Accadde oggi: rubrica a cura di Angela Izzo

Il 24 giugno del 217 a. C. sul lago Trasimeno ci fu una delle battaglie più cruente che la storia ricordi tra i Cartaginesi, guidati da Annibale, e i Romani, comandati dal console Gaio Flaminio. Fu un vero e proprio massacro dal momento che le forze romane in marcia per uno spostamento furono colte letteralmente di sorpresa. Annibale, nell'autunno del 218 a. C., aveva sconfitto le armate romane sul fiume Trebbia. Quindi aveva trascorso l'inverno nella pianura padana e all'inizio della primavera del 217 a. C. si era rimesso in movimento penetrando nel cuore della penisola italiana. Il generale cartaginese aveva intenzione di sconvolgere gli equilibri strategici romani, portando dalla propria parte gli alleati di Roma e costringendo a quel punto i Romani, ormai in posizione di svantaggio, a firmare una pace a vantaggio di Cartagine. I Romani erano in svantaggio rispetto agli avversari sia dal punto di vista numerico – ciascuna armata consolare contava circa 25.000 uomini, mentre l'armata guidata da Annibale ne aveva almeno 60.000 – che da quello strategico, dal momento che i due consoli si trovavano distanti e incapaci di collaborare tra loro, uno ad Arezzo, l’altro a Rimini. Un inaspettato aiuto ai Romani venne dalle condizioni meteorologiche: l'Arno straripò, trasformando in una palude tutta la zona tra Firenze e Pistoia. Una terribile marcia di 4 giorni e 3 notti nel terreno allagato decimò gli uomini e gli animali dell'esercito di Annibale e costò al condottiero anche un occhio, fu infatti colpito da un'infezione oculare e divenne cieco da un occhio. Il console Flaminio seguì i Cartaginesi a debita distanza e giunto a Cortona piazzò il campo all'apice sinistro del lago Trasimeno: i Cartaginesi erano scomparsi dalla vista dei Romani, forse diretti a Perugia. Purtroppo così non era. Annibale aveva fatto tornare indietro le sue truppe con un ampio giro, disponendole lungo la cerchia di colline che dominano la strada che percorre il lago realizzando così una delle più grandi imboscate della storia militare. L'armata di Flaminio si avventurò sulla strada nella nebbia del mattino senza alcuna precauzione, come in una semplice marcia di trasferimento in un territorio pacifico. L’avanguardia romana con somma sorpresa trovò i Cartaginesi a sbarrargli la strada: era ciò che Annibale aspettava per dare il segnale dell'attacco generale. Le truppe romane avvolte nella nebbia del mattino non riescirono a capire nulla di quanto stava accadendo, tranne che si trovavano a dover combattere per la vita. I Cartaginesi attaccarono scendendo dalle colline e il combattimento si svolse in tanti scontri individuali. La confusione era  massima, Flaminio non riuscì ad esercitare alcun controllo sulla situazione, che pure, nonostante tutto, non era completamente compromessa: 6.000 romani riuscirono ad avere la meglio sui propri avversari e li inseguirono sulle colline. Dalla cima però, volgendosi indietro videro, tra la nebbia che ormai si diradava, l'intero campo di battaglia e i propri commilitoni sopravissuti che cercavano scampo tra le acque del lago per poi annegarvi. Era troppo tardi ed inutile ormai qualsiasi tentativo di soccorso e i 6.000 cercarono scampo in una vicina città dove si arresero successivamente. Il combattimento duròtre ore: i Romani persero 15.000 uomini tra morti e prigionieri contro 2.500 Cartaginesi (in maggioranza galli) che rimasero sul campo di battaglia. Cadde  anche il console Gaio Flaminio.

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