Andrea Vitali non sbaglia un romanzo. Una vita letteraria a Bellano

Che il lago di Como lo sia visitato già o meno, per chi vi abiti o per chi mai ci andrà, leggere Andrea Vitali è come passeggiare in quei luoghi, con indosso un cappotto utile a ripararsi dalle sferzate della breva che increspano le acque e percorrono i paesi lungo quelle rive. E a giudizio dei lettori, degli intenditori e di quelli occasionali – giacché la critica ha già cosparso di premi l’opera di Vitali – la penna di Vitali non sbaglia un colpo; e di inventiva ce ne vuole tanta per ambientare ogni romanzo in una spazialità decisamente circoscritta, come quella del lungolago comasco e in particolare di Bellano,luogo dove vive e lavora lo stesso Vitali, professione medico di base.  Lui assicura che nei propri romanzi i luoghi sono reali, i personaggi invece di fantasia: ma la scrittura di Vitali è così impregnata di vissuto, di fedeltà al reale e di curiosità nel ricostruire i decenni, le storie di strada, i rituali comunitari, le beghe e le sagre che furono, da dovere accettare a sforzo la natura fittizia dei suoi protagonisti. “Un bel sogno d’amore” è del 2013, dunque uno dei titoli più recenti del catalogo, e giunge ad oltranza a sigillare una felicità narrativa che incolla alla pagina. La proiezione di Ultimo tango a Parigi è il blocco di partenza della storia d’amore tra Adelaide e Alfredo, lei concreta, dignitosamente sanguigna, lui figlio unico che non si decide a sganciarsi dalle spille della veste materna; come il film di Bertolucci, appena arrivato nel cinema di paese, è polvere pruriginosa per la castigatissima morale della fazione cattolica, così Adelaide subisce lo stesso effetto per via dell’attrazione di Ernesto Tagliaferri, il combinaguai del posto, abbonato d’eccellenza al comando locale dei Carabinieri. Lì opera il maresciallo Pezzati, un Campari freddo al punto giusto ad ogni scoccar di mezzogiorno, presso il bar poco distante. Attorno tante figure di primo e secondo rilievo quanti i lavarelli da pescare nel lago quando non si alza il vento. Così il Taglia, come è conosciuto in paese, entra ed esce dal commissariato per una malefatta dopo l’altro, emblema di una pseudo – disonestà che di illegale ha quasi nulla, che è piuttosto l’ultima istantanea dagli anni ’70 di una ladruncoleria arraffona e pasticciona, che quasi viene lasciata scorrazzare dal comando dell’Arma; come il Taglia, così Adelaide dovrà far fronte ad una battaglia contro se stessa, sposa modello, desiderabile ed incapace di rimuovere del tutto il richiamo ad Ernesto, la trasgressione, il salto della regola in un microcosmo ancora allacciato ai ritmi casa-messa-lavoro-pettegolezzo-sagra. E vitali sorprende, ormai da venticinque anni, per la vitalità da ridere dei suoi dialoghi, di quel mondo umano che sapeva di star perdendo qualche connotato di vecchia data e che stava per conoscere epoche diverse, in quei lassi di anni in cui il Taglia di turno riusciva ancora a barcamenarsi tra un lavoro onesto, una palpatina sul vestito dell’agognata Adelaide “Dindina”, ed un nuovo interrogatorio dal Pezzati, per quelle ultime truffe paesane anche loro al crepuscolo, da affondare nel letto del lago, assieme agli altri mille segreti e ricordi.
Tra i tanti lavori di Andrea Vitali, i titoli più celebrati e premiati sono: “Una finestra vistalago” (Premio Grinzane Cavour 2004), “La figlia del podestà” (Premio Bancarella 2006), “Olive comprese” (Premio internazionale di letteratura Alda Merini), “Almeno il cappello” (2009, Premio Casanova, Premio Procida Isola di Arturo; Premio Campiello sezione giuria dei letterati; finalista al Premio Strega). Andrea Vitali nel 2008 ha ricevuto il Premio letterario Boccaccio per l’opera omnia.

Condividi questo articolo qui:
Stampa questo post Stampa questo post