Il governo Renzi si prepara alla riforma del Titolo V
Il ddl Delrio è legge. La Camera ha licenziato il testo con 260 voti favorevoli, 158 contrari e 7 astenuti. Votano contro Fi, Fdi e M5s. Dopo un lungo iter il Parlamento ha posto la prima pietra del nuovo sistema istituzionale che sarà terminato con la tanto invocata riforma del Titolo V della Costituzione. Impropriamente si è parlato di “abolizione” delle province, in realtà la legge disciplina le città metropolitane (alle quali sino ad oggi non è mai stata data attuazione) e riordina le province e le unioni e fusioni dei comuni.
Le città metropolitane saranno dieci (Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli Reggio Calabria e Roma) ed il loro territorio coinciderà con quella della provincia omonima. Ne rappresenteranno gli organi istituzionali il sindaco metropolitano, il consiglio metropolitano e la conferenza metropolitana. La carica di sindaco, salvo approvazione di una legge elettorale che ne statuisca l’elezione diretta assieme al consiglio, spetta di diritto a quello del comune capoluogo, invece, il consiglio metropolitano sarà costituito da rappresentanti eletti dai sindaci e dai consiglieri comunali della città metropolitana e la conferenza metropolitana dal sindaco metropolitano stesso e dai primi cittadini dei comuni appartenenti al nuovo ente. Quanto alle funzioni subentreranno alle province omonime. Cosa accadrà dunque alle province? si diceva in principio che la legge non abolisce questo ente locale ma, in attesa della riforma “epocale” del Titolo V della carta costituzionale, ne riordina struttura e funzioni. Il nuovo assetto istituzionale prevedrà il presidente della provincia, il consiglio provinciale e l’assemblea dei sindaci. Il presidente ed il consiglio provinciale saranno eletti dai sindaci e dai consiglieri comunali della provincia, mentre l’assemblea dei sindaci sarà composta da tutti i primi cittadini di tutta la provincia. Altre due novità inerenti al testo normativo riguarderanno l’azzeramento di indennità agli amministratori di questi enti e, in riferimento alle elezioni, l’introduzione della parità di genere.
Dal 1° gennaio 2015 nascerà, dunque, una nuova Italia. Tuttavia è necessario fare una precisazione. Se da un lato questa legge dev’essere salutata con favore, avendo abolito le indennità degli amministratori, dall’altro, qualora il Parlamento non riesca o non voglia riformare l’assetto istituzionale, si corre il rischio di aver intasato il sistema burocratico. In maniera unanime i partiti di tutto l’arco costituzionale lamentano di una filiera istituzionale fin troppo lunga e se, in via definitiva, alle province si dovessero aggiungere le città metropolitane invece di fare un passo in avanti se ne faranno, clamorosamente, due indietro.