Una lettura che ricorda il passato

A coloro che coltivano il piacere della lettura, consigliamo di leggere “Fontamara”, il

 

capolavoro che Ignazio Silone (al secolo Secondino Tranquilli) scrisse nel lontano 1930. L’opera letteraria, osteggiata dalle leggi fasciste, dopo il II° Conflitto Mondiale fu di nuovo pubblicata nel 1945 e tradotta in 27 lingue. Gli avvenimenti descritti accaddero nel corso di una estate che l’Autore trascorse a Fontamara, un paesello della Marsica abitato da poveri contadini. Ma nel nostro Meridione,  allora come oggi, purtroppo, molti paesi somigliavano a Fontamara: paesi lasciati nel più completo abbandono dagli amministratori che costrinsero le nuove generazioni ad emigrare in cerca di un futuro migliore, serbando nel cuore gli affetti ed i ricordi della fanciullezza vissuta tra le ingiustizie e le prepotenze. Durante la lettura dell’opera di Silone abbiamo rivissuto gli anni in cui anche Bellona versava nelle stesse condizioni quando era governata dai signorotti locali che avevano un solo interesse: realizzare i loro affari alle spalle dei poveri paesani costringendoli a lavorare dalle cinque del mattino fino alle ore ventuno, con una breve sosta alle ore 13 per consumare l’umile pasto: un pezzo di pane con una cipolla, o con un peperone ed un pezzo di formaggio, riprendere il lavoro e poi ritornare a casa a piedi. Dopo anni di vergognoso abbandono, nel 1921, ad opera del sindaco Sorrentino, qualcosa cominciò a cambiare: le strade e le case furono illuminate dall’energia elettrica e coloro che si recavano a Capua, potevano percorrere 3 Km di una strada ricoperta dai lunghi rami dei platani che formavano un tunnel, un piacevole sollievo nei giorni della calura ed un riparo dalle leggere piogge. Il manto stradale interno, in terra battuta, fu ricoperto con ampie basole rese antiscivolo da esperti scalpellini. Fu costruita la linea fognaria ed una nuova strada, il Corso, intitolato alla Regina Elena. Ritornati al governo del paese i soliti signorotti, Bellona finì di nuovo nel degrado fino al 1952 quando il giovane Prof. Eugenio Salerno, vincitore delle elezioni, con i suoi accalorati comizi convinse i bellonesi a liberarsi dello strapotere dei feudatari locali. Dopo aver bevuto per tanti anni l’acqua attinta dai pozzi, tutti ebbero l’acqua in casa e nelle piazze furono installate fontane utili al viandante per soddisfare la sete; l’illuminazione fu potenziata e la sonora sconfitta costrinse i signorotti a lasciare il paese che cominciò a respirare l’aria della Libertà. Oggi, ottenuto il titolo di città, Bellona mostra il suo nuovo volto e può considerarsi una città progredita e felicemente amministrata da un gruppo di giovani volenterosi guidati dal Sindaco Filippo Abbate. Dei signorotti è rimasto solo un triste ed amaro ricordo: la nostra Fontamara!

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