Patologie mentali come aiutare. Intervista ad Anna Scardigno, psicologa e psicoterapeuta di Roma
Dottoressa come possono essere gestite le crisi di chi soffre di patologie mentali? La problematica dei malati di mente è spesso gestita nel silenzio e tra le mura domestiche, caso molto frequente. Risente del seguente meccanismo: un intervento centrato sulla gestione della crisi. Il carattere di supposta in gestibilità della crisi la trasforma in “emergenza psichiatrica”. Di conseguenza la risposta all’emergenza si esprime con un ricovero, spesso coatto, in ambiente psichiatrico che lascia, al suo termine, in uno stato di abbandono sia il paziente che i suoi familiari.
Cosa bisogna fare per evitare questo stato di abbandono?
L’ intervento alternativo dovrebbe mirare alla prevenzione della crisi e non più alla sua gestione in emergenza, attraverso un lavoro di “rete” tra Istituzioni, Servizi di Salute Mentale e familiari. Il primo passo da fare è quello di assicurarsi che ad una crisi segua una continuità terapeutica ed una presa in carico globale del paziente e della sua famiglia, da parte dei Servizi di Salute Mentale. Gestire una crisi senza ricorrere necessariamente al ricovero, significa cominciare a vederla tra gli eventi familiari e quotidiani del soggetto.
Di cosa ci si può avvalere?
Ci si può avvalere di servizi domiciliari o di sostegno non domiciliare messi in atto da Associazioni attive sul territorio che lavorano in modo complementare ai Servizi. In questo modo si rafforzano i rapporti familiari del soggetto e si supportano i familiari che diventano parte di una rete e non più impotenti di fronte ad una in gestibilità. Altro passo necessario ad una gestione alternativa della crisi è il coinvolgimento dell’ambiente sociale del soggetto. Tutte le risorse presenti vanno valorizzate, dai vicini di casa alle strutture sociali, circoli, parrocchie… In questo modo i Servizi territoriali di Salute Mentale diventano appoggi importanti all’interno di una rete che costruisce spazi di libertà. L’obiettivo di sviluppare una rete, attraverso un cambio di prospettiva è quello di non relegare più la persona sofferente nel ruolo di malato e nel suo sintomo e liberare la famiglia dall’impotenza.
In che modo si attua la “prevenzione”?
Attraverso un lavoro di rete strutturato si attua anche la “prevenzione” che porta ad una riduzione e scomparsa della cosiddetta “crisi”, poiché l’intervento è diventato un processo di costruzione, e non una risposta emergenziale e assistenziale, all’interno del quale anche la famiglia è una parte attiva.