Il principe abusivo – Recensione

Lo squattrinato Antonio si ritrova catapultato nel mondo di Letizia, viziata principessa in

cerca di popolarità. I confronti con la commedia vera, sia italiana d'altri tempi, sia odierna d'oltreoceano, sono inevitabili e Siani rischia di non uscirne vivo.
La principessa Letizia vive in un piccolo principato con suo padre (Marco Messeri), soffrendo per la scarsa considerazione che i rotocalchi hanno per lei.
Anastasio (Christian De Sica) rigido ciambellano di corte
escogita un astuto piano: portare in quel mondo da favola un povero miserabile, Antonio De Biase (Alessandro Siani), re nell’arte dello scrocco, facendo si che la principessa si innamori per finta di lui.
Lo scandalo creato farà ottenere a Letizia le tanto agognate attenzioni.
A creare scompiglio nel regno ci si metterà anche l’arrivo dei “rustici” amici dello squattrinato Antonio e della sua prorompente cugina, Jessica Quagliarulo (Serena Autieri).
Non si possono non riconoscere i nobili intenti, l’onestà di una storia semplice, senza pretese.
Il binomio ricchezza-povertà è stato trattato in tutte le salse nella storia del cinema (Siani ammette di essersi ispirato a commedie come “Una poltrona per due”), ma, purtroppo, di quei ritmi e di quelle trovate esilaranti non c’è traccia.
Un approccio alla regia troppo precoce e una sceneggiatura quasi impalpabile tanta la sua leggerezza non aiutano Siani a mimetizzare i limiti che, evidenti, si manifestano dietro la macchina da presa.
I confronti con la commedia vera, sia italiana d’altri tempi, sia odierna d’oltreoceano, sono inevitabili e si rischia di non uscirne vivi.
La bellissima Sarah Felberbaum è caricata di un peso eccessivo, portare sullo schermo un personaggio elegante, ma che non sia flebile come una principessa Disneyana, è un’impresa ardua e non sempre riuscita.
Christian De Sica riesce a staccarsi di dosso l’etichetta del cinepanettone dando vita a un personaggio fine, dotato di un’insolita tenerezza, che nonostante l’immediata sensazione di ispirazione paterna è stato capace di sviluppare negli anni una sua maestria d’attore.
Serena Autieri è scoppiettante e con il suo sorriso illumina la scena, ma ha avuto forse il compito meno impegnativo.
Siani funziona, la sua genuinità spesso cattura il pubblico, ma in certi momenti si sente la mancanza di una solida guida.
L’autogestione non giova all’evolversi di un giovane attore, per quanto abbia fatto della spontaneità la sua caratteristica più apprezzata.
Bisognerebbe aver avuto grandi maestri prima di avventurarsi in territori sconosciuti.
Cattleya e Rai Cinema hanno dato un po’ troppa fiducia a scatola chiusa stavolta, ma, ovviamente, gli incassi dimostreranno il contrario.
Forse perché siamo in Italia…
 

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