Un’Italia non italiana
Maddaloni «Un’Italia non italiana, dove ho vissuto l’esperienza di un’altra vita, di un’antica vita […]». È la provocatoria affermazione con cui Pier Paolo Pasolini, nel gennaio 1969, cominciò un suo articolo apparso sulle colonne del settimanale “Tempo” su quell’Istria a lui tanto nota e cara (pur essendo natio di Casarsa, infatti, aveva vissuto la gioventù ad Idria, nell’attuale Carso sloveno).
Raccontare quella terra e la realtà negata, la terribile tragedia delle foibe – tra i silenzi del passato e le nuove polemiche – e l’esodo del popolo giuliano-dalmata è sato il tema dell’incontro “le Radici del Ricordo”, organizzato a Caserta, lo scorso 18 febbraio, dal Gruppo Diocesano Fuci (Federazione Universitaria Cattolica Italiana) e dal Corso di Comunicazione dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Caserta. Questa storia, troppo spesso volutamente nascosta, degli avvenimenti che caratterizzarono il secondo dopoguerra nel nordest Italia è stata offerta con uno stile volutamente diverso rispetto allo stretto documentarismo, concentrando l’attenzione è stata alla tragedia umana.
Con il contributo di numerosi documenti video – ottenuti grazie al Settore Cultura Regionale ASI e provenienti da RaiTeche e dagli Archivi Luce – si è affrontata una introduzione storica, descrivendo quella complessità dei rapporti “etnici” che ha, da sempre, caratterizzato la Venezia Giulia per poi giungere al nucleo d’eccezione: le testimonianze del prof. Flavio Quarantotto, esule giuliano, ed il dott. Umberto Bernardo, già direttore del campo profughi di Capua.
Quarantotto – originario della cittadina di Orsera, sulla costra istriana occidentale, vicinissima a Rovigno – ha raccontato, ricchissimo di emozioni, fonti e documenti, la rocambolesca fuga della sua famiglia verso il sud Italia. Nelle sue parole è trasparso tutto il dramma dell’esodo forzato e del forte legame con la propria terra d’origine.
Bernardo è stato, invece, il particolare testimone dell’esodo “al di qua” del mare. Ha fatto memoria del campo profughi di Capua da sentito e profondo innamorato del suo lavoro. Il suo racconto ha fatto rivivere l’atmosfera di un realtà aperta all’accoglienza ed intenta all’offerta di nuove opportunità per profughi giuliani e non solo (il campo, sino alla sua chiusura nel 1978, ha continuato ad operare a favore dei rifugiati che hanno chiesto asilo al nostro Paese). Le sue parole sono state emotivamente relazionate anche dalla visione di un preziosissio documento storico: un cinegiornale del due febbraio 1947 testimoniante l’esodo “organizzato” della popolazione italiana di Pola.
Per i due organizzatori, Gianrolando Scaringi (presidente della Fuci di Caserta e responsabile regionale del settore cultura ASI) e Luigi Ferraiolo (giornalista di TV2000 e docente di Comunicazione all’ISSR di Caserta), è stato importante approfondire i sentimenti legati all’esodo giuliano-dalmata al di là dei silenzi e delle polemiche antifasciste che hanno incorniciato troppo spesso la memoria degli esuli.