Brevissima storia della glassarmonica

Per leggere l’intero catalogo Köchel, che elenca in ordine cronologico tutte le composizioni di Mozart, sarebbero in teoria necessarie alcune ore; ad occhio e croce si tratta, non a caso, di una sfilza di circa novecento numerazioni, poste in serie, come noto, dal naturalista e musicologo austriaco Ludwig von Köchel (dal cui cognome deriva la K che precede i numeri). Al genio di Salisburgo dovettero bastare meno di trent’anni per comporlo. Dandovi una rapida scorsa, ci imbatteremo via via in quartetti, sinfonie, nei mirabili concerti per pianoforte e orchestra, troveremo arrangiamenti ed integrazioni a partiture di altri autori, messe, sonate, musica per occasioni, un incolonnamento di pagine d’eccelsa ispirazione (che non ha certo bisogno di essere ricordata qui). Scrollando di molto con il mouse, più in giù scopriremo un “unicum” che il celebre Amadeus si concesse, esattamente il K 617: “Adagio e Rondò per Glassharmonica”, del 1791, tra l’altro anno di morte di Mozart. Non essendo arduo intuire che fiati e archi siano strutturali della composizione classica, la glassarmonica risulta invece un inserimento davvero a tutto tondo. È nota anche come armonica a bicchieri o come glasspiel, prima dell’invenzione del prototipo moderno, ad opera di Franklin nel 1762. Lo strumento, della famiglia degli idiofoni a frizione, si compone di una serie di calotte di vetro (un tempo c’erano veri e propri bicchieri e coppe) che girano attorno ad un’asta, azionata da un motore a pedale; il glassarmonicista sfrega con le dita inumidite i bordi delle calotte, disposte in ordine di diametro decrescente da sinistra a destra (come la serie di tasti di un pianoforte), producendo così un suono ovattato, fragile e suadente, “di cristallo”. Si apprende dalle fonti che si dilettasse a suonare lo strumento perfino la regina Maria Antonietta d’Asburgo, che visse durante la seconda metà del Settecento, proprio quando Benjamin Franklin mise a punto la versione moderna dello strumento. Mozart appartiene ai medesimi decenni, e dopo di lui si cimentarono Beethoven, Richard Strauss, Donizetti per la “Lucia di Lammermoor”. Nel contemporaneo recente lo strumento, seppure ai margini della notorietà strumentistica, è impiegato dal musicista Thomas Block, un “feticista” degli strumenti rari da concerto; è stato, inoltre, scelto dai Pink Floyd per “Shine On You Crazy Diamond”, o ancora dai Korn in un live Mtv, per una cover di “Creep” dei Radiohead. Tuttavia, l’armonica a bicchieri è anche cavallo di battaglia nelle esibizioni del Glass Duo, abbinata polacca che tiene concerti in tutto il mondo, con una glassarmonica a ben cinque ottave. Il duo in genere è accompagnato da organici classici ed ha sviluppato un’intera discografia, proprio ponendo sul podio protagonistico l’inusuale strumento in vetro.

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