Le origini del mosaico

Dal latino medievale "musaicus", a sua volta derivante da Musa. Le Muse, infatti, venivano onorate in grotte artificiali, costruite nei giardini romani, che erano decorate con motivi ornamentali costituiti da piccole pietre colorate accostate. E' tra il IV e il V secolo che la tecnica del mosaico si diffonde a Roma per decorare pareti e pavimenti arrivando a sostituire la pittura. I mosaicisti romani impiegavano soprattutto pietre dure, terracotta e ciottoli detti tessere. I colori a disposizione aumentarono con l'uso del mosaico a pasta vitrea, in quanto bastava aggiungere un colorante al vetro. Furono impiegate soprattutto tessere a fondo dorato o argentato ottenute con la frapposizione di una sottilissima lamina d'oro o d'argento fra due colate di vetro. Le tessere si immergevano nell'intonaco fresco che veniva via via applicato al di sopra di un sottofondo sul quale il soggetto da raffigurare era stato precedentemente disegnato o inciso. Poiché spesso i mosaici erano situati in posizioni distanti dall'occhio umano, l'artista poteva sfruttare la posa dell'opera non del tutto liscia delle tessere al fine di ottenere particolari effetti di luce con riflessi variamente colorati ed ombre. Spesso il mosaico si sovrapponeva ad un dipinto vero e proprio. In quel caso le tessere d'oro erano collocate su un fondo rosso, colore che diventava visibile negli interstizi fra una tessera e l'altra rafforzando ed esaltando l'effetto della doratura stessa. Dopo aver disegnato  con piccole tessere i contorni delle figure, si riempivano gli spazi fra l'una e l'altra secondo filari orizzontali. Successivamente si iniziava a lavorare all'interno delle figure. Le tessere utilizzate non erano tutte delle stesse dimensioni. Ciò consentiva di impiegarne un numero maggiore potendo contare su una gamma superiore di colori e di sfumature. Anche i dettagli potevano essere più curati.

Condividi questo articolo qui:
Stampa questo post Stampa questo post