La nostra voce
Non ha affatto il sapore della resa affermare che dopo 150 anni dall’unità d’Italia la connotazione politica dell’espressione “questione meridionale” abbia ceduto il passo ad un tratto distintivo maggiormente poetico; ci crede Eugenio Bennato, che proprio per questo fa coincidere il titolo del suo ultimo lavoro con la famosa espressione (Questione meridionale – Eugenio Bennato – Artis records).
Ne viene fuori il superamento della rivendicazione geograficamente circoscritta alla storia del mezzogiorno d’Italia che pertanto va ad integrarsi nelle storie di altri Sud; come quello di Neda Soltan, la ragazza iraniana uccisa in una manifestazione antigovernativa diventata il simbolo internazionale di una generazione pubblicamente impegnata che non vuole arrendersi all’arroganza del potente di turno, come non volle la brigantessa Michelina De Cesare che visse combattendo fino alla morte, e la cui memoria, affidata a una fotografia, ci testimonia la fierezza delle donne del sud.
Un concept-album dedicato al ribollio dei giovani di tanti paesi mediterranei e d’una nuova Italia che in direzione ostinata e contraria canta le canzoni della scuola di De Andrè e del brigante Ninco Nanco (Che Guevara ante litteram), preferite al coro di quelli che in vacanza a Cafon Valley, partecipano copiosi al concorso dell’ignoranza nazionale.
Non manca lo swing, particolarmente appropriato per raccontarci dell’emigrazione che fu (ed è) unica alternativa al brigantaggio; esperienza che diventa, nell’Italia di oggi, la chiave per capire l’emigrazione che arriverà in questo “mondo veloce”, che corre, e si perde tutti quelli che, fuori tempo e fuori moda, rallentano per non lasciarsi indietro la loro libertà. Le preziose tracce ospitano qua e là special guest importanti ed ispirati, come Pietra Montecorvino, Carlo D’Angiò, Rino Zurzolo, …ma Bennato sostiene che i suoi maestri sono la gente di un generoso e profondo sud (e di un sud profondo) come lo sono i nostri (anche io sono di Pignataro) Peppe Rotolo, Gianni Giordano e Giacomo D’Angiò, fondatori dell’associazione musicale “Arianova”, che in quest’album mettono la voce, la nostra voce.