabile della concessionaria. In particolare, il bellonese aveva chiesto al Tribunale di legittimare la risoluzione del contratto di compravendita e di condannare la concessionaria a risarcire per intero la cifra pagata per l'acquisto. Forte, naturalmente, era stata l'opposizione della società, che aveva messo in campo tutte le proprie forze, al fine di dimostrare che al cittadino nulla era dovuto. In particolare, la concessionaria, si era appellata all'esistenza dell'articolo 6 nel contratto di compravendita, nel quale era precisato che "non è consentita la sostituzione di interi "complessivi", che dovranno essere “riparati", e che era escluso espressamente "il diritto alla risoluzione del contratto di compravendita o a una riduzione del prezzo". In altre parole, si trattava di una clausola vessatoria, che escludeva dall'atto di compravendita una garanzia considerata invece essenziale anche dalla Comunità europea. Proprio facendo leva su tale considerazione, l'avvocato difensore ha sollecitato il Tribunale ad esaminare la vicenda, poi ad avvalersi della possibilità di dichiarare d'ufficio l'inefficacia delle clausole vessatorie e, infine, a condannare la società alla restituzione di quanto speso. E se in primo grado il bellonese aveva ottenuto ragione solo a metà, ben diversamente sono andate le cose davanti alla Corte d'appello. I giudici di secondo grado, infatti, dopo avere disposto ulteriori indagini tecniche sull'autovettura, hanno considerato "decisiva" l'anomalia relativa alla differenza tra il passo del veicolo e i valori di omologazione, in quanto tale difformità rende l'auto inidonea alla circolazione. Alla luce di tale evidenza, la Corte ha quindi condannato la concessionaria alla restituzione dell'intero prezzo pagato per l'acquisto dell'auto: ovvero 24.958 euro.

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