In ricordo della zona Cesarini
Era il 13 dicembre 1931 e la Nazionale italiana di calcio affrontava a Torino l’Ungheria, in un turno valido per la Coppa Internazionale. Al limite del tempo regolamentare, le squadre non sbloccavano ancora il pareggio del 2-2, ma, scoccato il novantesimo di gioco, Renato Cesarini raccoglie una respinta di Virginio Rosetta e punta all’area magiara, infilando il portiere con un tiro da venti metri. L’arbitro fischia dopo dieci secondi e l’Italia salva il risultato, grazie a quel lembo cronometrico che ha segnato fortune e sciagure sui tabellini degli incontri di calcio (nonché di altri sport, se non oltre). Dopo l’azione conclusiva della mezz’ala Cesarini, infatti, quella notte del 1931 nacque l’omonima zona Cesarini. Il suo artefice era in realtà un oriundo di origini argentine, punto di forza della Juventus del Quinquennio d’oro di Carcano, quella che oltre ai cinque scudetti consecutivi tra il 1931 ed il 1935, irrorò la Nazionale di assi calcistici quali Gianpiero Combi,Virginio Rosetta e Umberto Caligaris. Con loro l’Italia vinse il primo titolo mondiale, nel 1934. Il battesimo della zona Cesarini non fu di certo una casualità balistica o circostanziale, giacché il calciatore si ripeté con altre reti salvezza sull’orlo dello scadere, contro il Napoli o il Torino, rafforzando un ruolino di quarantasei reti in centoventinove presenze in bianconero e tre marcature nelle undici prove in Nazionale. Certo, negli ultimi anni la medesima situazione di gioco è stata ridefinita con altri termini, come la clamorosa “zona Mazzarri” del Napoli dei tre tenori, in cui la rete della vittoria arrivava puntualmente agli ultimi scampoli d’orologio; forse, più che ascriverla all’allenatore, con tutti i meriti tattici, quella serie di gol e di dinamiche che hanno condotto in alto il Napoli è stata espressa direttamente dai giocatori in campo, come appunto il trio meraviglia Hamsik – Lavezzi – Cavani, con tutto il carico di determinazione e di fortuna che pervade il gioco del calcio. Tuttavia, la zona Cesarini è rimasta saldamente impressa nella memoria e nella fantasia collettiva, forse perché dotata di un sapore epico, quello degli albori calcistici e delle prime imprese di squadra, in cui un singolo mirava all’obiettivo e chiudeva i conti con l’avversario; epica proprio come una battuta di spirito dello stesso Renato Cesarini, il quale, in un’intervista del 1947, si disse felice di quell’invenzione, ma – forse consapevole del brivido del cronometro che corre sul polso dell’arbitro – auspicò che la Nazionale, che a giorni avrebbe incontrato proprio l’Ungheria, potesse magari risolvere gli incontri con qualche minuto di anticipo, senza aspettare la già storica zona Cesarini.