Perché Sanremo è Sanremo

Anche quest’anno, dal 18 al 22 febbraio, si svolge la kermesse culturale del Festival di Sanremo, uno dei grandi eventi che uniscono il Paese, o meglio uno dei pochi eventi di questo genere sopravvissuto dopo il Carosello.
Il Festival, inutile nasconderlo, non riscuote più lo stesso successo dei suoi anni d’oro e spesso non rappresenta a pieno i suoi ascoltatori, ma ha una valenza storica fondamentale per gli italiani e come tale è tutelato, tanto che c’è una Legge dello Stato secondo la quale non può essere criptato, fa parte cioè, come le manifestazioni sportive, di quegli avvenimenti che devono essere offerti gratuitamente all’ascolto del pubblico.
Il concept di Sanremo è quello di essere un tutt’uno con la storia d’Italia; nasce, infatti, quasi insieme alla televisione come “Festival della canzone italiana” e con la sua musica accompagna tutta la vita del Paese.
Oggi è difficile per gli organizzatori tenere vivo questo evento, le cui basi si radicano in un contesto come quello degli anni Cinquanta in cui la canzone italiana era quella più diffusa al mondo e il Festival una manifestazione artistica di livello internazionale, visione ormai superata. Attualmente si cerca di mantenere viva la tradizione spettacolarizzandola il più possibile, investendo in scenografie e ospiti internazionali, laddove il budget lo permetta, perché si, economicamente parlando, Sanremo non è un buon investimento e nonostante i ritorni pubblicitari, si dovrebbe riflettere meglio prima di promulgarlo di anno in anno. Claudio Cappon, ex Direttore Generale RAI, è sempre stato al corrente di questi dati, così come, però, è consapevole della valenza simbolica che ha per gli italiani Sanremo, il valore di qualcosa che unisce la coscienza del Paese (e li unisce intorno alla RAI, la televisione pubblica italiana); qualcosa che raccoglie il 60% di chi guarda la televisione e offre uno spettacolo ancora ritenuto memorabile e degno di appartenere ancora all’immaginario della cultura italiana.

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