La prima nazionale de «Il Catalogo»

Il 21 ottobre 2014, al Teatro stabile d’innovazione Galleria Toledo, Napoli, è andata in scena la prima nazionale de «Il catalogo», scritto e diretto dalla poliedrica Angela di Maso:  laureata col massimo dei voti in Filosofia, è musicista polistrumentista, regista teatrale, giornalista. Al suo attivo, in ambito teatrale, ha già vinto il Premio Nazionale di Drammaturgia Fabrizio Romano 2009, con lo spettacolo «Ecce Virgo»; il Concorso Nazionale «La mia poetica sulla drammaturgia contemporanea» 2011 con lo spettacolo «L’alluce»; il Premio della critica al Concorso Nazionale di Drammaturgia «Donne e Teatro» del 2012 con lo spettacolo «Primo amore» e il Concorso di Drammaturgia Nazionale «Avamposti d’autore» 2013 con «Il maestro di musica».
Per quanto riguarda lo spettacolo «Il catalogo», la scenografia è molto essenziale, rappresenta un ufficio in fase di trasloco del quale son presenti solo due scatoloni,  in tal modo consentendo allo spettatore di concentrarsi direttamente sulla rappresentazione e sul messaggio che essa sottende.
Il tema trattato è decisamente delicato: l’impossibilità di avere figli, e la conseguente volontà di volerne adottare uno. Ma tale aspetto si propone anche come metafora di sterilità sentimentale: i coniugi Portman desiderano diventare genitori a qualunque costo, al punto da bypassare la burocrazia troppo lenta e rivolgersi all’azienda  del sadico signor Law, il quale si presenta come una persona senza alcun tatto, che considera esplicitamente i bambini, tutti i bambini, come merce: difatti propone una serie di cataloghi per consentire alle varie coppie di scegliere il bambino che preferiscono, analizzandone attentamente le caratteristiche, la fisionomia, le ambizioni e le capacità, alimentando, così, la volontà di non voler tollerare alcun difetto fisico, alcuna imperfezione.
Ma non è solo il signor Law ad apparire come una sorta di eroe negativo: i Portman inizialmente sembrano disposti a tutto pur di avere un figlio, ancorché umiliati, mortificati ed offesi dal titolare dell’agenzia, del quale tollerano seppur a fatica anche quel sadismo espresso cortesemente, quasi sorridendo appena. Il che fa riflettere ulteriormente sui motivi che spingono a voler adottare un figlio:  altruismo o narcisismo? Si vuole effettivamente assecondare un desiderio di maternità (e paternità) come desiderio di voler conferire amore a chi amore non ne ha, oppure è solo egocentrismo, egoismo che nulla ha in comune con l’amore disinteressato dei genitori, ancorché adottivi, hanno verso i figli?
Il dialogo con lo sgradevole signor Law mette in evidenza l’altrettanto situazione sgradevole dei Portman che si ritrovano presto dinanzi al loro rapporto intimo ormai logoro e piatto, che solo un figlio desiderato forse oltre ogni misura può rimettere in piedi.
Diviene evidente, dunque, come l’egoismo prevalga nel rapporto di coppia e nel rapporto con un figlio desiderato più per se stessi che per desiderio di amore verso il prossimo, in una situazione in cui anche i Portman sono a loro modo eroi negativi.

 

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