In Blu – Ray gli ultimi mesi di Chet Baker filmati da Bruce Weber
Chet Baker ritorna in Blu – Ray. I sospiri e le frasi coraggiose della sua tromba, ma anche il suo più complesso paesaggio interiore, mentale e creativo, umano, è restituito nel digitale di “Let’s get lost”, documentario che Bruce Weber, fotografo e regista statunitense, realizzò tra il 1987 e il 1988 (il titolo riprende un’interpretazione dello stesso Baker). Un progetto nato per la congenita caparbietà di chi voglia attestare un’intera vita artistica in alcuni scatti, e che poi prosegue, magnetizzato, tra Los Angeles, New York, Parigi. Così accadde a Weber. Senza saperlo, fotografò e poi filmò gli ultimissimi mesi di vita di Chet fatta di down narcotici, la sua vita tumultuosa, degna dei più oscuri esacerbamenti e dei suoi traslati romantici, ma non melliflui; il suo jazz, melodico, vocale, arioso alle volte, con l’umore incerto e perplesso, disinvolto per la musicalità intrinseca ai grandi timidi, che ogni volta tornano a cancellare tutto dalla lavagna dell’anima e riottengono tabula rasa per istinto naturale. “Let’s get lost” fu presentato al Toronto International Film Festival dell’ ’88, con un’accoglienza ben al di sopra del tepore critico – al cospetto di vite simili, è sempre troppo rumorosa la punta di piedi con cui ci si accosta per descriverle o testimoniarle. Ma la critica, del lavoro di Bruce Weber, seppe premiare subito il merito del regista di aver carpito i fluidi nobili del musicista dalle dipendenze aberranti, ma dalla voce divenuta emblema della disillusione evanescente e pregna di sentimento; ne scaturì, tra l’altro, anche una nomination all’Oscar. Nelle due ore di montaggio del materiale composito, regna un ritratto di Baker dominato da una forza impetuosa, da una vitalità dello spirito necessaria al suo ruolo nella storia del jazz, quella stessa forza che tuttavia, come rimarcò il Los Angeles Times, non bastò a salvarlo; e che oltretutto non consentì a Chet di vedere la proiezione canadese avvenuta in dicembre, essendosi lanciato nel vuoto dall’albergo Prins Hendrik di Amsterdam, il 13 maggio dell’ ‘88. All’esterno dell’hotel, “per chiunque vorrà ascoltare e capire la sua musica”, è ben visibile la targa commemorativa. È lì solo a ricordare una verità autonoma, cioè che nulla ha impedito a Chet di sopravvivere.