LA SIR/Cdr di Bellona CHIUDE

E’ questa la condanna che i vertici dell’ASl di Caserta si accingono ad emettere nei prossimi giorni. I malati di mente, i loro familiari e gli operatori sono in agitazione. Hanno già manifestato a Caserta nella sede della Direzione dell’ASL e intendono proseguire ad oltranza fin quando il commissario dott. Gambacorta non riceverà una delegazione dell’associazione che riunisce  parenti, amici e volontari: “Gli Amici del Mon(d)icello” . la presidente, Alba Sgueglia spiega: La Sir /Cdr di Bellona è una struttura di eccellenza per il recupero dei giovani  affetti da patologie mentali, che si è specializzata, unica sul territorio, in percorsi di avviamento al lavoro. In questi anni di attività circa una decina di ex utenti  sono passati nelle cooperative sociali e hanno trovato una loro autonomia, anche economica. La struttura  opera attraverso laboratori nei quali i giovani ritrovano la voglia del fare e di impegnarsi. Molteplici sono le attività che si realizzano al suo interno, sono avviati i laboratori di cucina, falegnameria, ceramica, pittura e poi la coltivazione di un uliveto , di un vigneto, e dell’orto, l’allevamento di piccoli animali domestici e del maialino casertano. Una squadra di giovani  fa lavori di piccola manutenzione. In questo modo i giovani hanno riscoperto un sentimento dimenticato la soddisfazione del fare. Questo progetto ha attirato l’attenzione nazionale e RAI 3 nelle scorse settimane ha fatto delle riprese, peccato che il servizio andrà in onda quando l’intera esperienza, per una scelta scellerata dei vertici dell’ASL si sarà conclusa. Infatti  nei primi giorni di giugno ci aspetta lo sfratto per morosità dell’ASL. Da anni come Associazione stiamo chiedendo di uscire fuori dalla precarietà. A giugno siamo ormai alla data definitiva di sfratto manu militari, dopo  quattro, cinque rinvii, concessi dal proprietario perché l’ASL aveva lasciato intendere di voler acquistare e aveva avviato l’intera procedura: acquisizione parere UTE, relazione tecnica sullo stato dell’immobile e su eventuali interventi necessari, reperimento dei fondi( una parte del ricavato del padiglione Bianchi dell’ex manicomio di Aversa, che per norma nazionale sono destinati prevalentemente a strutture Sir/Cdr), poi all’improvviso il ripensamento. Apparentemente motivato dalla voglia di contenere le spese, ma solo apparentemente, perché al momento, a poche settimane dallo sfratto, e malgrado da anni,si badi anni e non mesi, chiediamo di conoscere un’alternativa, ancora non è stata decisa  la sede, di conseguenza non è stato fatto alcun sopralluogo per valutare i costi e i tempi per l’adattamento di tale sede ai bisogni dei pazienti mentali. Qualcuno avanza l’ipotesi dell’ex Palasciano, ma nel contempo il Presidente Caldora a mezzo stampa, ha fatto sapere che il discorso Palasciano ospedale è ancora aperto. In ogni caso noi ci chiediamo quale laboratorio si potrà attivare per i giovani pazienti nelle sale operatorie appena allestite o nelle sale di rianimazione consegnate il giorno dopo la chiusura del Palasciano? Che tipo di progetto fare per questi giovani che sono invece abituati ad una residenza che offre ettari di collina a macchia mediterranea, un vigneto, un oliveto, una piscina, un campo  di pallavolo, laboratori artigianali, ampi cortili? Il fatto che ci lascia perplessi è proprio l’atteggiamento dei vertici dell’ASL che da un lato decidono di  far andare avanti lo sfratto (la questione si è protratta per oltre tre anni) e dall’altra non hanno dato alcuna indicazione sul destino dei giovani utenti: o non capiscono niente della salute mentale, e del bisogno degli utenti di avere all’interno del percorso di cura: certezze, serenità possibilità di progettare un futuro, cose che sono tutte venute meno con la precarietà di questi ultimi anni, oppure sono in mala fede ed altro che risparmio stanno solo creando una nuova voragine di spese a favore di strutture private, dove i costi lievitano, ma la qualità del servizio, inteso come recupero della persona, non sempre è garantito. E’ per questo che stiamo valutando anche di rivolgerci al tribunale dei malati per valutare la questione dal punto di vista del diritto alla salute e quindi del diritto del paziente a poter concludere il proprio percorso riabilitativo.”

Condividi questo articolo qui:
Stampa questo post Stampa questo post