“Ho denunciato gli strozzini, ma sono condannato alla fame”
Riceviamo e pubblichiamo: Spettabile redazione, nei giorni scorsi il quotidiano nazionale "Repubblica" ha riportato la grave denuncia di un imprenditore locale che dopo aver denunciato i suoi aguzzini si sente abbandonato e costretto alla fame. Ritengo la notizia di una gravità inaudita per cui ve la giro con preghiera di riportarla integralmente, affinché abbia il massimo risalto, ricordandovi di non tralasciare la fonte: "Beni all´asta, imprenditore ricusa il giudice civile. Racconterà oggi la sua odissea. Fece prendere il cugino di "Sandokan". "I carabinieri mi salvano dai boss poi un magistrato mi manda sul lastrico". Ha il destino nel cognome: Battaglia. Era sua la prima agenzia di viaggio a Caserta, corso Trieste 1, accanto alla Reggia. Ha ancora 500 bufale con latte sicuro, macchinari ultramoderni, nella piana incontaminata tra Caiazzo, Squille e Monterverna. Roberto ha 39 anni, da dieci con la moglie biologa e sei stallieri indiani lotta contro usurai e camorristi. Soccombe dal ?99, paga, nel 2008 si ribella, a luglio fa arrestare la prima di due bande, legata ai Casalesi. Con il cugino di "Sandokan". Ma oggi racconterà a Confindustria le sue vessazioni, le sue paure («Ho nascosto la mia unica bambina»), quelle di troppi imprenditori casertani, ma anche il penoso finale della sua storia. Infatti: non è ancora chiusa. Una storia che Battaglia racconta in un lungo incontro nella fattoria di Caiazzo, tra bufale, tori, mucche, cavalli e un incubo. Quelle porte chiuse. «Mi sono affidato allo Stato finalmente, ma scopro che lo Stato può avere due volti. Con i carabinieri mi libera da strozzini e camorra, con un giudice civile mi manda sul lastrico». Il giudice è di Santa Maria Capua Vetere. Ha già deciso di ricusare. Si comincia dall´Agenzia Battaglia. «L´Alitalia, fine anni Novanta con la deregulation, revoca le 28 agenzie generali in Italia. Una era di mio padre. Biglietti aerei per tutta la provincia. Il fatturato crolla. Le banche ci mettono in sofferenza. Un avvocato consiglia di vendere l´immobile dell´agenzia e ci presenta tre signori. Vogliono investire, dice lui. Ci danno un acconto di cento milioni. Ma le banche impediscono la vendita, hanno una ipoteca. I tre pretendono il fitto di un locale che non possono più comprare e i cento milioni. Ne incassano in poco tempo 300». Non finisce qui, perché Battaglia non si libererà più di loro, né di altri usurai che prestavano i soldi da versare ai primi tre. «Solite minacce, interessi del 10 per cento mensile, in un anno è il 120. Prendevo i soldi dall´allevamento, avevo allora 300 mucche». I nuovi usurai sono ancora più infidi. «Mio padre muore il 19 gennaio 2000, io provo a dire basta. Macché. Gli usurai impongono la cessione delle nostre auto del noleggio a metà prezzo. Uno era un commerciante di auto. Firmavo un assegno da 10 milioni di lire, me ne davano 8. Portavo gli assegni dei caseifici che pagano il mio latte a 60 giorni, e loro trattenevano il 10 per cento. Esempio: su 10 milioni, per due mesi, ne perdevo due. L´azienda produceva bene, lavoravo tanto, ma mi ritrovai con un´esposizione di 250 milioni. Come un naufrago che nuota controcorrente. I debiti si gonfiavano giorno per giorno. Mi fermo a 250 e chiedo una dilazione. L´ultima. Riesco ancora a pagare». Perché sempre nella morsa degli usurai? «Perché le banche non mi aprivano le porte. Avevano ormai aggredito il mio patrimonio, valeva 4 milioni. Non c´era interesse a riaprirle». Ma neanche gli strozzini, recuperati i soldi, lo mollavano. Dall´usura al racket. Roberto Battaglia tra 2003 e 2006 rende più moderna l´azienda: inserisce 500 bufale in un ciclo meccanizzato, perfetti i controlli sanitari e la sala mungitura. Un gioiello. Ma l´azienda attrae. Anche la zona. I casalesi vogliono espandersi verso campi di quieta bellezza, da Caiazzo a Squille a Monteverna. Che Battaglia abbia superato la crisi, sembra certo. Lo scoprono i tre, che avevano tentato di acquistare l´agenzia. «Me li ritrovo in azienda, ogni tre-quattro mesi, dicevano che il conto era aperto, e conoscevano loro la strada giusta per farmi pagare. Capisco qual era la strada ad aprile 2008, e corro in Procura. Viene un certo Giuseppe D´Anna, a nome di Luigi Schiavone, cugino di secondo grado di Sandokan. Sono costretto a incontrarlo a Caserta Nord il primo luglio, ma il procuratore Pierluigi Gay mi aveva subito affidato al colonnello Burgio. A Caserta Nord c´è con me un carabiniere in borghese. Luigi Schiavone mi parla chiaro: sono di Casale, mi dice, e ho in mano i titoli che devi onorare, da questo momento te la vedi solo con me. Insisto: non devo più niente a nessuno, poi prendo tempo, 15 giorni». "Ho denunciato gli strozzini, ma sono condannato alla fame". Attenti al 17 luglio, è la data da ricordare. La mattina un giudice civile dà esecuzione alla vendita dei beni all´asta per soddisfare le banche. La sera alle 17.30 sono arrestati Luigi Schiavone e Giuseppe D´Anna, di professione mago. I carabinieri li fermano all´uscita dell´azienda con 140 mila euro in assegni e tremila in contanti, la somma pattuita dopo quasi un´ora di discussione, tutta registrata. Luigi Schiavone ha addosso anche altri assegni, che forse porteranno ad altre vittime che tacciono. «Devo tutto al colonnello Carmelo Burgo, ai carabinieri di Caserta, fantastici, al maresciallo Francesco Corrado e la sua squadra. Magari mi fossi rivolto prima». Ma le banche hanno memoria lunga. Sono andate avanti. C´è una fideiussione contestata («Indaga la Procura, la firma non è mia») e c´è un giudice civile irremovibile. «Non tiene conto della sospensiva di 300 giorni concessa dal prefetto per legge a chi ha subìto racket e usura. Il giudice dice che non sono stato corretto, che non è arrivata in tempo la notizia degli arresti, e che va all´asta tutto quello che ho. Azienda, casa, tutto». Rischia la vendetta del clan e il patrimonio. Ha cercato Tano Grasso, «ma sono stato ricevuto solo dalla signora Fucito. Il mio caso non è l´unico, lo stesso giudice ha privato di tutto il costruttore Angelantonio Iodice, con la mia stessa storia