La bellezza del somaro

Ritorna nelle sale, dopo la performance teatrale, la coppia più intellettuale del cinema italiano: Mazzantini-Castellitto. Lei pluripremiata scrittrice(premo Strega nel 2002 con Non ti muovere), lui attore impegnato e regista al suo terzo film.
Ritornano con una commedia grottesca e irriverente "La bellezza del somaro" che sembra aver retto bene la concorrenza con i cinepanettoni che fortunatamente da qualche settimana si sono dileguati dalle sale cinematografiche. Il film senza troppi giri di pellicola va dritto ad un interrogativo: cosa succede quando una delle tante coppie radical-chic e progressiste composta da un famoso architetto madaiolo Marcello (Sergio Castellitto) ma troppo amicale con figlia e moglie Marina (Laura Morante) una psicologa equo-solidale  troppo insicura (anche con la sua cameriera), si vedono portare a casa, dalla propria figlia diciassettenne un fidanzato di ben settanta anni? Da qui si scatena in un ritmo frastornante una sorta di commedia degli equivoci tempestata di atmosfere cechoviane (come non paragonare la stupenda location del week-end Toscano in cui si scatena il fattaccio, allo spettacolare giardino dei ciliegi narrato da Cechov?) e note di Nabokov in cui si aggiungono alla già intrecciata matassa, personaggi ancor più bizzarri: la giornalista filosovietica, un paziente maschio fissato per il"Settimo sigillo" , e una paziente donna che succhia da un eccentrico biberon alcol vari, l'amore incondizionato per gli animali e per se stessi e un solitario asino parcheggiato in giardino. Si rivelerà deus ex machina in giacca di tweed, il senile personaggio, un bianco e misurato Enzo Jannacci, dotato di una (scontata) saggezza e consapevolezza della sua età (a differenza di tutti gli altri personaggi) e costringerà Marina e Marcello ad arrendersi alla loro impotenza e a far vacillare le coscienze borghesi degli altri commensali. Una figura-ombra, simbolica, una sorta di genitore ideale capace di lenire quel vuoto che l’assenza dei padri (naturali, spirituali, ideali) ha creato nell’animo dei personaggi: ogni membro della famiglia (Marcello, Marina e la figlia Rosa) finirà allora per vedervi la figura paterna che non ha avuto, la guida che gli è mancata e di cui ha sempre avvertito la mancanza, pagando con l’incertezza attuale. La denuncia è quella di una società che scivola verso la decadenza, drogata di giovinezza e narcisismo , una generazione al centro di una crisi di nervi. "Tua figlia non ha bisogno di un padre figo, di un amichetto ma di un punto di riferimento" rimprovera Marina a Marcello che reclama in un'altra occasione: "Non contavamo niente quando eravamo bambini e non contiamo niente neanche ora che siamo genitori". Malcom Pagani scrive  sul Fatto Quotidiano: "è una commedia allegra, sconvolgente e a tratti scorretta che disegna su un gruppo di attori nel solco della sconvolgente sorpresa di Indovina chi viene a cena?". Infine la bellezza del somaro (titolo che deriva dalla deformazione della locuzione francese la beuté dell’age e che fa riferimento allo sgraziato fascino della gioventù, età stupida e innocente allo stesso tempo) è la capacità che ognuno di noi deve trovare per mettersi in discussione, accettare anche il proprio lato somaro per riconoscere onestamente se stessi.

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