La lezione lasciata dai morti di Kabul

Dolore, cordoglio, lutto. Prima di cercare il senso della morte dei parà di Kabul, pensiamo a tutte le cose che hanno circondato un evento così tragico, a cominciare da questa parole. Quando La morte fa notizia, quando un evento di questa portata investe una comunità intera spesso si tocca la retorica e l’ipocrisia e l’informazione ci aggiunge toni tali da far prevalere il sentimento della commozione sul fatto reale.
Ed è così che i funerali di stato, oppure i vari servizi in tv finiscono per oscurare i sentimenti reali, che vengono sostituiti dai soli applausi all’uscita della chiesa oppure in uno studio televisivo. Il nostro è ormai un nazionalismo soffuso che deleghiamo ai soli successi sportivi,poiché viviamo l’Italia come un territorio unito solo dalla lingua comune. Morire per Kabul?E’ una domanda che dopo il terribile attentato del17 settembre, ha investito di nuovo il nostro paese. Tutti i sondaggi degli Stati Uniti della Germania e della Gran Bretagna segnalano una maggioranza che boccia queste missioni, è forte il timore che l’Afganistan possa trasformarsi in una nuova Vietnam. Eppure i talebani che hanno ucciso i nostri paracadutisti, così come sei anni fa a Nassirya, gli stessi di una battaglia vecchia di almeno cinquant’anni, sono i seguaci di Bin Laden che hanno attaccato le Torri Gemelle.
Eppure quasi nessuno resta insensibile davanti all’immagine delle bare ricoperte dal tricolore, le mogli e i figli commossi, foto e medaglie. Le code di uomini e donne in burqa alle urne che nonostante gli almeno ventisei morti provocati dai talebani, hanno deciso di votare è la testimonianza dei passi in avanti che l’Afganistan sta facendo sull’onda del risanamento civile che sta avvenendo.

Condividi questo articolo qui:
Stampa questo post Stampa questo post