Intervista a Monia Benini
Nell’intervista che segue, Monia Benini, giovane attivista di Ferrara, presidente della Lista civica nazionale “Per il Bene Comune”, illustra le posizioni politico-culturali del movimento, originali e non conformi rispetto ai poteri dominanti. Nel dialogo di cui sotto, inoltre, Monia Benini mostra le ampie prospettive del suo partito, che spaziano dalla politica estera a quella interna, dalla questione energetica alle tematiche ambientaliste.
Ricciardi: “Il partito che presiedi, la lista Per il Bene Comune (P.B.C.), è parte di un’area culturale di sinistra alternativa, che si distingue dalle posizioni di diversi grandi partiti, in parte anche di opposizione, per diverse idee fondamentali: ad esempio, voi siete contrari alla presenza militare italiana in Afghanistan. Riguardo questo tema, vi trovate, in effetti, in una posizione minoritaria per quanto riguarda i partiti italiani, ma maggioritaria per quanto concerne le posizioni della popolazione italiana, che in diverse indagini è risultata essere al 70% favorevole a tale ritiro… Puoi spiegare le ragioni della vostra contrarietà alla presenza di forze militari straniere in Afghanistan?”
Benini: “Vorrei subito fare una precisazione, nel senso che la lista Per il Bene Comune è realmente parte di un'area culturale alternativa, ma non di sinistra. La sinistra italiana ha fattivamente rinnegato gli ideali e i valori che l'avrebbero dovuta teoricamente distinguere da centro e destra, da diversi anni (ciò è stato evidente già a partire dal conflitto in Yugoslavia). P.B.C. al contrario, respinge ogni collocazione, difendendo coraggiosamente posizioni apparentemente difficili o “scomode”. Nel caso dell'Afghanistan, ad esempio, cerchiamo di svelare l'inganno dei Governi che si sono avvicendati: sotto le finte spoglie di una missione di pace, hanno calpestato l'art.11 della Costituzione e hanno impegnato militari italiani in operazioni di guerra. Con la falsa motivazione di voler esportare la democrazia, di fatto, i nostri soldati hanno occupato un Paese sovrano, riversando in questo e in altri teatri di guerra milioni di euro, che avrebbero potuto essere impiegati per risolvere gravissime situazioni italiane (occupazione, servizi sociali, scuola, ricerca, sanità, ecc…). L'ennesima dimostrazione che l'Italia non è un paese sovrano, bensì un paese vassallo degli U.S.A.”
Ricciardi: “Siete anche contrari allo sviluppo di un nucleare italiano: anche in questo caso, diversi altri partiti si sono invece orientati per un sì al nucleare, ma nel 1987, con un referendum, la maggioranza degli italiani si era espressa per un no al nucleare, cosa della quale non si sta tenendo conto. Puoi, così, esprimere i motivi di questa vostra posizione? Ed in che modo interpreti questo vostro essere, per diversi aspetti, più vicini ai sentimenti profondi delle persone che ai partiti più accreditati?”
Benini: “A differenza di chi sostiene che i referendum abbiano una data di scadenza e che quindi l'opinione espressa dagli Italiani nel 1987 sia superata, noi sosteniamo con forza la validità di quella scelta. La riprova l'abbiamo avuta con una petizione popolare, con la quale – senza risorse e quindi senza pubblicità e risonanza mediatica – abbiamo raccolto oltre 50.000 firme in tutto il paese. Queste firme consentirebbero agevolmente il passaggio successivo, ovvero una proposta di legge di iniziativa popolare che, se il Parlamento avesse mantenuto la propria funzione legislativa, dovrebbe subito essere presa in considerazione per un intervento efficace rispetto alle decisioni assunte dal Governo. Paradossalmente, invece, accade che persino il Presidente della Repubblica, al quale abbiamo chiesto 5 minuti per potergli consegnare il malloppo delle firme, non ci abbia ancora neppure degnato di una risposta.
