La solitudine dei numeri primi – Film di Saverio Costanzo
Accolto tiepidamente alla 67esima mostra del Cinema di Venezia e uscito nelle sale il 9 settembre dopo una trepidante attesa, La solitudine dei numeri primi di Saverio Costanzo trova i suoi punti d’interesse proprio nell’introduzione di alcune licenze drammatico-stilistiche in grado di far storcere il naso ai lettori più ortodossi dell’omonimo libro di Paolo Giordano, da cui il film è tratto. Se infatti il regista rispetta scrupolosamente lo scheletro della storia, come le caratteristiche fisiche e psichiche dei due protagonisti, Alice e Mattia, regala invece all’intreccio nuovi spunti di riflessione. Da segnalare innanzitutto l’introduzione di diverse “immagini profetiche,” dal costume di foglie della sorella di Mattia, nella sequenza della recita, che ne anticipa la misteriosa scomparsa in un parco, all’ “Allegro Chirurgo” con cui il protagonista gioca di nascosto, un esplicito riferimento ai “tagli chirurgici” che negli anni infliggerà al suo corpo, ma anche al medico-feticcio che Alice sposerà per avere l’illusione di una vita normale. La struttura lineare del romanzo lascia spazio alla scomposizione temporale dei flashback, flashforward e di un montaggio che si fa sincopato nella narrazione degli eventi tragici che segnano per sempre il percorso dei personaggi, per poi rallentarsi bruscamente sul finale, concentrando l’attenzione sui silenzi e gli sguardi dei due magistrali interpreti (Alba Rohrwacher e Luca Marinelli). A condire il tutto la scelta dell’atmosfera horror “per raccontare il dolore”, dalle musiche (Goblin e il Morricone de L’uccello dalle piume di Cristallo) alla resa straniante della scena di bullismo femminile nello spogliatoio della scuola, visivamente più affine ad alcune sequenze di Suspiria che a quelle di altre pellicole che si sono accostate a questa tematica, come Un gioco da ragazze (2008) di Matteo Rovere o Caterina va in città (2003) di Paolo Virzì.