Generale Borreca ricorda Cardella e Randino

“Un saluto colmo di affetto e di riconoscenza rivolgo ai familiari del Caporal Maggiore Vincenzo Cardella, caduto in Afghanistan il 30 settembre 2006 ed ai familiari del Caporal Maggiore Scelto Massimiliano Randino caduto, insieme ad altri 5 paracadutisti della Folgore, a seguito del vile attentato a Kabul il 17 settembre del 2009. A voi che suscitate l'ammirazione e l'incondizionato rispetto dell'intero paese, desidero esprimere la più sincera ed affettuosa vicinanza mia e di tutta la Forza Armata che rappresento”. È iniziata così l'allocuzione del Generale di Brigata Attilio Claudio BORRECA, nel corso della cerimonia di Giuramento dei VFP1 del 2° blocco 2010, che si è tenuta giovedì pomeriggio con inizio alle ore 18.30, presso la Caserma “Oreste Salomone”, sede del R.U.A. Un discorso, dunque, improntato sul ricordo di chi oggi non c'è più, segno evidente dell'attenzione che la Forza Armata pone verso i propri caduti. Ed i genitori di Cardella e Randino, parà del 183° Reggimento Nembo della “Folgore”, erano presenti alla manifestazione che ha fatto registrare un afflusso di diverse migliaia di parenti ed amici dei giurandi. Nonostante l'alta temperatura, aggravata da un elevato tasso di umidità, che ha aumentato la percezione del caldo, abbia “mietuto” diverse vittime fra i familiari dei 1.300 volontari, subito assistiti dal personale medico del R.U.A., la cerimonia si è svolta con la massima professionalità. “La cerimonia del giuramento” – ha aggiunto Borreca – “costituisce il più autentico credo di tutti i militari di ogni ordine e grado, ma anche perché questo giorno speciale rimarrà nel vostro animo come lo è stato per ciascuno di noi nel giurare fedeltà alla Repubblica Italiana”. Fra i 1.300 volontari schierati nei ranghi del 47° Reggimento “Ferrara” e 17° Reggimento “Acqui”, unitamente al Reparto Supporti, agli ordini del Colonnello Sergio Antonelli, c'era anche il fratello di Massimiliano, Roberto RANDINO che era inquadrato nel battaglione del 47° Reggimento “Ferrara”, sotto gli occhi lucidi per l'emozione di papà Mario e mamma Anna. “Mio figlio Massimiliano” – ci ha detto il papà al termine della cerimonia – “era orgoglioso di indossare la divisa dell'Esercito, ed era fiero di essere un paracadutista della Folgore. Indossare il basco amaranto è sempre stato per lui la sua più grande aspirazione. A casa non faceva altro che elogiare la Folgore; la Folgore qui, la Folgore là, insomma per lui non poteva esserci nell'Esercito altro che i parà della Folgore. Debbo dire la verità” – ha aggiunto Mario con molta emozione – “che quando Roberto, il fratello, ci ha detto che avrebbe voluto seguire le orme del fratello anche nella Folgore, abbiamo, istintivamente, avuto un poco di paura, ma di fronte alla sua volontà ferma e decisa” – ha concluso – “non abbiamo potuto fare altro che acconsentire”. “Mio figlio Massimiliano” – ci ha confidato mamma Anna con la voce roca per l'emozione ricordando gli istanti subito dopo la tragica notizia – “è morto da eroe, credendo fino all’ultimo in quello che aveva scelto di fare e lo faceva anche bene con il plauso dei suoi comandanti. È morto facendo il proprio dovere. Sono sicura che anche Roberto si comporterà così”. Roberto Randino non si aspettava che alla cerimonia potesse essere al centro di tanta attenzione da parte dei media locali e nazionali anche di primo piano, e con l'umiltà che lo contraddistingue quasi si schernisce dicendo che la sua scelta di seguire le orme del fratello è stata una scelta di vita ponderata, ma una cosa tiene a sottolineare con orgoglio: l'appartenenza del fratello nei ranghi della “Folgore”: “Mio fratello era un paracadutista della Folgore e ad ogni lancio portava a seguito la bandiera, orgoglioso di essere un militare ed un parà”.

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