Antiche origini della città

Il desiderio di conoscere le origini di Bellona ci ha stimolati, ancora una volta, a consultare un volume custodito nella biblioteca dell’Associazione Dea Sport Onlus ed abbiamo appreso che nell’anno 841 i Capuani, a causa della distruzione della loro città da parte dei Saraceni, si rifugiarono sul colle Palombara, nei pressi di Triflisco, dove il conte Landulfo fece costruire un villaggio a cui diede il nome di Sicopoli, in onore di Sicone duca di Benevento. Dopo 15 anni i Saraceni, durante le loro scorrerie, incendiarono Sicopoli ed una parte dei residenti fuggì verso Bellona mentre, altri, presso l’antico ponte romano di Casilino dove fondarono la nuova Capua.
Nell’anno 1137 il principe normanno Riccardo II, con un agguerrito esercito di Normanni, Longobardi e Saraceni, occupò e distrusse molte città fra cui Capua che fu ridotta, ancora una volta, in un cumulo di macerie. Molti Capuani sfuggiti alle violenze si rifugiarono nei paesi vicini: Bellona, Vitulazio e Camigliano. Quelli rifugiatisi a Bellona fondarono un villaggio che denominarono con il nome della dea pagana della guerra, Bellona, ed in contrada Casale edificarono un tempietto dedicato alla dea. Il villaggio aveva una sola strada angusta che metteva in comunicazione con Vitulazio e Capua. Un tratto di strada era denominato Vicolo Marrasca (oggi Via Mazzini) che portava alla zona dei Vigliuni e del Cellaro una serie di casupole simili a “celle” abitate da famiglie che lavoravano lo “sparto”, una particolare erba che tuttora cresce sulle vicine montagne: Monte Rageto, Monte Grande e Collina  S. Croce. Il tempietto, a causa dell’incuria degli agricoltori e degli amministratori del tempo,  è andato perduto. Unico reperto archeologico sono le così dette “Camerelle delle fate”, una villa romana del II secolo a.C. alle falde della collina S. Croce, appartenuta ad un patrizio romano che vi trascorreva le vacanze e l’estate. Un intervento archeologico portò alla luce ambienti intercomunicanti, pavimenti in mosaico, un porticato abbellito con marmi policromi ed alcune cisterne per raccogliere acqua  piovana. Inoltre fu dissotterrato un muro di cinta lungo 92 metri e rinvenute anfore vinarie, ceramiche, maioliche, la mandibola di una giovane donna e le vertebre di un giovinetto di 12/14 anni; il Tepidarium con vasca da bagno ed il Calidarium per le abluzioni; un giardino abbellito con vasi in ceramica, la cucina con il forno ed uno spazio per la legna. Al termine dei lavori i reperti furono affidati al Museo Campano di Capua. Ma, a causa dei mancati finanziamenti, gli archeologi interruppero le ricerche e ricoprirono con terriccio gli scavi.                     

 

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