Le chiese “A corte”
Durante la fase longobarda, a Capua, le chiese di S. Michele, S. Giovanni e S. Salvatore furono appellate "a corte" perché comprese nella corte, ovvero nel largo del Palazzo del Principe, anzi S. Giovanni e S. Michele erano due cappelle erette all' interno del palazzo.
Lo storico Venditti ritiene che le cappelle non fossero tutte palatine ma che qualcuna potesse sorgere accanto alla residenza di un alto magistrato e infatti mentre la chiesa di S. Marcello, pure appellata "a corte", svolgeva un ruolo di rappresentanza e si trovava più distante dal palazzo, le tre cappelle espletavano funzioni religiose e vigilavano sui punti di accesso all' area di corte; nella società longobarda infatti anche i religiosi avevano obblighi di vigilanza civica. E' noto che le chiese longobarde presentavano la facciata rivolta verso est ma l' orientamento di quest' ultima risulta atipico e trova la sua ragion d' essere solo se lo si interpreta in funzione del palazzo. S. Salvatore è rivolta verso oriente così poteva aprirsi sull' area palaziale che costituiva il comun denominatore delle tre chiese. L' attuale orientamento di S. Giovanni invece non risponde a tal principio a causa delle successive trasformazioni.
Com' è noto, in origine il territorio capuano era retto da un gastaldo che si fregiava del titolo di conte. Il palazzo dei conti, ovviamente più antico di quello principesco, si trovava tra la cattedrale e la chiesetta di S. Salvatore. In realtà attraverso le fonti risultano ben tre dimore nobiliari a Capua e la terza fu costruita quando la contea divenne principato.
La scarsa documentazione non permette di far luce sulla struttura del palazzo, è noto solo che l' area palaziale comprendeva tutte le abitazioni accanto alle cappelle a corte dove abitavano servi e contadini al servizio del principe. La collocazione non era casuale, il complesso fu ubicato lontano dalle porte della città per rivendicare la sua originalità rispetto ai modelli ispiratori di Benevento e Salerno. L' intera area (palazzo e cortile) si configurava come un rettangolo e comprendeva corso Gran Priorato, via dei Principi Longobardi, vico S. Giovanni e via Camillo Pellegrino. Molto probabilmente la zona era protetta da una cortina muraria e da torri. Come tutti i palazzi nobiliari di sicuro anche questo era preceduto da scalini, infatti le due cappelle inglobate in esso sono su un piano rialzato. Lo schizzo delineato dal Veccchioni va considerato un' esercitazione fantasiosa in cui si individuano spunti dal palazzo di Teodorico a Ravenna e dal palazzo Fieramosca a Capua. Il "Placito Capuano" ci informa che i principi "sedevano dinanzi al loro palatium a render giustizia" infatti, secondo la tradizione germanica, i consigli pubblici si tenevano in un luogo pubblico e all' aperto". Mediante una cronaca che narra della conversione della principessa Aloana (avvenuta nel palazzo in questione) si apprende che nel salone principale c' era uno scalone abbellito con pesanti tendaggi.