Cina, avanti tutta verso una egemonia globale
La terza potenza mondiale è ormai diventata la fabbrica del mondo e invade con i suoi prodotti i mercati internazionali. Ma la Cina ha iniziato anche ad investire massicciamente all’estero per acquistare, interamente o in parte, società europee, americane, giapponesi e sudcoreane. In questo senso la strategia adottata è quella dell’assorbimento di grandi gruppi stranieri in grado di apportare marchi conosciuti in tutto il mondo, tecnologie avanzate, reti di distribuzioni e risorse. L’elefante dormiente si è imposto come protagonista del settore delle fusioni e delle acquisizioni internazionali. Questa campagna acquisti è finanziata dallo stesso governo di Pechino. Il modo più semplice infatti per ottenere Know How occidentale è comprare direttamente le aziende che lo posseggono. Questa politica permette inoltre di essere più vicini ai mercati di sbocco, riducendo i costi di trasporto. La Cina continua ad accogliere le multinazionali estere, ma le stesse multinazionali cinesi si stanno affermando in tutti i settori. Il fondo sovrano del governo di Pechino (China Investment Corporation) ha divulgato la lista delle grandi imprese di cui è diventato azionista, per ora di minoranza. C'è il meglio del capitalismo americano: “Apple”, “Citigroup”, “Coca Cola”, “Bank of America”, “Visa”, “Johnson & Johnson”. I settori di maggior investimento cinese sono il petrolifero, il siderurgico, il meccanico, l’elettronico e i beni di consumo. L’enorme crescita della domanda energetica ha spinto fra l’altro le tre principali società petrolifere cinesi — ”PetroChina”, “Sinopec” e “CNOOC”— ad investire nel 2004 oltre 7 miliardi di dollari per acquistare pozzi, società e progetti all’estero dal Dudan all’Angola, dal Brasile all’Ecuador. La “Haier”, terza azienda cinese per fatturato e leader asiatico degli elettrodomestici ha rilevato grandi stabilimenti italiani per la produzione di frigoriferi e condizionatori. A suscitare il maggior interesse di Pechino è proprio il settore dell’elettronica. La multinazionale “Lenovo” detiene circa il 30% del mercato cinese dei PC . Quest’azienda ha rilevato la divisione PC dell’”IBM”, azienda simbolo del capitalismo americano. Per quest’operazione la “Lenovo” ha sborsato 1,7 miliardi di dollari, ha rilevato 10.000 dipendenti ed è diventata così il terzo produttore al mondo di computer. La Cina si sta dando da fare anche sul terreno della Green Economy, produce più pannelli solari e pale eoliche degli Stati Uniti. L’America potrebbe in questo modo scoprirsi dipendente sia dal petrolio arabo che dalle tecnologie verdi (pannelli fotovoltaici, batterie per auto elettriche) sempre più made in China. A Capodanno 2010 i viaggiatori cinesi hanno inaugurato il nuovo treno ad alta velocità, 664 miglia in tre ore, da Guangzhou a Wuhan. Entro il 2012 le linee ad alta velocità in funzione saranno 42, tutta la Cina sarà collegata. L’America invece attende il primo treno ad alta velocità nel 2014 fra Tampa e Orlando, una tratta di sole 84 miglia. Duro raffronto per una superpotenza. In questi ultimi anni l’alta tecnologia cinese esce da università e poli tecnologici che finanziano ricerche e creano ingegneri (350.000 l’anno) in grado di competere a livello internazionale, evitando per i talenti migliori di emigrare in Europa o negli Stati Uniti come in passato. Per decenni l’afflusso di studenti asiatici aveva portato ai settori scientifici americani forze qualificate e competitive (il 38% degli scienziati e degli ingegneri statunitensi con un dottorato di ricerca arriva da Cina, India e Corea del Sud) ma questo fenomeno è attualmente in controtendenza. La stessa Cina ormai sta diventando meta di immigrazione intellettuale, i suoi centri di ricerca tecnologica spaziano dai laser alla biochimica, dall’aerospaziale ai materiali per i semiconduttori. Meta intellettuale e non solo, sempre più le aziende di tutto il mondo effettuano una delocalizzazione industriale e scelgono come terreno di produzione proprio questo territorio dalle enormi dimensioni e dalle infinite sfaccettature. E’ proprio la possibile ascesa della Cina a seconda potenza mondiale a far discutere sugli effetti che questa rapidissima ripresa sta e potrà scatenare sulle restanti economie internazionali.