Il rapporto uomo donna nell’evoluzione dei tempi

L'evoluzione della specie riguarda anche l'evoluzione dei costumi. Negli ultimi 50/60 anni gli stessi italiani sono cambiati.
Fino agli inizi degli anni cinquanta, l’Italia era un paese prevalentemente agricolo con un sistema di vita ben individuato e radicato. L'uomo lavorava nei campi o come operaio in fabbrica (pochissimi erano gli stabilimenti e collocati specialmente nel nord Italia) mentre. La donna stava in casa, accudiva i figli, a volte lavorava nei campi o più raramente in fabbrica. Di massima, comunque, i rispettivi ruoli venivano rispettati: l'uomo portava il sostentamento per la prole, che era peraltro quasi sempre numerosa, mentre le redini della casa e dell'andamento familiare erano tenute dalla donna.
I figli crescevano con il rispetto per i genitori e lo stretto contatto con la mamma dava loro l'affetto e gli indirizzi giusti per una equilibrata maturazione sentimentale, morale e materiale; la vita scorreva in un equilibrio abbastanza “naturale”. In questo “habitat”, peraltro, gli anziani  erano considerati “depositari del sapere” in quanto la loro esperienza era una ricchezza per le successive generazioni.
In questa società, prevalentemente maschilista il ruolo ed il lavoro femminile veniva sottovalutato, la donna non godeva degli stessi diritti civili dell’uomo, è solo nel 1946 che ottiene il diritto al voto. Vi erano le cosiddette “case di tolleranza”, che non servivano certo a migliorare la condizione femminile.
Nel 1958, con la legge “Merlin, terminò tale mercimonio istituzionalizzato del corpo della donna e fu uno dei primi passi verso la sua tanto auspicata emancipazione.
Con l’applicazione di questa legge, però, giusta ed indispensabile sotto molti profili, sono iniziati, per il maschio  problemi di diverso genere.
Infatti, se era da considerarsi sicuramente censurabile il comportamento di alcuni uomini che, pur in presenza di una regolare vita di coppia, andavano a frequentare le citate “case”, con la chiusura delle stesse, sono aumentate le difficoltà per quei maschi con problematiche sentimentali, sessuali o affettive, la cui percentuale è stata sempre consistente e, nel tempo, in costante aumento.
Con gli anni del boom economico (all’incirca dal 1960) si è iniziato ad osservare un mutamento nei costumi della società che ha investito in via prioritaria, i comportamenti del genere femminile.  
Le  ragazze, sin dall’ adolescenza, hanno iniziato a liberarsi degli stereotipi del passato  mostrando sempre meno quella timidezza e riservatezza che le contraddistinguevano negli anni precedenti. In alcuni casi anzi diventando sfrontate se non addirittura aggressive nei confronti dell’altro sesso.
La donna ha cominciato a sentire riduttivo, il semplice ruolo di moglie e mamma e ha sempre più, mal sopportato l'apparente superiorità dell'uomo nella società. Non bisogna affatto disconoscere che la donna  si è quasi sempre dimostrata all'altezza della situazione, facendosi apprezzare nei vari compiti di lavoro assegnatele.
Il maschio, invece,  ha subito tale evoluzione dei costumi in modo diametralmente opposto. Innanzitutto nel vedere la crescente franchezza di comportamento dell’altro sesso, si è sentito sempre meno sicuro di sé e del proprio ruolo.
 Paradossalmente si è passati da una società fin troppo maschilista ad una società in cui lo scettro del comando, soprattutto nell’ambito famigliare, ma anche in quello sociale, si stava trasferendo in mano alle donne.
Questo stato di cose ha comportato, nel tempo, un crescente disagio del maschio corredato da insicurezza che spesso ha causato anche violenze incontrollate.
Come noto, uno degli elementi più importanti per una equilibrata crescita dell’individuo è l’autostima: se quelli che gli gravitano intorno non si prodigano a far crescere in tale persona questo importante sentimento, si possono avere ripercussioni negative  per tutta la vita
 Ripercussioni negative ne ha subito, anche lo stesso popolo femminile che non ha più trovato di fronte a sé un maschio che le desse sicurezza.
Tutto ciò ha portato sotto il profilo sociale ed economico, anche una specie di sotterranea competizione fra l’uomo e la donna. Ripercussioni di tale situazione, si sono registrati, successivamente, anche nell’ambito lavorativo ed una minore presenza della figura femminile nell’educazione dei figli, spesso affidati ai nonni o a personale di servizio.
Si sta progressivamente verificando una carenza di affetti “naturali” che porta giovani a perdere il giusto equilibrio psico-fisico che solo la costante vicinanza dei genitori ed in particolare delle madri può dare.
La continua diminuzione delle nascite (e conseguente innalzamento dell’età mediadella popolazione), sono venuti a determinarsi  problemi sia economici (in quanto sono notevolmente aumentati i costi per lo squilibrio fra individui che versano contributi e quelle che ne usufruiscono) che sociali per l’assistenza alle persone anziane.
Questi ultimi cioè dire  gli anziani, che progressivamente sono diventati un problema.
 Da qui si sono aggiunte ulteriori problematiche, fino a qualche decennio fa inimmaginabili. Stupisce che i figli unici accettino volentieri di tenere con sé i genitori, anche se inabili, mentre più figli e quindi più generi e nuore, avviene un triste svolta per stabilire diritti e doveri. L’unica soluzione diventa, alla fine, quella di mettere gli anziani in case di riposo.
La tristezza aumenta sensibilmente se si pensa che, spesso oggigiorno, persino un animale vecchio e malato riceve  amorevoli attenzioni maggiori di un essere umano anziano e non autonomo.
Le soluzioni per tornare ad una situazione di equilibrio potrebbero essere in primo
L’intervento dello Stato, con maggiori contributiva erogare alle famiglie ed invogliare le coppie a fare più figli. Inoltre bisognerebbe allungare in modo notevole i periodi di aspettativa retribuita alle donne con prole, come hanno fatto, alcune nazioni  nord-europee allo scopo di consentire alle mamme di avere più tempo per l’educazione dei figli.
Conseguentemente, in una situazione favorevole, verrebbe quasi naturale alla donne, fare un passo indietro per recuperare, almeno in parte, il loro ruolo naturale di mogli e madri,  che è poi nella stragrande maggioranza la reale aspirazione di tutto il mondo femminile. Ruolo che saprebbero svolgere con serenità ma senza, ritornare  alla condizione di sudditanza nei confronti dell’altro sesso come in passato.  
In questo ritrovato clima anche l’uomo potrebbe riacquistare il proprio equilibrio e non considererebbe più  la donna (in particolar modo nell’ambito lavorativo) come un avversario da combattere. Infatti, qualora ci fossero nella società, donne in grado di assumere ruoli manageriali di più elevato livello, nessuno impedirà loro di farlo. Tale maggior velocità di inserimento della donna nel tessuto economico, sociale e soprattutto politico sarebbe un prezioso contributo alla crescita di tutta la nazione, come avviene, di fatto nei paesi scandinavi.
 

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