Volturno in agonia
Osservando lo scorrere dello storico fiume Volturno dall’alto del Ponte Annibale, nei pressi della frazione Triflisco, si nota che le acque, un tempo limpide e trasparenti, sono diventate, per l’eccessivo scarico di rifiuti di ogni genere, una cloaca a cielo aperto che, lentamente, raggiunge la foce in tenimento di Castelvolturno. Ed il mare riceve e subisce questa obbrobriosa offesa da parte di uomini incoscienti ed irrispettosi della natura e di un fiume storico attraversato dai Saraceni, dalle truppe di Annibale, dalle legioni Romane, dalle camicie rosse Garibaldine, dai soldati Borbonici, dalle truppe Naziste e dai soldati Alleati. Quelle acque, macchiate di rosso per il sangue versato dai belligeranti, un tempo, nel periodo estivo, bagnavano la riva destra del fiume che, nei pressi del Ponte Annibale e della curva della Limatola a Capua, si trasformava, per i bagnanti bellonesi e capuani, in una spiaggia che alleviava tutti dall’eccessiva calura. Ogni pomeriggio partivano, in bicicletta, da Bellona gruppi di adulti e giovani, accompagnati dai genitori, per raggiungere la riva del Volturno da tutti chiamata”la spiaggia di Bellona”, ricoperta da un sottile strato di sabbia su cui si stendevano i bagnanti felici. Il fiume scorreva lento tra i canneti e gli alti pioppi e, spesso, i bagnanti si sfidavano in gare di nuoto o ad attraversarlo per raggiungere l’opposta riva, mentre nell’aria si diffondeva il continuo frinire delle cicale che conciliava un piacevole sonno ristoratore. Le acque erano attraversate dai “lontri”, caratteristiche barche capuane guidate da esperti pescatori che ”catturavano” trote, anguille e locene un particolare pesce che si riproduceva nel Volturno. Dalla sorgente alla foce era un continuo scorrere di “chiare, fresche e dolci acque” (direbbe il poeta Petrarca) che appagavano il desiderio di sete dei bagnanti. Oggi, al contrario, le acque conservano la loro limpidezza soltanto alla sorgente, poi, a causa dell’eccessivo scarico di rifiuti, assumono un colore marrone dalla consistenza simile ad una lurida e fetida melma. Sostando presso l’inferriata che circonda la rivieraCasilino, a Capua, spesso si notano frotte di enormi ratti (o toponi) percorrere la riva del fiume in cerca di cibo e poi tuffarsi in quelle acque malsane. Un vergognoso spettacolo che denota l’abbandono in cui versa “il dio Volturno” venerato dai Romani e cantato, nel 1934, dalla poetessa capuana Maria Antonietta De Carolis in una ode del volume “Stanze chiuse”…….Anima mia, nulla ti turberà potrai sognare/ o piangere tacitamente/ solo ti guarderà, ma dolcemente,/ il Volturno dall’acque azzurre e chiare…..”
Le problematiche condizioni in cui versa il fiume Volturno non ispirerebbero, oggi, ad un poeta simili versi meravigliosi! Rivolgiamo quindi un appello alle Istituzioni affinché sia data la priorità alla soluzione di questo annoso problema che interessa i Comuni a Nord e a Sud della nostra Provincia. Salviamo il Volturno in agonia!