Marro e il De Profundis della Città

 “Lentamente muore questa città e i sui colori. San Nicola comincia ad assomigliare sempre di più a quella poesia di Martha Medeiros : “Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine … “ con però l’eccezione che non di abitudine qui si parla bensì di inabilità durevole purtroppo”. A parlare in maniera così drammatica della Città di San Nicola la Strada è Fiore Marro, Presidente Nazionale dei Comitati delle Due Sicilie (CDS), che ha cantato il De Profundis per l’intero territorio sannicolese. “Ho l’impressione” – ha affermato – “che qualcuno ha preso il testimone delle vecchie amministrazioni non per migliorare il cursus di ciò che si è fatto ma solo per poter un giorno vantare titoli per i posteri. Non era questo che mi aspettavo quando ho deciso di metterci anche io la faccia” – ha aggiunto molto amaramente Marro – “non era questa la prospettiva. C’è stato un momento in cui ho partecipato attivamente, per dare anche io, un contributo di continuità di crescita della città. Certo, non ho avuto ruoli amministrativi, ma quel poco che ho potuto l’ho dato, con tutta la forza possibile. Cosa è accaduto in questi ultimi tempi?” – si chiede esterrefatto – “Questa città che era qualità di colori e di mille eventi, che riusciva anche a creare un forte e sostanziale confronto politico tra le parti, pare ora inghiottita come una novella Atlantide. Non per l’illuminazione cittadina sempre spenta quando è sera. E neanche per i fossi di Helm che oramai imperversano copiosi sulle nostre strade” – ha proseguito – “E, nemmeno, per il vuoto pneumatico che ci sta attanagliando culturalmente, inghiottita da questo silenzio assordante ormai insopportabile. Certo non ci sono leggi adatte per gli uomini, ma uomini capaci di attuare buone leggi e quello che abbiamo oggi come dirigenza rasenta la parodia. Questa classe politica è purtroppo risultata incapace, infingarda, vorace, abbassando l’agire politico ad un livello infimo. È una classe politica” – ha sottolineato l’esponente filoborbonico – “spesso tesa alla realizzazione dei propri interessi privati, tutto a danno della collettività, drenando le pochissime risorse pubbliche, determinando un profondo malessere sociale, tra contrasti e confusione. Una deriva che mi amareggia e che mi fa sentire comunque reo, per il seppure piccolo contributo di “sangue” che ho portato di mio. Ma il problema è che se continuiamo di questo passo andrà ancora peggio: chi raccoglierà i frutti avvelenati prodotti da quanto sin qui fatto o non fatto avrà un destino orribile. Alle prossime elezioni” – prosegue Marro – “non ci saranno nemici o avversari a confronto ma solo operatori sociali che dovranno frenare almeno lo stillicidio messo in atto in questi anni. Difficile immaginare che possano intraprendersi iniziative di cambiamento: all'orizzonte si intravedono solo operazioni da curatore fallimentare. Il mio timore è quello che potremo passare dall’attuale padella alla brace di questo nuovo che avanza che, purtroppo, ha scambiato la Res Publica per una sorte di Grande Fratello, dove non esiste la partecipazione, per realizzare fatti concreti ma solo testimonianze per via telematica. Non è questo che merita la nostra Città, non è questo il futuro per cui i nostri padri si sono battuti e sacrificati, non è questo che meritano i figli che abbiamo messo al mondo, non è così che deve andare a finire. Noi dobbiamo ridare speranza” – ha concluso Marro – “quella speranza che nasce dal coraggio che ci ha contraddistinto per secoli e riportare quella voglia di farcela, lavorando pazientemente alla ripresa come dopo ogni caduta. Anche se, personalmente, la mia caduta dura purtroppo da oltre 150 anni. Per quel poco che posso io comunque ci sarò”.

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