Dov’è finito l’entusiasmo di Renzi?
Era già da qualche anno che gli italiani erano incuriositi dal “fenomeno” Renzi. Si parlava tanto (e bene) della Leopolda e ci si informava sul reale stato della città di Firenze perché in molti dicevano “questo qui un giorno rivoluzionerà l’Italia”. Matteo Renzi sfrutta quest’entusiasmo e quando si presenta l’occasione delle primarie del centrosinistra ci mette la faccia, presentando il suo programma. Tuttavia l’esito di questa consultazione lo vede perdente, ma lui non si scoraggia e continua la scalata all’interno del PD. Nel frattempo l’esito delle elezioni del 2013 vede un Paese spaccato, Bersani si dimette dalla segreteria del partito e Napolitano affida l’incarico di Presidente del Consiglio ad Enrico Letta. Qualche mese più tardi il PD si riorganizza e, tramite il consolidato meccanismo delle primarie, si accinge ad eleggere il nuovo segretario. Stavolta Renzi avverte che la sfida è più abbordabile, la gente (del PD e non) è con lui, tant’è vero che stravince le primarie, battendo Cuperlo e Civati. Finalmente il sindaco fiorentino rompe i vecchi equilibri e dà il la alla fase di rottamazione, nella quale finisce anche Letta. Così, il 22 febbraio 2014, viene nominato Presidente del Consiglio.
Lo aspettano tante sfide. Il Paese è quasi prossimo al collasso, si presenta con tante criticità e urgono provvedimenti immediati e quantomeno efficaci. Lui presenta la sua ricetta. A suo avviso uno dei problemi più gravi è il sistema istituzionale. Vecchio e ingolfato. Pertanto annuncia di voler abolire le province, di dare vita alle città metropolitane (nonostante l’approvazione del ddl Delrio le province continuano ad esistere) e di modificare il Titolo V della Costituzione (ad oggi ancora un miraggio) in tempi celeri. Renzi già ai tempi delle primarie insisteva sulla necessità di cambiare la legge elettorale e, fortuna vuole, quando lui è Presidente del Consiglio la Consulta dichiara incostituzionale il Porcellum. Quindi abbiamo una nuova legge elettorale? No, se n’è parlato i primi mesi e poi l’argomento è finito nel dimenticatoio. Se gli italiani domani andassero al voto rimarrebbero spiazzati perché allo stato dei fatti il nostro sistema elettorale risulta complesso. Ma non fa nulla, qualche intoppo durante l’attività di governo può capitare, è fisiologico. Forse l’ex sindaco fiorentino si sarà concentrato altrove. Sul lavoro? Può darsi. Nelle sue prime settimane da Premier non faceva altro che parlare di Jobs Act, di ridurre le forme contrattuali e di dare speranze ai giovani (gli ultimi dati ufficiali testimoniano di una disoccupazione giovanile al 46%). Il mercato del lavoro è in ripresa allora? Macché, il Governo chiede ai sindacati di fare la loro parte, loro rispondono dicendo al Governo di farsi da parte, i lavoratori temono per i loro diritti ed i disoccupati vedono solo nebbia all’orizzonte. Ciononostante alle elezioni europee del 2014 Renzi ottiene un ulteriore plebiscito, raccogliendo il 40% dei consensi. Punta sul bonus degli 80 euro mensili da distribuire tra chi non supera una determinata soglia di reddito e sul programma dei mille giorni, che dopo qualche mese viene presentato in pompa magna. Ancora un volta, però, il Premier delude le aspettative. Il 1° ottobre entrano i vigore i rincari su luce e gas e molto probabilmente in autunno, come annunciato da qualcuno in campagna elettorale, ne saranno previsti degli altri sul carburante. Quanto al pacchetto di riforme, invece, risulta tutto in standby. Il partito che lo ha scelto come segretario e leader di governo è il suo nemico numero uno e i lavori parlamentari ricordano tanto quelli della Salerno-Reggio Calabria.
In molti lo hanno definito l’uomo della provvidenza. Tanti giovani e meno giovani hanno riposto in lui delle speranze affinché si concludesse il capitolo (tragicomico) della Seconda Repubblica. Il suo modo di sognare e di comunicare ha conquistato la fiducia di molti, ad una condizione però: che quelle idee, quei progetti e quella rapidità di pensiero si trasformassero in leggi. La gente è nauseata dalle liturgie della vecchia politica e quel giovane sindaco sembra(va) poter iniettare nuova linfa nel panorama politico italiano. Invece non è stato così. In quasi un anno di legislatura l’Italia è cambiata in poco e nulla. I punti nevralgici rimangono ancora scoperti. Per carità, c’è da augurare il meglio al nostro Paese, ma sembra che gli italiani, dopo le pseudo rivoluzioni Mussoliniane e Berlusconiane, si siano fatti abbindolare da una nuova storiella: quella dell’Italia che cambia verso.