Nel merito, ci sono tantissime ragioni per considerare il ritorno al nucleare una scelta irrazionale. Non è vero che ci libererà dalla dipendenza dall'estero dal momento che l'uranio (che ha costi esponenzialmente in rialzo, e che è destinato comunque all'esaurimento) dovremmo acquistarlo all'estero. Non è vero che la realizzazione di centrali nucleari ha costi ridotti e a meno che non arrivino copiosi contributi statali e/o europei (come nel caso del CIP 6 per inceneritori, turbogas, ecc…) non c'è convenienza nella realizzazione degli impianti. Basti pensare che l'Australia, paese ricco di uranio (facilmente estraibile), non ha nemmeno una centrale nucleare. Poi c'è la questione sicurezza: sia nel periodo di funzionamento (a parte i possibili incidenti, va tenuto in considerazione il fatto che l'acqua usata per il raffreddamento dell'impianto è radioattiva), sia per il materiale di “rifiuto”. Non è ingabbiando le scorie in una camiciola di cemento (che ha una tenuta di un centinaio d'anni) che si risolve il problema di una radioattività che permane per migliaia o addirittura per milioni di anni. Nel 2010 comincerà il rientro in Italia di parte delle scorie (delle centrali preesistenti) che abbiamo spedito, con costi enormi, in Inghilterra e in Francia per “vetrificarle”: sarà interessante vedere come sarà affrontato il problema della loro sistemazione… Nel frattempo, è già cominciata la solita manfrina per far digerire ai territori il rischio e i costi di questa scelta: la monetizzazione del danno, la compensazione per la presenza degli impianti nucleari, in modo che la popolazione e gli enti locali abbiano di che “guadagnarci” nell'immediato. Tutto sembra congeniale all'arricchimento delle solite lobbies, mentre come sempre a rimetterci saranno nel medio-lungo temine i territori, le produzioni agricole, la salute dei cittadini. Le soluzioni che propone P.B.C. mettono in discussione il sistema centralizzato di produzione, controllo e distribuzione dell'energia elettrica: il fotovoltaico, il solare termico, l'eolico domestico distribuiti nei vari edifici (unitamente a misure di risparmio e di efficienza energetica delle strutture abitative), micro impianti idroelettrici, lo sfruttamento della forza del mare, ecc… sono interventi che sarebbero certamente efficaci e partecipati dai cittadini. In ogni caso questi interventi devono essere accompagnati da un ripensamento di un sistema che oggi impone la logica di una “felicità” dipendente da consumi sempre più sfrenati. Dobbiamo ragionare nell'ottica di una diminuzione della nostra impronta ecologica, se vogliamo salvaguardare il nostro pianeta e la nostra stessa esistenza.
Crediamo in questo modo, appunto, di operare per il bene comune, mettendo al centro il benessere delle persone contro gli interessi degli speculatori. Questo nostro modo di fare si riflette in tutte le nostre proposte: analizziamo il problema e cerchiamo soluzioni di buon senso, che consentano una certa efficacia e al contempo un grande risparmio di denaro pubblico. E se pensiamo alla disperazione dell'attuale situazione italiana, forse è proprio per questo che ci avviciniamo al modo di sentire delle persone che sfuggono alle gabbie dei partiti, delle mafie, delle strutture massoniche deviate, delle lobbies economiche e politiche”.
Ricciardi: “Nella primavera di quest’anno hai fatto parte, assieme al nostro connazionale Fernando Rossi, della componente italiana della Carovana della Speranza, che portava aiuti, innanzitutto medici, alla Striscia di Gaza, isolata economicamente e ferita dalla carneficina nella quale sono morti più di 1300 palestinesi, a causa dell’esercito ebraico, tra dicembre 2008 e gennaio 2009… Puoi raccontare, nelle linee essenziali, in cosa sia consistita questa vostra missione? E, soprattutto, che situazione hai trovato in terra palestinese?”
Benini: “La Carovana della Speranza è partita da Genova con 39 mezzi, provenienti da 13 paesi europei, 15 ambulanze, camion e furgoni pieni di lettighe, sedie a rotelle, stampelle, medicinali, software per le persone cieche, ecc…destinati alla popolazione di Gaza in assoluta emergenza a causa di un assedio che dura da tre anni e della recente criminale guerra contro la popolazione. Io e Rossi, insieme ad un fotografo e ad un operatore video (del coordinamento nazionale di P.B.C) siamo partiti il giorno successivo alla volta del Cairo per partecipare agli incontri con le autorità locali per agevolare la buona riuscita della missione, che aveva subito i primi rallentamenti rispetto a quanto pianificato: infatti, una volta giunti ad Alessandria, anziché dirigersi direttamente verso il confine con Gaza, i mezzi sarebbero stati trasbordati verso Port Said, e da qui, via terra, sarebbero giunti direttamente a Rafah. Lo spiegamento di forze di polizia ci aveva lasciato dubbiosi, ma la rapidità con la quale attraversavamo i check point dislocati lungo il percorso, ci aveva convinto che gli accordi sarebbero stati rispettati. Nel tardo pomeriggio invece, per ragioni di sicurezza, ci veniva imposto di passare la notte ad Al Arish; solo il mattino seguente abbiamo potuto raggiungere il confine. Qui è accaduto un fatto incredibile: siamo stati bloccati con i passaporti già timbrati con il visto di transito per la Striscia. Ci sono stati ritirati i passaporti, ed abbiamo passato la notte dormendo sul pavimento dell'edificio doganale. Dopo una giornata estenuante, abbiamo appreso che solo 20 persone sarebbero transitate oltre confine e i mezzi sarebbero stati ritirati da autisti palestinesi (costringendo così al rientro in Italia i nostri operatori).
