Ad Amman i maestri Paladino e Durra per “L’eredità dell’arte”

“L’eredità dell’arte. Mimmo Paladino – Mohanna Durra” è la mostra visitabile fino al 19 gennaio 2015 presso la “Jordan National Gallery of Fine Arts”. A promuoverla, la sinergia tra l’ambasciata italiana ad Amman , l’Istituto IGAV (Istituto Garuzzo Arti Visive) e la Galleria Nazionale Giordana. Il maestro beneventano, uno dei maggiori nomi afferenti alla Sezione “Aperto ‘80” presso la Biennale di Venezia 1980 e nel gruppo della Transavanguardia Italiana di Achille Bonito Oliva, conta su un flusso di carriera tanto innovativo quanto di differenziata lettura; spogli dei multiformi dettami del Concettuale, cui aderisce nei primi anni, i suoi successivi lavori hanno predicato un ritorno figurativo arricchito da elementi enigmatici e simbolismi. Affiancata a quella di Paladino, la selezione di Mohanna Durra proposta in galleria espone l’espressione estetica di un eccellente rappresentante della pittura contemporanea giordana. Nei lavori di Durra, numerose composizioni denotano uno strascico avanguardista da cui traspare – si vedano ad esempio “Beduino blu” oppure “Paesaggio cubista” – i passi avviati di una focale volontà di figurativismo; accanto a queste, altre opere custodiscono un netto dna astrattista-cubista, come le “Composizioni” ammalianti per l’applicazione di altri materiali e per l’intensità dei colori impiegati. Nomi cruciali nel trasbordo estetico da Avanguardia a Transavanguardia, Paladino e Durra concedono agli artisti emergenti dei rispettivi Paesi un parametro di confronto, una consegna diretta di quell’ “eredità” certificata, riportata nel titolo della mostra. E, infatti, diversi nomi emergenti si inseriscono negli spazi della mostra: tra gli italiani, selezionati da Angela Tecce, Lucio Perone, Peppe Perone e Pasquale Palmieri, tra quelli giordani, selezionati da Khalid Khreis, Tawfiq Al Sayed, Nabil Shehadeh, Omar Hamdan. A rappresentanza, tutti loro, della nuova generazione artistica italiana e giordana, intenta a creare un linguaggio suo proprio, senza trascurare la codifica messa a punta dai due maestri, con il fine di pervenire ad un coscienzioso sincretismo non solo tra discipline (architettura, pittura e scultura), ma tra gli sviluppi diacronici di ognuna di esse.

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