Si spegne a 82 anni Vujadin Boskov

Il mondo del calcio piange la scomparsa di Vujadin Boskov, eclettico allenatore degli anni ’80 – ‘90. Nella sua carriera da mister ha allenato squadre del calibro di Real Madrid e Napoli, nonché è stato anche ct della nazionale jugoslava. Ma il nome di Boskov è molto legato alla Sampdoria, infatti coi doriani fu artefice, insieme a veri e propri assi del calcio italiano e straniero, quali Vialli, Mancini, Pagliuca e Cerezo, di due stagioni ai massimi livelli. Nel ‘91 vinse lo scudetto e l’anno dopo conquistò la finale di Champions League persa contro l’armata blaugrana del Barcellona.
Boskov, però, non era solo un allenatore. Era un uomo tutto di un pezzo ed un’insormontabile istituzione del calcio inteso come valore e tradizione. Tutt’oggi i suoi preziosi consigli e le sue celebri affermazioni fanno accademia. A chi contestava un rigore non dato o inesistente proverbialmente ricordava che “rigore è quando arbitro fischia” oppure, filosofeggiando sull’uomo, ammoniva che “se uomo ama donna più di birra ghiacciata davanti a televisione con finale Champions, forse vero amore, ma no vero uomo”. Altra verità non scritta del calcio da lui rivelata era “squadra che vince non si cambia”. Insomma si potrebbe andare avanti all’infinito perché “Zio Vuja” era un uomo ed un allenatore che badava al sodo ed ogni giorno, a chiunque volesse sollevare dubbi o creare polemiche, era solito rispondere in modo ironico, scrivendo così, a sua insaputa, molta “letteratura” calcistica. Riusciva a creare, in qualsiasi spogliatoio, un gruppo granitico ed armonioso e, al contrario di qualche allenatore contemporaneo, per nulla voleva essere trattato come una guest star perché la sua unica preoccupazione era “prendere un gol meno dell’avversario”.
Il 27 aprile, come in ogni sua intervista, riesce (involontariamente) ancora una volta a far parlare di sé. Ma stavolta contraddice la sua filosofia perché termina la (sua) partita all’82° (anno di età ) e non al 90°. Oltre al dolore della sua dipartita Boskov ci lascia un inestimabile patrimonio: i valori del gioco del calcio. Addio “Vuja”.
 

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