Siamo entrati in piena notte con un'accoglienza indescrivibile: molte persone erano scese in strada per salutarci e darci il benvenuto. Il giorno seguente abbiamo cominciato la distribuzione dei materiali sanitari: metà convoglio è stato consegnato all'ospedale Al Shifa, dove abbiamo potuto costatare che ci sono attrezzature per la dialisi e macchinari per il trattamento oncologico che non possono funzionare per mancanza di pezzi di ricambio; per questo molti malati sono costretti a curarsi all'estero (Egitto, Israele), legandosi alla speranza di un permesso di ingresso che non arriva mai. Abbiamo poi visitato diverse zone e abbiamo visto edifici distrutti o crivellati di colpi, scuole, moschee e fabbriche rase al suolo, la popolazione costretta a vivere in tende a margine delle rovine, quando non direttamente all'interno delle strutture semidistrutte delle loro case, bambini che giocano fra cumuli di detriti, scheletri di animali diventati oggetto di un folle tiro al bersaglio, persino cimiteri bombardati e… a poche centinaia di metri l'esercito israeliano che appiccava fuoco ai campi di grano palestinesi. Nei giorni seguenti, abbiamo continuato la distribuzione dei materiali che avevamo portato con noi: dal software per gli ipovedenti per il centro UNRWA, ad altri mezzi all'ospedale Naser. Abbiamo poi potuto incontrare il Primo Ministro e il Governo di Gaza, ed abbiamo così compreso a fondo quale sia la situazione politica locale: le nostre opinioni sono poi state confermate dai dirigenti dell'UNRWA stessa, i quali hanno evidenziato i danni letali prodotti dall'embargo e le massicce violazioni dei diritti umani che subisce la popolazione di Gaza. Ero pervasa da rabbia e sgomento: sensazioni rinnovate nel vedere la stanza bombardata di un ospedale per disabili, o l'edificio con le attrezzature tecnologiche maggiormente all'avanguardia completamente raso al suolo all'Università islamica. Un nodo alla gola che mi attanagliava continuamente, sino a quando non è stato più possibile trattenere le lacrime, come durante l'incontro con i familiari degli 11.000 prigionieri palestinesi (tra cui il Presidente del Parlamento): persone spesso arrestate senza nemmeno sapere il capo di imputazione, senza un processo, torturate, senza contatti con le loro famiglie. E mentre la comunità internazionale, con in testa l'Italia, si scomoda per chiedere il rilascio di un soldato israeliano, nessuno si batte per quei detenuti privati dei loro diritti e della dignità della loro esistenza.
Durante l'incontro con il Comitato legale per il ricorso alla Corte Penale Internazionale per i crimini di guerra commessi da Israele, abbiamo sentito le testimonianze e visto le ferite che ancora portano sui loro corpi i piccoli sopravvissuti alla strage della famiglia Al Samunya, quando i soldati israeliani raccolsero con un rastrellamento ben 32 persone all'interno di un edificio e lo colpirono per uccidere tutti. Oltre a questo, il Comitato ci ha presentato anche una serie di testimonianze sull'uso di armi proibite come il fosforo bianco e le DIME; ci ha mostrato le prove di come, al contrario di quanto andavano propagandando i media occidentali all'epoca dei fatti, fosse l'esercito israeliano a fare prigionieri i civili palestinesi per usarli come scudi umani.
