La giornalista Antonela Ricciardi intervista Enrico Oliari

Questa testimonianza di Enrico Oliari, saggista ed, in generale, uomo di cultura, dichiaratamente omosessuale, chiarisce, tra le altre cose, quanto siano variegate e diversificate le posizioni del mondo omosessuale (che Oliari preferisce, originalmente, definire omoaffettivo, ponendo l’attenzione sui sentimenti e soprattutto sull’amore, piuttosto che sull’aspetto più relativo alla materialità). La stessa comunità gay italiana, del resto, non si riconosce in un’unica corrente politica ed in un unico movimento, né si colloca esclusivamente a sinistra. Approfondendo lo studio della storia, ed ampliando gli orizzonti pure a scenari non italiani, la naturalità di queste constatazioni appare ancora più nitidamente: ad esempio, erano omosessuali e non di sinistra il leader di un noto partito olandese, Pim Fortuyn, il recentemente scomparso Georg Haider (per il quale, comunque, la componente di omosessualità doveva essere forte ma parziale, dato un comportamento di fatto bisessuale), Robert Brasillach, esponente fascista francese, ecc… Di questi e di altri argomenti tratta, nel corso della seguente intervista, Enrico Oliari, affrontando questioni che vanno dalla storia alla politica alla psicologia, passando per fattori che riguardano la biologia. Sono temi affrontati da Enrico Oliari, in maniera naturalmente molto più articolata, pure nei suoi libri, pubblicati con la Prospettiva Editrice (da non confondersi con la quasi omonima Prospettiva Edizioni).  
RICCIARDI: “Nel corso della tua attività scrittore, e, in generale, di uomo di cultura, hai studiato in modo approfondito le condizioni delle comunità omosessuali in diversi luoghi dello spazio, ed in diversi momenti del tempo: pur tenendo presente che un resoconto dettagliato di tali tue ricerche ed analisi non può essere sviluppato nel corso di questa intervista, puoi riassumere almeno alcuni degli aspetti più interessanti e magari inaspettati che hai portato a maggiore luce riguardo la vita degli omosessuali in contesti differenti? In particolare, ti chiedo se tali tuoi approfondimenti ti abbiano arrecato delle sorprese, se abbiano sfatato dei “luoghi comuni” propri, almeno, di tanti…”
OLIARI: “Io penso che la comunità omosessuale (o, come piace dire a me, omoaffettiva) per ottenere i diritti civili che reclama debba dimostrare di essere sempre esistita e non di essere un fenomeno passeggero figlio di questi tempi trasgressivi; e per dimostrare ciò deve scoprire, valorizzare e far conoscere la propria storia.
La sessualità e l’affettività, elementi primari nella vita dell’individuo, sono state nella storia oggetto di continuo controllo da parte di chi governa per via della rilevanza sociale che esse hanno: i ruoli della donna e dell’uomo sono stati imposti dall’alto per secoli, come pure le dinamiche dei rapporti reciproci e persino dei comportamenti legati alla sfera più intima. Nel popolo ebraico, bisognoso di soldati e di pastori in un’epoca di alta mortalità infantile, l’omoaffettività era fortemente stigmatizzata, fattore questo ereditato poi dalle religioni monoteistiche e che si è espresso (ma in molte realtà è ancora così) in secoli di repressioni e di violenze. Il bisogno di comunicare e di esprimere sé stessi ha comunque dato vita ad una sottocultura assai ricca, a volte celata, a volte semi-espressa (si pensi alle opere di Michelangelo). Esiste quindi un mare magnum fatto di letteratura, di arte, ma anche quotidianità, che parte dall’antica Roma e arriva ad oggi che merita di essere studiato e conosciuto non solo perché di per sé bello o interessante, ma anche perché parte integrante della Storia dell’Umanità.
