Diamo un calcio alla violenza

Dal tragico incidente di Roma in questa settimana ha tenuto banco il tema della sicurezza negli stadi. Quella dello scorso sabato è stata una giornata ingloriosa caratterizzata da un susseguirsi di eventi negativi: incidenti nella capitale, una sparatoria ad opera di un tifoso estraneo alle squadre che si contendevano la coppa ed una presunta trattativa tra la Polizia e il capo ultras del Napoli. Ma cosa sta accadendo in Italia? Perché da un ventennio a questa parte il folklore ha ceduto il passo alla violenza (sarebbe meglio dire: perché la violenza ha scippato il posto al folklore senza che lo Stato reagisse)?
In Italia, purtroppo, se non ci scappa il morto si fa sempre finta di non vedere, non sentire e non sapere. Lo hanno dimostrato gli anni di piombo oppure la manifestazione del G8 di Genova. Tutti in coro, dopo aver appreso che la vita di Ciro Esposito è in pericolo, oggi reclamano DASPO a vita, arresti in flagranza di reato o modello inglese o spagnolo. Solita mentalità spicciola. Il tentato omicidio ai danni del giovane supporter napoletano deve far riflettere (e molto!) però ancora più dissacrante è stato vedere il Presidente del Consiglio e quello del Senato seduti a contemplare quello che succedeva fuori e dentro allo stadio. Il primo nel post partita dichiarava “Basta impunità! vedremo…faremo..” ma bisognava ricordargli che il suo omonimo uruguayano, Josè Mujica, prima di varare qualsiasi provvedimento sulla sicurezza negli stadi, nel frattempo ha stoppato il campionato! Ebbene si, lo Stato deve avere il controllo di tutto (altrimenti non sarebbe tale) e, qualora fosse utile, emanare drastiche disposizioni. Lo dovrebbero sapere bene coloro che oggi guardano e invocano il modello inglese. La “iron lady” Thatcher contrastò in maniera vigorosa, all’istante, tutti gli ultras e i gruppi di ultras che alle partite di calcio andavano ad esibire la loro bravura nelle arti marziali e nello sfasciare le città (come se fossero nella Paese dei Balocchi di Pinocchio). Cosa fare allora? Senza dar retta a chi bollerà come repressive misure utili ai fini dell’ordine pubblico, bisogna andare oltre il DASPO introducendo nuove forme di reato legate alle manifestazioni sportive, bisogna responsabilizzare (anche penalmente, una volta dotatesi di propri impianti sportivi) le società calcistiche ed invogliarle a riempire gli stadi con famiglie e giovani scolari. Ancora, c’è da inculcare al tifoso che inneggia ad un assassino di un poliziotto a portare rispetto per chi indossa la divisa (non è possibile militarizzare le città in occasioni delle partite e se ciò accade e proprio perché in Italia il motto “poliziotto primo nemico” non è mai tramontato).
Bisogna costruire una nuova immagine del calcio. Ci vuole tanto impegno politico e sportivo. È indecoroso che lo sport italiano per eccellenza sia minato da chi, da Nord a Sud, da sinistra a destra, abbia come ideale la violenza. Lo sport non esprime rabbia ma valori e fratellanza.

 

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