Siamo stati pochi giorni a Gaza, eppure da subito ho potuto apprezzare quanto sia meraviglioso quel popolo: nonostante le difficoltà e la situazione disperata, la sua grande forza, la sua dignità, il valore che attribuisce alla vita, il rispetto per le persone,ecc…hanno fatto sì che, quasi inspiegabilmente, io mi sia sentita come in una grande splendida famiglia. E tutto questo mentre mi vergognavo di essere cittadina di uno di quei Paesi che sono complici nell'embargo, di un Paese che assalta il denaro pubblico anche per finanziare un accordo militare con Israele.
Non sono mai stata antisemita (questa parola la lascio usare alle persone che ignorano la storia, ma vogliono asservirsi al governo e ai poteri forti israeliani), ma di certo sono antisionista. Perchè nel 2009 è incredibile che, con cieco furore e rabbia assassina, il governo e l'esercito israeliano possano privare un popolo della propria terra, dei propri diritti, della propria vita. E se molti “benpensanti”, saltati sul carro dorato della lobby sionista, passassero anche un solo giorno a Gaza per vedere cosa è stato fatto a quelle persone, quali sono gli effetti di un assedio che strangola, che lede le vite di un milione e mezzo di persone, costringendole in una prigione a cielo aperto… scoprirebbero quanto sia criminale quell'ideologia della quale hanno deciso di essere complici”.
Ricciardi: “La vostra lista civica, che è di tipo nazionale, è particolarmente sensibile al tema dell’ambiente anche riguardo la questione degli inceneritori: cosa sostenete e proponete al riguardo?”
Benini: “Anche sul tema dell'incenerimento i media ci propinano continue menzogne, sostenuti da celebri “professori” che dichiarano l'insussistenza dei danni alla salute e all'ambiente. Non dobbiamo accontentarci delle (dis)informazioni di chi parla, sponsorizzato da chi costruisce quegli impianti, e si trova le tasche piene di finanziamenti distolti truffaldinamente dalle fonti di produzione energetica effettivamente rinnovabili. Con la giustificazione di uno “stato di emergenza” (utile, ad esempio per altri versi, anche per una militarizzazione del Paese stesso e per alimentare un diffuso odio razziale) hanno fatto digerire agli Italiani l'idea che “bruciare” sia l'unica soluzione, infischiandosene allegramente dei danni alla salute e alle produzioni (agricoltura, allevamento). Per fare un rapido calcolo, basta utilizzare un software messo a disposizione tramite un progetto UE, disponibile in internet sul sito externe.info: si tratta di EcoSenseLE che consente un calcolo indicativo dei costi dovuti ad uno specifico impianto di incenerimento. Se la questione è risolvere il problema dei rifiuti, sarebbe più opportuno intervenire per un'efficace raccolta differenziata spinta, nella direzione di un'ottica “rifiuti zero”,( con un ripensamento anche al sistema di produzione di imballaggi e contenitori).”
Ricciardi: “Siete fuori dai due principali schieramenti di centro-destra e centro-sinistra; avete pensato e/o pensate di allearvi con altre forze politiche?”
Benini: “P.B.C. rifiuta qualsiasi collocazione “geografica”, proprio perchè la gravità della situazione è tale da richiedere di affrontare le varie problematiche in modo pragmatico, fuori dallo steccato di ideologie superate o comunque limitanti. Un po' come in una modernissima resistenza, è quanto mai opportuno unire tutte le forze sane fuori dai 'giochetti' politici e dalle dipendenze 'estere', per cercare di realizzare i principi che Per il Bene Comune indica nel proprio Statuto, ovvero:
– contribuire a modificare l'attuale strapotere economico, politico, militare, mediatico e scientifico, delle grandi holding finanziarie che stanno portando il pianeta verso la catastrofe ambientale, violando i trattati e rinnegando le poche preziose conquiste raggiunte nei decenni recenti, in materia di diritto internazionale, di disarmo atomico, di rispetto delle diverse culture e dei diritti umani;
– contrastare il blocco politico affaristico, rappresentato anche in Italia dal sistema finanziario, dai media, dalla malavita organizzata e dai partiti, che lavora per appropriarsi delle risorse pubbliche e del territorio, e che rende sempre più difficili le condizioni di vita del popolo;
– mettere al centro di tutte le scelte l'attuazione della Costituzione Repubblicana, garantendo un'esistenza dignitosa a tutti gli italiani, la tutela ed il rispetto dei diritti di chi lavora, dei pensionati e dei disabili, sostenendo chi intraprende, e garantendo la fruizione degli strumenti culturali, l'istruzione e la difesa della salute a tutte le persone”.