Personalmente mi vanto di due miei studi in particolare: ne “L’omo delinquente” (Prospettiva editrice 2006) riporto alla luce, dopo faticose ricerche, scandali e delitti legati al mondo omosessuale italiano di fine Ottocento – inizi Novecento (quando il “rapporto contro natura” venne depenalizzato), ovvero fatti e fattacci che spesso si inserirono nella diatriba fra clericali ed anticlericali, borghesi e socialisti e quindi strumentalizzazioni a fini politici (per lo scandalo dei Salesiani di Varazze del 1907 vi furono moti di piazza in tutta l’Italia, sedati dall’intervento dell’esercito). In “Omosessuali? Compagni che sbagliano”, uscito da poco, tratto un argomento tabù nel nostro paese, ovvero ricostruisco la netta avversione che comunisti e  socialisti italiani avevano nei confronti dei gay, almeno fino alla morte di Pasolini; nello stesso lavoro racconto anche dell’“l’omocausto rosso” che ha caratterizzato l’Unione sovietica, la Cina, Cuba e gli altri paesi socialisti. In entrambi gli studi vi sono delle chicche, come la sentenza di condanna del fotografo tedesco von Plueschov e l’intervista fatta a Costanza di una ragazza romena imprigionata, torturata e violentata in quanto lesbica.
RICCIARDI: “Tu stesso sei omosessuale: quando e perché hai fatto la scelta, suppongo non facile, di esplicitare, anche pubblicamente, questo tuo orientamento sentimentale e sessuale? E quali reazioni incontri, di solito, di fronte a questa tua condizione resa palese?”
OLIARI: “Vedi, in una società “normale” non sarebbe stato necessario esprimersi pubblicamente come omosessuali. Se il fatto di essere gay non comportasse continue discriminazioni sia dirette che indirette (dovute cioè al vuoto giuridico che riguarda la piena cittadinanza di chi è omosessuale), non mi sarei mai sognato di cavalcare questo tipo di battaglia. Purtroppo viviamo in un paese dove i gay vengono licenziati sul posto di lavoro in quanto tali, dove basta un pettegolezzo per chiudere un’amicizia, dove si rischia di essere aggrediti ad ogni angolo di una strada, dove ti scrivono “frocio” sull’automobile. Personalmente non sono un esibizionista, non sono portatore di cliché, non avverto in me femminilità come pure non ho comportamento e apparenze femminili, ma sono un maschio, contento di essere maschio, che ama un altro maschio: questo a molti non va bene, in nome della Chiesa o perché si esce dal canone moralista di chi vuole il maschio produttivo e ri-produttivo (come diceva Mario Mieli).
Perché, mi chiedo, se pago le tasse di tutti, non ho i diritti di tutti? Perché non posso andare a trovare il mio compagno di vita in ospedale, o non posso destinare a lui i frutti di una vita passata insieme? La società italiana è profondamente eterosessista e io lotto, nel mio piccolo, perché divenga la società di tutti, che dei portatori di cliché e di coloro che avvertono in sé più o meno femminilità.”
RICCIARDI: “Storicamente, a volte, le varie sinistre, sia pur con diverse gradazioni, sono state più aperte e “rispettose” nei confronti di diverse minoranze, tra cui quella gay… eppure, tu ti definisci “di destra”: puoi aiutarci a capire meglio le motivazioni di questa tua posizione?”
OLIARI: “Innanzitutto non è vero che “storicamente” le sinistre sono state vicino agli omosessuali o alle loro istanze: almeno fino alla metà degli anni Settanta per il mondo comunista e socialista l’omosessualità era un male borghese, un vizio delle classe agiate che veniva rigettato sulla classe proletaria. Addirittura durante il fascismo il partito comunista raccomandava ai confinati politici di masturbarsi per non cedere all’omosessualità e di isolare eventuali omosessuali. I socialisti di primo Novecento furono i peggiori nemici dei gay ma anche nel Dopoguerra comunismo ed omosessualità restavano due concetti nettamente contrapposti: vigeva nel partito una sorta di “moralità socialista”, assai più rigida di quella cattolica, che se disattesa poteva significare l’allontanamento dal partito e quindi, in certi ambienti lavorativi, la morte sociale. Tant’è che il movimento omosessuale italiano nacque prima autonomo e poi si portò nel  partito radicale e nella sinistra extraparlamentare (dove si discuteva di omosessualità ma guai a dichiararsi gay). Dopo la morte di Pasolini i comunisti seppero capire sia l’importanza di una nuova battaglia culturale, sia il fatto che gli omosessuali rappresentassero comunque un bacino di voti, ma sull’autenticità di certe sovrapposizioni ci andrei cauto, dal momento che l’Italia è uno degli ultimi paesi dell’Unione Europea a non vedere riconosciute le coppie gay grazie anche all’ipocrisia centrosinistra.
