“Obiettivo” o “obbiettivo”? Treccani risponde

Essendo passati tutti per gli anni delle elementari, più o meno a tutti è rimasta impressa la voce della maestra o del maestro che di continuo ammoniva sulla morfologia sbagliata di certi vocaboli scritti: quella tal parola andava con una g, quell’altra con una sola b, l’altra ancora le voleva doppie, così via, e quel rigore morfologico ha consentito a noi alunni di acquisire le prime forme di sicurezza nella scrittura. Detto questo, un po’ fa storcere il naso, diciamolo, quest’uso sempre più invalso di raddoppiare la b alla parola obiettivo; inizialmente la versione “obbiettivo” non si faceva vedere di frequente nell’editoria a stampa, poi man mano si è fatta spazio sui quotidiani provinciali, fino ad essere un dato linguisticamente considerevole sulle colonne della stampa nazionale, quindi ancor più autorevole. Perché se a scrivere è un principiante seguito da un redattore sbadato, passi la svista, o inesattezza che vogliasi dire, ma quando a dare la versione con consonante raddoppiata è un professionista, con irremovibile preparazione linguistica, c’è almeno da acquisire l’esistenza della variante morfologica. Venti anni fa sarebbe potuto risultare un errore da matita blu, in un tema in classe, ora invece il fenomeno sembra godere di legittimità; cosicché sull’argomento è intervenuto con una nota esplicativa anche il sito della Treccani, che gestisce, nel suo interno, un interessante magazine aggiornato ora per ora e dedicato, tra le tante discipline, anche alla linguistica. Il trafiletto Treccani, a cura di Matteo Ravasi, fa il punto sulla radice latina e sulla sua diffusione in volgare; la derivazione è “obiectivu(m)”, dalla quale in lingua italiana si sono poi diramate due varianti: la prima per diffusione è quella con la doppia, “obbiettivo”, attestata dalla metà del 1500, mentre la versione scempia, con b singola, è registrata dalla prima metà del secolo successivo. Ravasi segnala anche che, sia la Grammatica italiana di Serianni, sia il Salvaitaliano di Valeria Della Valle e Giuseppe Patota, consigliano la versione scempia, più vicina alla radice latina; consiglio con il quale mi trovo d’accordo, ma più in funzione della salvaguardia della musicalità linguistica italiana, della sua levità armonica così distante da certe insistenti asperità foniche. Il Devoto-Oli 2005-2006 e il Vocabolario della lingua italiana Treccani danno, invece, come prima versione quella con b singola, per seconda quella con b doppia.

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