Contradição

Si è sempre sostenuto che il calcio fosse l’oppio dei popoli, ma pare che non sia così. Sembra, piuttosto, che i mondiali che si terranno quest’anno in Brasile stiano risvegliando le coscienze di un Paese pieno di contraddizioni, che vive gli spazi occidentalizzati delle metropoli e contemporaneamente è circondato da favelas e baby-prostitute abusate dagli stessi turisti che riempiono le tasche dei brasiliani con dollari americani; ma solo quelle di chi soldi ne ha già, perché lungi da loro avvicinarsi alle temibili baraccopoli. Contraddizione anche questa, svelata da un’inchiesta molto toccante di Vanity Fair, in cui si intervista un protettore che racconta la storia di numerose sue “ragazze” (bambine da 8 a 16 anni) strappate alle famiglie o da loro stesse vendute, che sono costrette a prostituirsi, e finiscono con lo sniffare colla per le strade. Nulla di nuovo. Tutto già sentito. Ma chi sono questi mostri che abusano di loro? Brasiliani, forse? No. Turisti, e turisti anche italiani. Turisti che quest’estate affolleranno le strade e, si stima, incrementeranno anche le visite ai “baby-bordelli”.
Tuttavia, questa è solo una faccia della poliedrica indignazione popolare. Le proteste nascono dal fatto stesso che il Brasile è una nazione povera, disperata sotto molti punti di vista; le persone sono portate ad agire in modo disdicevole dalla fame, o dal sogno di una vita che è lì sotto i loro occhi, nei grattacieli, nelle insegne luminose, negli alberghi a cinque stelle.
Così nascono gli scontri a Belo Horizonte, a Porto Alegre, a San Paolo, a Manaus sui confini con l’Amazzonia, dove si terrà la prima partita della nazionale italiana contro quella inglese e dove sono stati spesi 250 milioni di dollari per costruire uno stadio che ospita 40000 spettatori, ma che dopo i mondiali sarà completamente abbandonato, dal momento che le squadre che vi giocheranno hanno un seguito di meno di mille persone; è questa vicenda quella che ha portato agli ultimi scontri con la polizia, a Brasilia, di un folto gruppo di indios vestiti con i costumi tradizionali, i quali si sono difesi dalle manganellate con arco e frecce. Come molti sapranno, non è la prima volta che una manifestazione sportiva porta il popolo ad avere reazioni negative, un esempio su tutti: i Giochi Olimpici di Monaco nel 1972. Vero, era un’altra storia, c’erano stati 11 morti e le Olimpiadi hanno continuato il loro corso, ma nonostante fosse un’indignazione differente, c’è un’ideologia di fondo che accomuna questi eventi: qualsiasi cosa succeda, the show must go on (Lo spettacolo deve continuare).

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