Cerreto Sannita. Apprensione per l’ospedale
Il clima è di incertezza. Chi si reca nei corridoi del presidio ospedaliero di Cerreto Sannita sente echeggiare nell’aria un unico argomento: il trasferimento a Sant’Agata de’Goti. Fuori dal nosocomio una mobilitazione dei dipendenti o, sarebbe meglio dire, il timido tentativo di far sentire le proprie ragioni in un contesto dove tutto appare già deciso. Lontano dalla struttura, verso l’ingresso, tre striscioni che scompariranno dopo meno di un’ora perché, ci riferiscono alcuni componenti di quello che è o che sarà il gruppo di unità di crisi, non autorizzati dalla dirigenza. Non si ha ben chiaro subito chi e quanti sono a porre in essere lo stato di agitazione. L’indeterminatezza sembra essere il leit motiv di tutta la questione legata all’ospedale di Cerreto. Il ciclostilato che circola è comunque attribuito a tutti i dipendenti del presidio ospedaliero ‘Maria delle Grazie’ i quali mettono in chiaro che l’unità di crisi è stata creata non perché sia a rischio il loro posto di lavoro, ma perché da persone informate dei fatti, ritengono un dovere mettere a conoscenza la cittadinanza del futuro della sanità pubblica sul territorio. I dipendenti, infatti, sottolineano che il piano di rientro proposto e approvato in giunta regionale lo scorso 31 ottobre, prevede, la soppressione di tutti i posti letto della struttura cerretese e il loro trasferimento a Sant’Agata dei Goti, cosa che causerà una serie di spiacevoli disagi sul comprensorio. “La ricaduta sul territorio, si legge nel documento dei dipendenti – sarà la mancanza di posti letto di ortopedia, chirurgia, medicina, cardiologia, oncologia, nonché la carenza del pronto soccorso. La situazione sanitaria è poi aggravata e resa maggiormente precaria dalla chiusura delle guardie mediche di Telese Terme e Guardia Sanframondi – ci riferiscono – infatti, l’emergenza sarà garantita solo dalla presenza del 118 di Cusano Mutri e di San Salvatore Telesino, che le smisterà a seconda della disponibilità della centrale operativa, nell’ambito regionale. La giusta riflessione – continua il documento – è che l’utenza della provincia di Benevento dovrà per forza affluire ai nosocomi del Fatebenefratelli e del Rummo, con conseguente sovraffollamento che causerà ulteriori disagi ai cittadini”. I dipendenti ritengono che il piano di rientro così come approvato, sia lesivo della norma costituzionale che garantisce il diritto alla salute e non sia efficace nel creare un risparmio della spesa sanitaria. “La strada da seguire – dichiarano i dipendenti – per realizzare risparmio, non è quella di trasferire un presidio, ma poteva essere quella dei tagli alle convenzioni. Da quanto emerge, invece, l’Asl Bn1 mantiene intatte le convenzioni e taglia il pubblico”. I dipendenti si dichiarano disponibili a lavorare con i 14 sindaci che si sono attivati contro la chiusura del nosocomio e pronti a proseguire lo stato di agitazione con un maggior coinvolgimento delle sigle sindacali. (fonte: http://www.ilsannioquotidiano.it/article.php?sid=41310)