Concerto di Vasco Rossi al Palamaggiò

Sei volte Vasco. Ogni volta che annuncia un nuovo tour si scatena un delirio che si sfoga nel sold out di biglietti in poche ore. Era il 1978 quando usciva il suo primo LP “Ma cosa vuoi che sia una canzone”; sfrenato e dannato, ribelle e anticonvenzionale, negli anni è diventato il mito del rock italiano. Fanatismo? Forse alcuni esagerano, altri invece sono più moderati, eppure piace e nessuno può negare la meraviglia tonica che diffonde ogni suo show. Sei volte al Palamaggiò di Caserta, perché i “vasconvolti” sono troppi per contenerli tutti in una sera. Sei volte Vasco: quello degli esordi, degli intoppi, degli stadi, del rock sotto l’assedio, dei brividi che volano, e quello commosso quando ricorda Massimo Riva. Nella cornice metallica che sorregge fari, casse imponenti e schermi ai lati,Vasco gestisce la scena, si agita, coinvolge, si poggia all’asta del microfono e ironizza, con la semplicità che lo contraddistingue, essenziale nel verbo, disinvolto nel gesto. Riesci a vedere i colori dei suoni: strisce di led sullo sfondo, luci trasversali bianche, blu, rosse, viola, si intersecano e confluiscono nella folla, creando una fusione armonica di note pulsanti. Il suono circonda, la luce permea. Tutto funziona, soprattutto perché Vasco ha al suo fianco la grandiosa band di sempre: Maurizio Solieri e Stef Burns alle chitarre, Claudio Golinelli al basso, Alberto Rocchetti al pianoforte e tastiere, Andrea Innesto al sax e cori, Matt Laugh alla batteria, Frank Nemola alla tromba e Clara Moroni ai cori. “Un gran bel film” dà inizio alla sequela di brani estrapolati da una carriera trentennale: “La nostra relazione”, la struggente “Anima fragile”, l’anaforica “Ogni volta”, l’intensa “Gli angeli”, l’evanescente “Un senso”. Le canzoni si inseguono, i ritmi incalzano, poi rallentano, si attenuano, sfumano. Il concerto è un invito all’emozione, quando Vasco si ferma e intona “Sally” arpeggiando la chitarra acustica; il tempo si ferma qui, nella dimensione acustica, e lo spettacolo volge al termine, fino all’esplosione finale; come sempre, tocca ad Albachiara congedare il pubblico che resta ancora una volta “Senza parole”.

 

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