La Frusta Letteraria di Giuseppe Baretti
Aristarco Scannabue era un soldato italiano reduce da un conflitto in terre turche, che tornava nella sua Venezia in abiti alla turca e con uno schiavo turco al seguito. Ma Scannabue era un falso, un’identità fittizia eppure utile a battezzare nell’ottobre 1763 “La Frusta Letteraria”, una delle più importanti, reazionarie riviste letterarie italiane di fine Settecento. Ad ideare il soldato Aristarco fu Giuseppe Baretti, che, in termini meno guerreschi, adottò da Scannabue una scimitarra intellettuale da infliggere alle mediocri risultanti di tanti scrittori coevi italiani. Con la Frusta si avviò un processo di sanguigna critica a tutti quegli scrittori, romanzieri, letterati in cui la prima ora coincideva con l’ultima; l’indignazione che animava le pagine della Frusta veneziana miravano in particolare alla considerevole produzione letteraria che badava, secondo uno scadente indirizzo pseudo-classicista, al formalismo, al corredo esteriore dell’opere, garantista della musicalità di un verso e con le spalle voltate ai contenuti. Il Baretti, al quale tuttavia bisogna attribuire la dovuta modestia in termini di interventi recensori, si configurò come il fustigatore della scribacchiatura fine a se stessa, il difensore di una letteratura che, secondo l’istanza illuministica, si ponesse al servizio dell’individualità dei soggetti, della moralità profonda e non del moraleggiamento frivolo e di maniera. Dove, nelle pagine della Frusta, difettò la qualità, rimediò l’arguzia e la vivacità invettiva del Baretti; le sue critiche furono l’intollerante reagente alla scrittura stilizzata ad ogni costo, ma vuota di propositi civili. Appunto per questo, dal mirino furono tenute fuori le opere del Parini, ultimo avamposto di qualità in cui “l’esile equilibrio tra classicismo arcadico e illuministico aveva trovato forza” (Walter Binni). Baretti, che chiuse l’esperienza alla Frusta già nel 1765, fu un vero preromantico, incarnò l’attesa storica di una letteratura amica di un civico e progressista utilitarismo, alle volte rozza ed istintiva, ma molto più vera degli attardati, incrostati tentativi di puro accademismo. Basti aggiungere che la nascita della Frusta avvenne cinquant’anni prima della celebre polemica classico-romantica avviata da Madame de Stael. Quell’attesa storico-letteraria si sublimò poi nel migliore Alfieri, nel suo individuo-universo, carico sia di tragicità che di forza motrice, non una creatura abbozzata ed imbottita di stilemi desueti, ma nuova categoria umana, nuovo spiraglio della civiltà e nuova prospettiva per l’Ottocento alle porte.