Io culturalmente mi reputo di destra, o meglio, di una destra moderna, oserei dire “rivoluzionaria”, per nulla conservatrice e men che meno bigotta, com’è quella di Fiore. E certamente non rinuncio al mio orientamento politico per il fatto di essere gay, o al mio orientamento affettivo per il fatto di essere di destra: non erano di destra Khuen, Caignet, Keller, Comisso, Roehm? Gay e di destra, non ci vedo nulla di strano: l’importante è lottare per quello in cui si crede, a testa alta e senza vergogna.”
RICCIARDI: “Ritieni che l’omosessualità sia di solito determinata da fattori innati o da influenze ambientali?”
OLIARI: “Vi sono diverse teorie su cosa determini l’omosessualità, ma certamente ogni individuo ha in sé una percentuale maggiore o minima di omosessualità (Kinsey). Personalmente sono convinto che vi siano comportamenti omosessuali dovuti alle circostanze ambientali (carceri, caserme), ma anche persone che nascano gay perché geneticamente predisposte a sentirsi attratte da un partner dello stesso sesso (LeVay). Secondo uno studio infatti gli omosessuali possiedono un cromosoma (XQ28) che determinerebbe l’orientamento omoaffettivo e quindi si tratterebbe di un carattere somatico al pari del colore dei capelli o del timbro della voce. Se si trattasse di un fattore esclusivamente ambientale o di un “vizietto”, perché l’omosessualità è presente, per quanto repressa, in ogni popolo ed in ogni epoca? E’ solo voglia di trasgressione? Non credo: se uno è gay e se sceglie di vivere il proprio orientamento in modo coerente, lo fa sapendo di dover compiere sacrifici fra i quali rinunciare alla paternità o alla maternità che nella vita di un individuo sono aspetti fondamentali, e lo fa perché nasce gay.”  
RICCIARDI: “Hai riscontrato differenze significative sul modo in cui vengono trattati gli uomini e le donne omosessuali (e/o bisessuali)?”
OLIARI: “La prima differenza è, come dicevo sopra, uno Stato di diritto che, per dare i diritti, va a vedere cosa fanno i propri cittadini sotto le lenzuola: se sei gay e convivi non hai per nulla i diritti e i doveri di una persona sposata. Ogni componente di una coppia deve avere l’obbligo di assistere il proprio partner in ospedale o in carcere, non solo il diritto di farlo, al di là che sia etero o gay. In nome della “moralità di Stato”, tanto cara sia al centrodestra che al centrosinistra, vi sono una serie di diritti che non vengono riconosciuti alle coppie omoaffettive, tanto che ormai siamo stati superati in tema non solo da paesi dell’Europa dell’Est, ma persino da nazioni del Terzo mondo. Fa riflettere la “patria del diritto” superata dall’Ecuador e dal Sud Africa…
La cosa che più mi fa infuriare è la pressante scusa, tutta italiana, secondo cui i gay minacciano l’istituto famigliare, come se precariato, alto costo della vita, caro-alloggi fossero colpa dei gay e non della nostra classe politica inefficiente e incapace, eterosessista e cattolicona salvo poi essere composta da divorziati che magari vanno con le minorenni.
Vi è poi un alto tasso di omofobia, specialmente al Sud e nelle realtà suburbane, che spesso sfocia nella violenza o nell’ostacolo al mondo del lavoro. Da questo punto di vista sono anche dubbioso verso l’immigrazione islamica, che, laddove diviene realtà consolidata, rappresenta un rischio per i gay e non solo (si veda il pensiero di Pim Fortuyn, gay e leader della destra olandese assassinato nel 2002).”  
RICCIARDI: “Per rimanere al nostro Paese, valuti che in Italia ci siano ancora diritti significativi che le persone omosessuali non hanno ancora conquistato? Se sì, quali sono?”
OLIARI: “I gay italiani non hanno mai conquistato diritti in Italia, nonostante le lotte politiche. Ora si sta provando la via giudiziaria, dal momento che la classe politica ignora volutamente le richieste di tre milioni di italiani e le raccomandazioni del Parlamento Europeo (che va bene solo quando dà contributi e marchi DOP), come da indicazione vaticana. Infatti nessun articolo della Carta costituzionale nega ai gay il diritto di sposarsi”.  
Antonella Ricciardi, 4 giugno 2009

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