Ricciardi: “Puoi indicare almeno alcune delle altre posizioni della lista P.B.C.?”
Benini: “Oltre alla difesa della scuola pubblica, del ruolo della ricerca universitaria, dei beni pubblici (fra cui l'acqua), sosteniamo l'introduzione di una vera class action a tutela dei cittadini, e ci opponiamo al continuo consumo di territorio con continue cementificazioni (dai megapalazzi ai centri commerciali, sino alle grandi opere inutili e dannose). Per quanto riguarda più specificatamente l'ultima assemblea nazionale, sono particolarmente orgogliosa di due elaborazioni dell'organo sovrano di P.B.C. (ovvero la stessa assemblea degli aderenti). Il primo documento è costituito da una serie di punti programmatici, reperibili qui: http://www.perilbenecomune.net/upload/documentazione/assemblea_nazionale/programma_partecipato_mu.pdf , derivanti da un confronto-dibattito avviato attraverso la rete, e da una successiva votazione aperta ad aderenti e non aderenti a P.B.C: un programma partecipato, un modo quindi per esercitare direttamente la democrazia. L'altra cosa veramente importante è, a mio avviso, la risoluzione sulle basi militari in Italia (http://www.perilbenecomune.net/upload/documentazione/assemblea_nazionale/politica_estera.pdf ), dove si ricorda che la presenza militare americana ha un ruolo di politica egemonica, e un impatto sul territorio e le popolazioni direttamente interessate. PBC ha presente sia la sfera della politica estera che quella interna poiché le logiche di guerra non colpiscono solo oltre confine, ma anche sul nostro territorio manifestandosi su più piani, dal taglio delle politiche sociali e dei diritti civili, alla costruzione di nuove armi, dalle campagne razziste e islamofobiche ad un nazionalismo patologico e fanatico.
Tutte le nostre posizioni, e di conseguenza il nostro progetto politico, sono state elaborate collegialmente e sono trasparenti. Non avendo però mezzi economici per poter curare pubblicazioni informative o un giornale, cerchiamo di utilizzare internet (www.perilbenecomune.net), pubblicando tutto ciò che connota la nostra attività e trasmettendo in diretta web le iniziative che promuoviamo nelle varie realtà”.
Ricciardi: “Vi siete già presentati in ambiti elettorali? Se sì, con quali risultati?”
Benini: “Per il Bene Comune si è presentato per la prima volta alle elezioni politiche dell'aprile 2008: completamente senza risorse economiche e contro i vari centri di potere, siamo stati tagliati completamente fuori dal circuito mediatico (lo stesso Centro Nazionale per l'Ascolto ha quantificato la nostra presenza televisiva nello 0,02% dell'intera programmazione elettorale…alla faccia della par condicio!). Siamo riusciti a raccogliere 120.000 voti, pari a circa lo 0,35% nazionale: un miracolo se si considera che l'elettorato non ha saputo della nostra esistenza ad eccezione delle località nelle quali abbiamo cercato di organizzare qualche iniziativa di informazione.
In seguito, siamo riusciti a presentare le liste in alcuni Comuni alle scorse elezioni amministrative: abbiamo eletto un consigliere in tre realtà (Nonantola, Meana e Concorezzo), attestandoci a percentuali anche superiori al 9%. Ed ora, a fine mese, sarà la volta del Comune di Casalnuovo, dove candidiamo l'oncologo Antonio Marfella: una bella differenza con la politica dei “politicanti”!
Anche in futuro comunque non sarà semplice informare circa la sfida lanciata da Per il Bene Comune: quando la proposta politica è alternativa come la nostra, quando si mette al centro la sovranità nazionale e la partecipazione dei cittadini, il sistema tende a tagliarti fuori, a “punirti”. Noi non abbiamo nemmeno un centesimo di finanziamento; ci autososteniamo e quindi non soggiaciamo ad alcun tipo di ricatto né a qualsivoglia lobby. Facciamo fatica ad andare avanti e a farci conoscere, ma sappiamo di essere una valida alternativa al sistema e continueremo quindi a cercare di informare le persone e di unire le varie sacche di resistenza che vogliono veramente un Paese libero, giusto e democratico”.
Introduzione e domande di Antonella Ricciardi; intervista del 14 novembre 2009