E’ morto il prof. Vespasiano Fusco

Sparanise – L’ultimo testimone del campo di concentramento tedesco sparanisano. Se n’è andato l’ultimo testimone del campo di concentramento tedesco di Sparanise. Dopo l’avv. Graziadei, nei giorni scorsi ci ha lasciato anche l’insegnante Vespasiano Fusco. Uno che il campo lo aveva visto nascere a pochi metri da casa. Un altro importante testimone quindi che se ne va. Vespasiano qualche mese prima di morire ci aveva lasciato la sua testimonianza sul campo di concentramento sparanisano. L’ennesima. Proprio lui che abitava a pochi metri dai reticolati del campo e dal deposito merci il cui rudere è ancora visibile sulla stazione. “Quel deposito – ci disse Vespasiano – è il simbolo del campo sparanisano perché è quel che rimane di allora. Anzi il deposito era preesistente al campo ed era stato parzialmente demolito dai tedeschi in ritirata. Quello di oggi, è stato costruito a fine guerra in mattoni, sullo stesso modello di quello precedente. Quel capannone sfondato, era il deposito merci di Sparanise che all’epoca era una stazione molto importante. Ricordo per esempio che a Sparanise venivano tradotti da Napoli anche i militari che dovevano essere portati in carcere a Gaeta. Ricordo che i carabinieri tenevano i soldati arrestati in mezzo e li portavano nella Caserma che si trovava nell’ex Ragioneria. E poi l’indomani li portavano sul treno per Formia. Allora non esistendo il trasporto su strada, la merce veniva trasportata quasi esclusivamente attraverso il treno. Ed io e mio padre andavamo in quel capannone a ritirare la marce per il negozio prima e per il supermercato poi. Il Deposito merci, quindi c’era ed era identico a questo, solo che fu minato dai tedeschi in ritirata insieme all’intera ferrovia: misero le mine sui binari ogni nove metri. Così i treni non avrebbero più potuto camminare. Nel dopo guerra, quando fu ricostruita la ferrovia, fu risistemato anche il deposito in mattoni. Ricordo che quando avevo 7–8 anni (oggi ne ho 79), quindi anche prima del 1943 (nel ’37-’38) , ci andavo a giocare vicino con gli altri bambini. Ci andavamo perché è sopraelevato e ci piaceva salire e scendere dalla scalinata. Ricordo anche i pezzi di legno. In particolare ricordo le travi di legno che erano state sistemate dai tedeschi, nell’area dove oggi sorge la Scuola Media e l’Istituto Tecnico. Questi travi lunghissimi, che erano migliaia, furono bruciati dagli stessi tedeschi prima dell’arrivo in paese degli americani. Stavano a venti metri di distanza dalla mia casa. Il campo di concentramento allestito dai tedeschi infatti confinava con il mio giardino, dove non c’era nessun muro a dividerli, ma solo i reticolati. E così dal giardino vedevamo tutto quello che avveniva nel campo. Le tavole erano incrociate a quadrato per non farle rotolare. Ricordo che bruciarono per due giorni e due notti intere e che la notte sembrava giorno.

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