Tenetevi il panettone

Ci avete fatto caso? Il Mezzogiorno è sparito dalle agende, dalle primarie e dai proclami. Fuori moda e fuori tempo, il solo evocarlo riduce la capacità di raccogliere consenso in un elettorato narcotizzato a forza di dosi massicce di celodurismo, razzismo, nepotismo e antimeridionalismo. Se da una parte si va ricompattando quell’asse del Nord gestore del Consiglio regionale più inquisito d’Italia e protagonista di diffuse corruttele e malaffare, dall’altra ci ritroviamo chi si è battuto per introdurre il federalismo nella Costituzione italiana, di fatto sacrificando gli interessi del Sud, nella speranza (vana) di strappare voti alla Lega, la quale “…c’entra moltissimo con la sinistra. Tra Lega e sinistra c’è forte contiguità sociale. È una nostra costola”. Così D’Alema un po’ d’anni fa. Il professor Monti, dal canto suo, appena insediatosi alla guida dell’esecutivo ha subito provveduto a cancellare il progetto del ponte sullo stretto che, per quanto discutibile, avrebbe certamente attratto consistenti capitali in virtù della formula del “project financing”. In più, per non disturbare il gruppo bancario longosavoiardo Intesa-Sanpaolo, nel governo ben rappresentato dal duo Passera-Fornero, ha poi provveduto ad annientare la Banca del Mezzogiorno, che di certo sarebbe stata un segnale d’attenzione verso la declinante economia meridionale.
È sorprendente la disinvoltura con la quale venga riproposta la medesima sceneggiatura andata in scena per anni nell’italico teatrino della politica: la Lega padana trova il nuovo mantra, che stavolta è Macroregione (succeduto alle stagioni di secessione, devoluzione e federalismo) e gli altri la rincorrono dogmaticamente ipnotizzati, neanche si trattasse del pifferaio di Hamelin. Possibile si possa impunemente dire che il 75 per cento delle tasse pagate al Nord debbano essere trattenute sul territorio, tacendo che la maggior parte delle società settentrionali hanno attività su tutto il territorio nazionale? Mediaset, ad esempio, fa profitti dappertutto, ma paga le tasse in Lombardia dove ha la sede legale; l’Ilva produce (ed inquina) a Taranto, ma versa il suo obolo in Liguria; la Fiat licenzia a Pomigliano, ma rimpingua le casse piemontesi. Le tasse dovrebbero essere versate necessariamente dove il reddito si realizza, non dove si ha convenienza a versarle, a proprio vantaggio ed in danno altrui. La grandissima parte (il 96%) delle attività del Nord, sarebbero destinate al fallimento qualora non potessero più contare sui consumi della “colonia interna” che fa risalire verso la Macroregione padana ben più di quanto Luca Ricolfi nel suo grottesco “Sacco del Nord” ipotizza prenda la strada inversa.
Da qualche parte ci si sarà preoccupati quando si è saputo che a Sud il consumo di panettone industriale nelle ultime festività è calato del 50 per cento, c’è inquietudine tra i produttori padani, “mica ‘sti Terroni con la loro pizza figliata si stanno organizzando”?

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